7 Ottobre | am siebten Oktober

7 ottobre 2024

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Leonidas riss entschlossen den Brief ein. Der Riss aber war noch nicht zwei Zentimeter tief, als seine Hände innehielten. Und jetzt geschah das Gegenteil von dem, was vor fünfzehn Jahren in Sankt Tilgen geschehen war. Damals wollte er den Brief öffnen und zerriss ihn. Spöttisch sah ihn von dem verletzen Blatt die gesammelte Persönlichkeit der blassblauen Frauenschrift a, die sich nun in mehreren Zeilen entwickeln konnte.
Oben auf dem Kopf des Briefes stand in raschen und genauen Zügen das Datum: “Am siebten Oktober 1936”. Man merkt die Mathematikerin, urteilte Leonidas, Amelie hat in ihrem ganzen Leben noch nie einen Brief datiert. Und dann las er: “Sehr geehrter Herr Sektionschef!”

Franz Werfel, Eine blassblaue Frauenschrift, 1941

Leonida squarciò la lettera con risolutezza. Ma lo strappo non era ancora profondo due centimetri e già le sue mani si fermarono. Accadde ora il contrario di ciò che era accaduto quindici anni prima a Sankt Gilgen. Allora, volendo aprire la lettera, l’aveva strappata. Ora, volendola strappare, la aprì. Dal foglio ferito, l’intera personalità della scrittura femminile azzurro pallido, che si poteva espandere in diverse righe, lo guardava sarcastica. Sopra, in testa alla lettera, con tratti rapidi e precisi, era scritta la data: ” 7 ottobre 1936″. Ecco l’esattezza della donna matematica, fu il giudizio di Leonida, Amelie non ha mai datato una lettera in tutta la sua vita. Poi lesse: “Egregio signor capodivisione!”

Franz Werfel, Una scrittura femminile azzurro pallido, 1941, tr. it. R. Colorni, Adelphi, Milano, 1991, p. 30

A Vienna, durante un ottobre tanto tiepido da sembrare aprile, l’alto funzionario Leonida, che ha da poco compiuto cinquant’anni ed è stato nominato capodivisione ministeriale, trova – nella posta – una lettera scritta a mano da una grafia femminile. È sposato con Amelie e non pensa più a Vera, dottoressa in filosofia, l’amante che ha lasciato malamente molti anni prima e di cui aveva distrutto, senza leggerla, una lettera. Questa nuova lettera, arrivata “nel bel mezzo di una luminosa giornata di ottobre” , mette in moto una catena di ricordi, di ipotesi, di rimorsi che riguardano le conseguenze nel tempo di azioni lontane, che verranno chiarite in un’altra giornata di quell’ottobre speciale.

Dicono del libro

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18 Agosto

18 agosto 2024

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Quella domenica 18 agosto è, fra i giorni della mia vita, uno dei tre o quattro che mi recito da cima a fondo, quando voglio cercare di raggiungere l’estasi di rivivermi. Mi spiego: io col passato ho rapporti di tipo vizioso, e lo imbalsamo in me, lo accarezzo senza posa, come taluno fa coi cadaveri amati. Le strategie per possederlo sono le solite, e le adopero tutt’e due. Dapprincipio mi visito da forestiero turista, con agio, sostando davanti a ogni cocciopesto, a ogni anticaglia regale; bracconiere di ricordi, non voglio spaventare la selvaggina. Poi metto da parte le lusinghe, l’educazione, lancio a ritroso dentro me stesso occhi crudeli di Parto, lesti a cogliere e a fuggire. Dagli attimi che dissotterro – quanti ne ho vissuti apposta per potermeli ricordare!- non so cavare pensieri, io non ho una testa forte, e il pensiero o mi spaventa o mi stanca. Ma bagliori, invece… bagliori di luce e ombra, e quell’odore di accaduto, rimasto nascosto con milioni d’altri per anni e anni in un castone invisibile, quassopra, dietro la fronte… Sento a volte che basterebbe un niente, un filo di forza in più o un demone suggeritore… e sforzerei il muro, otterrei, io che il Non Essere indigna e l’Essere intimidisce, il miracolo del Bis, il bellissimo Riessere

Gesualdo Bufalino, Diceria dell’untore, 1981, ed. cons. Bompiani, 1992, p. 75

I giorni dell’estate del 1946, al sanatorio della Rocca nei pressi di Palermo, passano come i gradini della “scala mobile di una Rinascente”, che si assottigliano inesorabilmente e spariscono uno dopo l’altro. Di tutti i giorni che il narratore trascorre nella casa di cura, in compagnia di altri ammalati di tubercolosi – ai quali è destinato a sopravvivere – uno, in particolare, torna nei suoi ricordi. Domenica 18 agosto è la data dell’incontro con la giovane Marta per una passeggiata in città, fra chioschi di granite, viali di palme e confidenze via via più intime, che porteranno ad altri rari ma intensi appuntamenti. Una giornata degna di essere rivissuta, richiamata al presente come un bis a teatro.

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Cartolina per un 18 agosto

BufalinoBufalino_GuccioneLa cartolina per un 18 agosto è dello scrittore siciliano Gesualdo Bufalino (1920-1996), viene da Comiso ed è indirizzata a Toni A. Brizi (alias Antonella Sbrilli)  presso l’editore Giunti di Firenze che nel 1994 pubblicò Il gioco dei giorni narrati. In quell’edizione dell’antologia che racconta un anno giorno dopo giorno, Bufalino era presente – al 7 febbraio – con una pagina tratta da Le menzogne della notte, il libro edito da Bompiani nel 1988, con cui aveva vinto il premio Strega.  Nel data-base dei “giorni narrati” c’era (e c’è) anche un altro passo di Bufalino, dalla Diceria dell’untore, dove il 18 agosto (una domenica del 1946) spicca con grande personalità. È il giorno dell’appuntamento fra il narratore e Marta, un giorno talmente intenso da superare la dialettica fra Essere e Non Essere, a favore del “bellissimo Riessere…”.
Nell’edizione a stampa del Gioco dei giorni narrati, che prevedeva un unico brano per giorno, la scelta cadde su un passo del romanzo di Franz Werfel  Il cielo rubato, in cui il 18 agosto è immaginato come una stazione lungo una linea ferroviaria, un luogo nel tempo, dove qualcuno resta e altri non possono tornare.
Sia la pagina di Werfel sia quella di Bufalino trasformano la data di piena estate da semplice crononimo a tentativo di captare il tempo come spazio (di percorrenza, di sosta, di recita). In diconodioggi.it  ora trovano posto entrambe e anche l’elegante cartolina (con una grafica dell’artista siciliano Piero Guccione) che lo scrittore Bufalino inviò per segnalare quanto gli fosse cara la data del 18 agosto: “E grazie per l’inclusione (ma forse avrei preferito figurare al 18 agosto, inizio cap. XI della mia Diceria dell’untore.”).
Una cartolina dal tempo ciclico della finzione, che fa “riessere” i giorni, almeno nella lettura, inviata da uno scrittore che definisce il suo protagonista un  “forestiero turista” del passato. (a.s.)