Veicoli del Tempo di Daniela Comani
Tutti i progetti che l’artista Daniela Comani intraprende hanno a che fare in qualche modo con il tempo, con la classificazione e con lo sguardo dal di fuori.
Queste tre dorsali della sua ricerca possono trovare – di volta in volta – il supporto della fotografia, del collage di video e della forma/libro e incontrarsi con i temi del genere (e allora le cover dei volumi e i manifesti dei film cambiano sesso); del paesaggio (e allora gli schermi spenti di vecchi televisori rivelano albe e tramonti); del diario, come nella monumentale sintesi del XX secolo ingrigliata in 366 giorni, dove un io-narrante femminile racconta la Storia (Sono stata io. Diario 1900-1999).
È un diario anche una delle ultime opere di Daniela Comani, che si intitola proprio Diario 1975.
Si presenta come un piccolo libro che riproduce in copertina la trama di un vecchio taccuino e racchiude al suo interno una trentina di fotografie di automobili che circolavano sulle strade italiane nell’anno 1975. Ogni tanto, compare la riproduzione di una pagina di una agenda del ’75, dove l’allora decenne Daniela ha registrato le marche e le targhe delle automobili che vedeva durante i viaggi con i suoi genitori. In quelle pagine di agenda (9 Febbraio. Domenica. s. Apollonia v.per esempio è la domenica di Carnevale), la bambina del 1975 prepara senza saperlo colonne di dati per la sé stessa del futuro. Ritrovate queste agende, l’artista ha cercato, principalmente in rete, le immagini delle automobili, le ha trattate in modo da renderle uniformi ed omogenee, come uscite da una casella mnemonica collettiva, da un campionario condiviso, da un autosalone mentale.
Così – come spesso accade nelle opere di Daniela Comani – c’è il tempo passato, c’è il tempo della durata (in questo caso della produzione dei modelli annotati nell’agenda) e poi c’è il tempo elastico della rete, dove le immagini continuano a rendersi disponibili (e trasformabili).
E come spesso accade nelle opere di Daniela Comani, quello che si vede sembra provenire da un pianeta gemello, da una registrazione fatta a uso di posteri, indagatori di usi e costumi terrestri.
Come scrive infatti Matthias Harder nel volume, il lavoro di Daniela Comani è anche “un interessante studio sociale e di storia dello stile del mondo pre-globalizzato e soprattutto una sorta di autoritratto”.
Dall’Alfa alla Volkswagen, sfogliando le pagine, incontriamo forme di macchine familiari, viste dal vero o in qualche foto, mentre gli elenchi di numeri, di città abbreviate e di modelli, scritti in stampatello, invitano a ricombinazioni e classificazioni personali e fantastiche. Spicca alla data del 19 aprile “Dino Ferrari” e viene voglia di seguire la traccia dei nomi di battesimo della macchine: Romeo, Giulia, Mercedes, Fulvia, Dyane, che è anche una divinità, come Pallas e come la sigla DS letta in francese. Scorrono gli acronimi che hanno fatto epoca e quelli ormai in disuso, i verbi latini: Audi, Volvo e così via.
Numeri e segni per una cabala personale (e comune), coordinate di spostamenti lineari sulle strade italiane e sulla freccia del tempo.
Fra la foto del cruscotto della Citroën DS – che apre la carrellata – e quella del motore della Volvo 240 – che la chiude – scorre una porzione di tempo definita e variabile, circoscritta e perdurante.
L’elegante libro che veicola (è il caso di dirlo) il progetto di Daniela Comani è edito da Archive Books ed è presentato dal 21 al 29 novembre 2017 a Berlino, Kunstsaele (90 Bülowstraße).
Antonella Sbrilli @asbrilli