28 Luglio | 28 de julio

28 luglio 2024

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De las funestas consecuencias que puede traer la creencia de que el 28 de julio llega el 28 de julio.¡ Isaac había convencido a su hermano Julio que el 28 de julio debía celebrarse el 28 de julio! Julio Carbajal dudaba.
– Estamos en diciembre de 2192, Isaac. Huarautambo se prepara para la Navidad. El mismo padre Chasàn arma un nacimiento en la iglesia de Yanahuanca.
Isaac consultò un calendario de la antigüedad.
– Estamos en julio de 1962. Dentro de quince días se celebrará la independencia. ¡Tú festeja en 28 el 28!

Manuel Scorza, Cantar de Agapito Robles (cantar quatro), 1977

Delle funeste conseguenze che può comportare il convincimento che il 28 luglio cada il 28 luglio.
Isaac aveva convinto suo fratello Julio che il 28 luglio doveva essere festeggiato il 28 luglio! Julio Carbajal esitava. 
“Siamo nel dicembre 2192, Isaac. Huarautambo si prepara per il Natale. Lo stesso padre Chasán sta organizzando un presepio nella chiesa di Yanahuanca.”
Isaac consultò un calendario dell’antichità.
“Siamo nel luglio 1962. Fra quindici giorni si celebra l’indipendenza. Tu festeggia il 28 il 28!”

Manuel Scorza, Cantare di Agapito Robles, 1977, tr. it. A. Morino, ed. cons. Feltrinelli, 1983, p. 98

Durante la tirannia del giudice Montenegro, nella regione peruviana di Huanuco, anche il tempo è stato modificato. I mesi hanno durata variabile, i giorni vanno avanti e indietro secondo l’arbitrio del tiranno, per cui l’anno della vicenda, il 1962, è diventato il 2192. E il mese di luglio, nel quale ricorre l’indipendenza del Perù – 28 luglio 1821 – è diventato periodo natalizio. Mentre l’indio leggendario Agapito Robles prepara la rivolta, i due fratelli Carbajal – uno dei quali è maestro di scuola – consultano un calendario gregoriano, precedente quello imposto dalla dittatura, e con coraggio decidono di festeggiare l’anniversario dell’indipendenza nel giorno in cui cade, il 28 di luglio. Ci vorranno molte lotte per spodestare il tiranno Montenegro e riportare anche il tempo nei suoi binari, ridando a mesi e giorni i nomi consueti e alle date la loro storia.

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Nel tempo a Villa Panza

La straordinaria villa Panza, donata al FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano) nel 1996 dai collezionisti d’arte contemporanea  Giuseppe e Giovanna Panza di Biumo, ospita una mostra che raccoglie le opere di 23 artisti della collezione, collegate da una profonda relazione col tema del tempo. 
Curata da Gabriella Belli con Marta Spanevello, Nel Tempo – questo il titolo che spazializza la dimensione temporale – si articola “in due registri narrativi” il tempo eterno e il tempo della realtà, che introducono i visitatori nelle 5 sezioni dell’esposizione: “il senso (del tempo), la durata (del tempo), i luoghi (del tempo), il rumore (del tempo) e l’esperienza (del tempo)”.

Artisti in mostra: Vincenzo Agnetti, Michael Brewster, Pier Paolo Calzolari, Cioni (Eugenio) Carpi, Lawrence Carroll, Hanne Darboven, Grenville Davey, Walter De Maria, Stephen Dean, Jan Dibbets, Piero Fogliati, Allan Graham, Ron Griffin, Susan Kaiser Vogel, On Kawara, Joseph Kosuth, Gregory Mahoney, William Metcalf, Maurizio Mochetti, Franco Monti, Robert E. Tiemann, Franco Vimercati, Ian Wilson.

Mostra “Nel Tempo”, Villa Panza, Varese, 6-6-2024/6-1-2025
a cura di G. Belli con M. Spanevello.
Notizie e materiali sul sito del FAI, catalogo Magonza editore.

5 Giugno | June 5

5 giugno 2024

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At three-thirty A.M. on the night of June 5, 1992, the top telepath in the Sol System fell off the map in the offices of Runciter Associates in New York City. That started videophones ringing. The Runciter organization had lost track of too many of Hollis’ psis during the last two months; this added disappearance wouldn’t do.
“Mr. Runciter? Sorry to bother you.” The technician in charge of the night shift at the map room coughed nervously as that massive, sloppy head of Glen Runciter swam up to fill the vidscreen

Philip K. Dick, Ubik, 1969

Alle tre e trenta della notte del 5 giugno 1992, il miglior telepate del Sistema Solare scomparve dalla mappa situata negli uffici della Runciter Associates a New York City. Ciò diede inizio agli squilli dei videofoni. L’organizzazione di Runciter aveva perso le tracce di troppo psi appartenenti al gruppo di Hollis negli ultimi due mesi; quell’ultima sparizione era la goccia finale.
“Signor Runciter? Dolente di disturbarla.”
Il tecnico incaricato del turno notturno alla sala delle mappe tossicchiò nervosamente, mentre la massiccia testa scompigliata di Glen Runciter si sollevava a riempire il videoschermo

Philip K. Dick, Ubik, 1969, tr. it. G. Montanari, Fanucci Editore, 1998, p. 245

Ha inizio con una videochiamata a Glen Runciter, il 5 giugno del 1992, la vicenda narrata in Ubik. In quello che nel 1969 – quando il libro è stato pubblicato – sembra un anno ancora lontano, fra la vita e la morte c’è uno stadio intermedio in cui vivi e semivivi possono comunicare; gli individui hanno sviluppato talenti telepatici e anti-telepatici, capacità di leggere nel pensiero e di contrastare la lettura, mentre lo spray Ubik (dal latino ubique, ovunque) inverte il deterioramento della materia. Regressioni nel tempo lineare che s’innestano una nell’altra e scambi di stato fra chi è vivo e chi è morto mettono continuamente in dubbio la consistenza della realtà; la fine torna all’inizio. E tutto comincia con una chiamata a Glen Runciteralle tre e mezza del mattino del 5 giugno.  

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Frottage del tempo: Xu Bing a Roma

Tutti e tutte, da piccoli abbiamo praticato, senza conoscerne il nome, la tecnica del frottage (strofinamento), passando pastelli e matite morbide su fogli di carta appoggiati a superfici e oggetti diversi, per vedere emergere forme, macchie e dettagli. Reso famoso negli anni Venti dalle pratiche surrealiste di Max Ernst, il frottage, in inglese rubbing, ha una lunga tradizione in Cina, dove è stato usato come dispositivo di copia e duplicazione, con scopi didattici e documentali, sin dalla dinastia Han. Uno dei più significativi artisti cinesi contemporanei, Xu Bing (1955), ha usato il frottage in modo monumentale, poetico e innovativo in due grandi imprese creative. La prima risale al periodo 1988-1991, quando l’artista applicò la tecnica dello strofinamento a una torre della Grande Muraglia (Ghost Pounding the Wall). Per trasferire la texture della muratura sulla carta, insieme con i suoi collaboratori, Xu Bing ha ricoperto la superficie con un sottile strato di materia plastica, poi con un’ampia stesa di carta Xuan su cui sono stati pressati tamponi di cotone imbevuti di inchiostro. “Fragile e vulnerabile” – scrive Ilaria Puri Purini – il risultato di questo processo, che incorpora il presente e gli strati del passato rendendo “portatili” monumenti inamovibili,  ha bisogno di molto lavoro per essere condotto a termine, esposto e conservato. 

Dopo più di trent’anni dal frottage realizzato in Cina, la tecnica è stata applicata alla regina delle strade romane, la via Appia. Invitato dall’American Academy di Roma per un periodo di residenza nel 2024, Xu Bing ha replicato lo straordinario procedimento su un tratto della via Appia nei pressi di Marino. Con il team di studenti e studentesse, il selciato della strada è stato esplorato, ripulito, ricoperto di carta e tamponato di inchiostro. Il rotolo di 22 metri che ne è risultato riporta il pattern dei basoli, gli interstizi terrosi, le tracce vegetali. 

La mostra all’America Academy accoglie nella prima stanza il lavoro antico fatto sulla torre della Muraglia, riunito sulle pareti con invisibili puntine e nella seconda quello recente sulla via Appia, che cade da una parete al pavimento come una pelle minerale.  Il muro (the Wall) e la strada (the Road), sono così messi in dialogo in due ambienti contigui, a mostrare la circolarità di una ricerca decennale che accosta classico e contemporaneo, orientale e occidentale, matrice e ripetizione, comunicazione e archeologia.
All’ingresso delle sale, un video illustra l’esecuzione del lavoro, restituendo anche il suono che i tamponi inchiostrati fanno sul terreno a seconda della pressione e del ritmo di chi li usa. Ogni frottage cattura la forma umbratile dell’oggetto sottostante in maniera diversa, mentre l’oggetto stesso cambia nel flusso del tempo. Ogni frottage, essendo venuto in contatto diretto con gli oggetti originali, conserva per osmosi le informazioni materiche, le tracce temporali e le forme visibili di una cultura, immettendole in una rete comunicativa che trapassa i confini. 

Il 29 maggio:  conversazione di Xu Bing con Ornella de Nigris (Studi orientali, Università di Siena).

A Moment in Time: Xu Bing in Rome
A cura di Ilaria Puri Purini con Lexi Eberspacher
American Academy in Rome, via Angela Masina, 5
22 Maggio – 27 giugno 2024

10 Maggio | May 10

10 maggio 2024

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He had reached the end of the house. A washing machine, mop hanging from a rack, package of Dash soap, a stack of magazine and newspapers. Reaching into the stack he dragged out a handful, dropping them, opening them at random. The date on a newspaper made him stop searching: he stood holding it. May 10, 1997. Almost forty years in the future. His eyes took in the headlines.Meaningless jumbo of isolated trivia: a murder, bond issue to raise funds for parking lots, death of famous scientist, revolt in Argentina. And, near the bottom, the headline: Venusian ore deposits object of dispute

Philip K. Dick, Time is out of Joint, 1959

Era arrivato al termine della casa. Una lavatrice, uno spazzolone appeso a un gancio, un fustino di Dash, una pila di riviste e giornali.
Pescando nel mucchio, ne tirò su qualcuna e l’aprì a caso.
La data di un giornale gli fece interrompere la ricerca; restò lì a fissarla.
10 maggio 1997.
Quasi quarant’anni nel futuro. Scorse i titoli. Un miscuglio insignificante di banalità senza relazione tra loro: un assassinio, un’emissione di buoni del tesoro finalizzata alla raccolta di fondi per la costruzione di aree di parcheggio, la morte di un famoso scienziato, una rivolta in Argentina. E, in taglio basso, un altro titolo: Contesi i giacimenti minerari di Venere.

Philip K. Dick, Tempo fuori luogo, 1959, tr. it. G. Pannofino, Sellerio, Palermo, 1999, pp. 194-95

In una cittadina americana, in un periodo che somiglia alla fine degli anni Cinquanta, le giornate di Ragle Gumm trascorrono in una routine stressante: entro la fine di ogni pomeriggio deve inviare la soluzione di un gioco a premi indetto da un giornale, per rimanere così in cima alla classifica dei solutori. Grazie al suo intuito e a un complesso sistema di calcolo, Ragle riesce a indovinare, con minimi errori, in quale zona di una mappa quadrettata apparirà l’omino verde del gioco. È un gioco. O almeno così sembra, fino a quando alcuni indizi fanno dubitare Ragle e la sua famiglia che la normalità della loro vita quotidiana (compreso il concorso a premi) sia autentica. Dettagli fuori posto, brevi allucinazioni, elenchi telefonici anacronistici. Quando Ragle si imbatte nella copia del giornale datato 10 maggio 1997, comincia ad avvicinarsi a una spiegazione di quello che sta accadendo (sulla terra e non solo) e in cui lui – con il suo talento per la decrittazione – ha un ruolo centrale.

 

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7 Maggio

7 maggio 2024

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Una luminosità gialloambrata era tutto ciò che appariva all’orizzonte, mentre, a destra, ancora s’intravedeva la costa bassa e nuda del Portogallo, finché non sparve, come un’ombra, definitivamente. Allora, a quella luce rosata si mescolò un certo verde-livido, e le onde, pur senza agitarsi, divennero più grosse. Era l’una del 7 maggio, e durante la notte e la mattinata erano passate altre miglia, senza che perciò lo scenario mutasse, allorché al Daddo che se ne stava sul ponte, un po’ pensieroso, al suo sguardo fanciullesco, si presentò lontanissimo, in quella luminosità, un punto verde-bruno, a forma di corno, o ciambella spezzata, che non risultava sulla carta. Chiese al marinaio di che potesse trattarsi (aveva pensato, in un primo momento, a un branco di cetàcei, dato che quel punto, per quanto piccolo, presentava delle gibbosità), e Salvato gli rispose che poteva sbagliarsi, ma sembrava proprio l’isola di Ocaña…

Anna Maria Ortese, L’iguana, 1965, Rizzoli 1978, p.20, altra ed. Adelphi, 1986

La storia è cominciata a Milano in aprile, quando Aleardo, chiamato anche Daddo, ha deciso di avventurarsi in barca in cerca di un lembo di terra da acquistare. Da Genova è arrivato a Lisbona e poi, dopo due giorni di navigazione, il 7 di maggio, è giunto in vista della piccola isola di Ocaña, non segnata sulle carte nautiche. Lì lo attende l’incontro con una strana famiglia di nobili portoghesi e con la bestiola, l’iguana, che dà il titolo al libro. Fra i misteri che avvolgono l’isoletta e i suoi abitanti, il tempo ha una presenza tutta sua: “ il tempo, o Senhora, non è che una distanza e il passato e il futuro  regnano insieme all’appassionato e fulmineo attimo”. 

 

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30 Aprile | 30 Abril

30 aprile 2024

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Beatriz Viterbo murió en 1929; desde entonces, no dejé pasar un treinta de abril sin volver a su casa. Yo solía llegar a las siete y cuarto y quedarme unos veinticinco minutos; cada año aparecía un poco más tarde y me quedaba un rato más; en 1933, una lluvia torrencial me favoreció: tuvieron que invitarme a comer. No desperdicié, como es natural, ese buen precedente; en 1934, aparecí, ya dadas las ocho, con un alfajor santafecino; con toda naturalidad me quedé a comer. Así, en aniversarios melancólicos y vanamente eróticos, recibí las graduales confidencias de Carlos Argentino Daneri. […]
El treinta de abril de 1941 me permití agregar al alfajor una botella de coñac del país.

Jorge Luis Borges, El Aleph, 1949

Beatriz Viterbo morì nel 1929; da allora non lasciai passare un trenta d’aprile senza tornare alla sua casa. Solevo arrivare alle sette e un quarto e fermarmi un venticinque minuti; ogni anno comparivo un po’ più tardi e restavo un po’ di più; nel 1933, una pioggia torrenziale mi favorì: dovettero invitarmi a cena. Profittai, naturalmente, di quel buon precedente; nel 1934 comparvi alle otto suonate, con un torrone di Santa Fé; con tutta naturalezza rimasi a cena. Così, in anniversari melanconici e vanamente amorosi, ricevetti le graduali confidenze di Carlos Argentino Daneri. (…)
Il trenta aprile del 1941 mi permisi di aggiungere al torrone due bottiglie di cognac locale

Jorge Luis Borges, L’Aleph, 1949, tr. it. F. Tentori Montalto, I Meridiani, Mondadori, 1985, vol. I, p.887, p. 888

La casa di calle Garay a Buenos Aires, dove ha abitato Beatriz Viterbo e dove continuano ad abitare dopo la sua morte il padre e il cugino Carlos Argentino Daneri, custodisce in cantina – sotto la stanza da pranzo – l’Aleph: un oggetto indefinibile che contiente tutti i punti dello spazio, mostrandoli senza sovrapposizioni in un unico gigantesco istante. L’Aleph è stato scoperto da Carlos Argentino Daneri, scrittore di noiosi poemi, che lo mostra a Borges, amico di famiglia, legato alla bella e fragile Beatriz. Beatriz, che è morta in un giorno di febbraio dell’estate australe, era nata il trenta di aprile e il Borges del racconto, per anni, continua a onorare questa data, come fa anche il Borges scrittore, che la sceglie in (almeno) altre due storie: Funes, o della memoria e La notte dei doni. 

 

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Date in coincidenza: Joyce, Svevo e un libro di Enrico Terrinoni

Date in coincidenza: Joyce, Svevo e un libro di Enrico Terrinoni

di Sandra Muzzolini

Nella recensione al libro di Antonella Sbrilli Il gioco dei giorni narrati, primo nucleo del progetto editoriale di cui fa parte questo blog, Umberto Eco scrive: “Si sa di autori che hanno situato la loro vicenda in una data precisa per ragioni magico-sentimentali, perché era un giorno in cui a loro (non ai personaggi) era accaduto un evento mirabile, e in tal senso un crononimo lasciato cadere quasi per caso può tener luogo di una rinnovata dichiarazione d’amore.”
Questa osservazione vale sicuramente per una delle date letterarie più note, quel 16 giugno 1904 in cui si svolge l’Ulisse di Joyce e che oggi è festeggiato in Irlanda e in altri paesi come “Bloomsday”.
Sappiamo infatti che Joyce scelse quel giorno perché era una delle date più importanti nella sua storia d’amore con Nora Barnacle. Ma l’attenzione e la fascinazione dello scrittore irlandese per le date, i nomi e i numeri vanno ben oltre questa scelta, come ci spiega in un libro uscito alcuni mesi fa lo studioso Enrico Terrinoni, esperto traduttore di Joyce.

La vita dell’altro – Svevo, Joyce: un’amicizia geniale (Bompiani, 2023) ci offre una ricca e ben documentata ricostruzione del rapporto d’amicizia tra i due scrittori, delle loro affinità elettive ed anche caratteriali. Sorprendono le numerose corrispondenze tra i due scrittori e le loro opere, tra le loro vite e quelle dei loro personaggi, quei continui travasi dal piano dell’esistenza a quello della scrittura per i quali Svevo coniò il concetto di “vita letteraturizzata”.  Scrive Terrinoni in una postfazione specificamente dedicata alle coincidenze: “Le loro vite, come i loro libri, sono infatti abitate anche da numeri, cifre, date, orari che le colorano di misteriosi echi. Quasi che entrambi sfogassero in rare ricorrenze numeriche certe attitudini vagamente superstiziose.”

Joyce era particolarmente, anzi maniacalmente, attento alle date, cui assegnava un valore magico, augurale. Era sempre felice di scoprire coincidenze che riguardavano le date dei compleanni delle persone con cui entrava in contatto. Era nato a Dublino il 2 febbraio 1882 e in quella stessa data fu pubblicato l’Ulisse, nel 1922; il 2 febbraio 1939 ricevette le prime copie rilegate del Finnegans Wake. Sarà stato sicuramente contento di scoprire che anche l’amico triestino aveva scelto questa data per uno snodo fondamentale del romanzo La coscienza di Zeno: “Oggi, 2 febbraio 1886, passo dagli studii di legge a quelli di chimica. Ultima sigaretta!!”.

Ci sono anche altri aspetti del libro di Terrinoni che i lettori di questo blog sicuramente apprezzano: il discorso sul tempo, rilevante in entrambi gli scrittori, e il gusto per l’invenzione linguistica e per i giochi di parole. La sovrapposizione di letteratura e vita, gli intrecci che uniscono le opere dei due scrittori in un misterioso entanglement e la circolarità e simultaneità del tempo della narrazione trovano un’originale sintesi nei titoli di gusto joyciano di alcuni capitoli: Narravita, Senilitalia, Zenotipia e Finizio.

Sandra Muzzolini, 12 aprile 2024

Time’s News 2024

È uscito in stampa, come ogni anno, il magazine dell’International Society for the Study of Time, con una panoramica delle attività svolte dall’associazione nel corso del 2023-24. Curato dall’artista e ricercatrice Emily DiCarlo, “Time’s News” di quest’anno, dopo una introduzione della sociologa Carmen Leccardi, presidente attuale dell’ISST, documenta la 18ma Conferenza triennale, svoltasi a Yamaguchi (Giappone) e presenta contributi multidisciplinari di Paul Harris (“Yellow Bird Artscape Residency: The Time of Limestone”), di Stephen Pike (“Brouwers’ Epiphany”), di Richard Uribe (“Women, Clocks and Portraits”), gl “Spolight” di Walter Schwidler e Sonia Front e, in chiusura, un ricordo del Jane Fraser, moglie e sodale del fondatore dell’ISST James T. Fraser. 
Come ogni anno, una sezione è poi dedicata a un’antologia di opere d’arte recenti che hanno affrontato temi temporali, curata da Laura Leuzzi e Antonella Sbrilli.
Ne fanno parte: i paesaggi stratigrafici di Pietro Ruffo, esposti nella mostra Anthropocene; le meridiane in ceramica policroma di Emma Hart, intitolate 
Big Time; l’omaggio verbovisivo di Alice Guareschi alla misura del tempo quotidiano,  Giorno; la scrittura sonora del tempo nell’opera di Maja Zećo , For the Time Being: Sarajevo Soundtrack; il film Cotidal di Tania Kovats, della durata di un giorno lunare (24 ore e 50 minuti),Footsteps di Fiona Tan, per cui “editing is like sculpting in time”;  le carte stellari dell’artista neozelandese  Locust Jones, Back in Time.

3 Aprile

3 aprile 2024

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Il 3 aprile verso le cinque. In macchina da piazza della Scala vuol prendere via Verdi ma il semaforo è rosso; stipate intorno le auto, i pedoni che passano, il sole ancora alto, una giornata bellissima, in quel mentre immaginò la Laide sul bordo della pista di Modena dove diceva di andare a posare per le fotografie di moda, è là felice di essere stata ammessa in quel mondo eccezionale di cui i giornali parlano tanto in termini quasi di favola, è là che scherza con due giovani 

Dino Buzzati, Un amore, 1963, Mondadori 1979, pp. 79-80

L’architetto milanese Antonio Dorigo, in febbraio, in una casa d’appuntamenti, ha conosciuto Adelaide, una ragazza col fisico da ballerina, da cui rimane irretito. Durante i mesi invernali Dorigo si è legato sempre più alla ragazza, che non ricambia il suo sentimento e ha una vita sua, in locali notturni e con altri uomini. Nel pomeriggio del 3 aprile, in mezzo al traffico di Milano, “all’altezza del palazzo di Brera lo prese lo sgomento perché in questo preciso istante ha capito di essere completamente infelice senza nessuna possibilità di rimedio” e perché  il pensiero di lei “lo perseguita in ogni istante millimetrico della giornata”. 

 

Dicono del libro

Dicono del libro
“Nella cornice di una Milano grigia, caliginosa e triste, fra salotti di case d’appuntamento e strade impregnate degli odori dei «camini, sfiatatoi delle caldaie a nafta, ciminiere delle raffinerie Coloradi, camion ruggenti e fogne», si sviluppa la vicenda dell’architetto Antonio Dorigo, 49 anni, che nell’inverno del 1960 incontra una giovanissima squillo, sedicente ballerina del teatro alla Scala di Milano”
(dalla recensione del libro in Italialibri.net)

 


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28 Marzo | March 28

28 marzo 2024

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“Look at the date of the magazine issue”.
He pointed to the top heading, just to the left of the page number. It read March 28, 1932. Harlan said, “That scarcely needs translation. The numbers are about those of Standard Intertemporal and you see it’s the 19.32nd Century. Don’t you know that at that time no human being who had ever lived had seen the atomic mushroom cloud. No one could possibly reproduce it so accurately, except…”
“Now, wait. It’s just a line pattern,” said Twissel trying to retain his equilibrium. “It might resemble the mushroom cloud only coincidentally. “Might it? Will you look at the wording again?” Harlan’s fingers punched out the short lines: “All the— Talk— Of the— Market. The initials spell out ATOM, which is English for atom. Is that coincidence, too? Not a chance”

Isaac Asimov, The End of Eternity, 1955

“Leggi la data in cima alla pagina”. Indicò la scritta che diceva: 28 marzo 1932. “Non c’è bisogno di traduzione, vero? I numeri sono quasi uguali a quelli dell’Intertemporale Standard. Non sai che a quell’epoca nessuno aveva mai visto un fungo atomico? Nessuno avrebbe potuto riprodurlo con tanta accuratezza, tranne…” “Aspetta un momento, è solo uno schizzo” disse il Calcolatore, cercando di ritrovare il suo equilibrio. “Può darsi che la somiglianza col fungo atomico sia casuale.” “Ah, sì? Guarda di nuovo le parole, allora.” Harlan indicò la scritta in maiuscolo, All the Talk Of  the Market. “Le iniziali formano la parola Atom, che in inglese vuol dire atomo. Me la chiami coincidenza? Direi proprio di no”

 Isaac Asimov, La fine dell’Eternità, 1955, tr.it. G. Lippi, Mondadori, 1987, p. 202

L’Eternità gode di un equilibrio estremamente delicato, nel mondo immaginato da Asimov in questo romanzo, dove si può viaggiare attraverso i secoli e la storia muta a ogni cambiamento della Realtà effettuato da tecnici del Tempo. Dove si rischia, tornando a un momento già attraversato, di incontrare se stessi. E dove diverse Realtà alternative possono esistere.
Ma c’è stata un’epoca in cui il passato era irreversibile, “la Realtà fluiva ciecamente lungo la linea della massima probabilità”, per esempio il Ventesimo secolo. Lì è finito uno dei personaggi di questo complicato racconto e da lì, dal 1932, sta mandando un messaggio in codice per essere rintracciato. Un messaggio affidato a un anacronismo: il disegno di un fungo atomico su una rivista del 28 marzo 1932.  

 

Dicono del libro

Dicono del libro
“In un futuro ancora molto lontano l’uomo ha imparato a viaggiare nel tempo, spostandosi con disinvoltura da un secolo all’altro e organizzando traffici commerciali tra ere diverse. Il viaggio nel tempo permette anche di tenere l’umanità sotto rigido controllo, modificando tutti quegli elementi che potrebbero provocare gravi turbamenti nella storia. A effettuare i cambiamenti sono delegati gli analisti e i tecnici della rigida casta degli Eterni, gli unici in grado di manipolare passato e futuro”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

 

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14 Marzo | March 14

14 marzo 2024

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The first witness was the Hatter. He came in with a teacup in one hand and a piece of bread-and-butter in the other. ‘I beg pardon, your Majesty,’ he began, ‘for bringing these in: but I hadn’t quite finished my tea when I was sent for.’
‘You ought to have finished,’ said the King. ‘When did you begin?’
The Hatter looked at the March Hare, who had followed him into the court, arm-in-arm with the Dormouse.
‘Fourteenth of March, I think it was,’ he said.
‘Fifteenth,’ said the March Hare.
‘Sixteenth,’ added the Dormouse.
‘Write that down,’ the King said to the jury, and the jury eagerly wrote down all three dates on their slates, and then added them up, and reduced the answer to shillings and pence

Lewis Carroll, Alice in Wonderland, 1865

Il primo testimone era il Cappellaio. Si presentò con una tazza di tè in mano e un pezzo di pane imburrato nell’altra. – Chiedo perdono, vostra Maestà, – cominciò, – se sono qui con queste cose; ma non avevo ancora finito il mio tè quando sono stato convocato.
– Dovresti aver finito, – disse il Re. – Quando iniziasti?
Il Cappellaio guardò la Lepre Marzola, che l’aveva seguito in tribunale a braccetto del Ghiro. – Il quattordici marzo, mi pare, – disse.
– Il quindici, – disse la Lepre Marzola.
– Il sedici, – disse il Ghiro.
– Prendetene nota, – disse il Re alla giuria; e la giuria diligentemente annotò sulle lavagnette tutte e tre le date, poi fece la somma e convertì il totale in scellini e penny

Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie, 1865, tr. it. A. Ceni, Einaudi, 2003, p. 107

La porta principale attraverso cui si entra nel Paese delle Meraviglie è quella del Tempo, avverte Stefano Bartezzaghi nell’introduzione all’edizione Einaudi delle Avventure di Alice. Il tempo – già di per sé una meraviglia, un indovinello senza soluzione – è il protagonista di situazioni e dialoghi paradossali. Le avventure di Alice si svolgono in maggio: lo dice la bambina, dopo aver incontrato la Lepre Marzola (“forse, poiché siamo di maggio, non matta da legare”). Più avanti, nel capitolo Un tè da matti, viene fuori la data del 4, insieme con un mirabile orologio che, invece dell’ora, segna il giorno del mese. Poiché il Paese delle Meraviglie è un luogo di discussioni, anche la data è oggetto di negoziazione, come in questo capitolo XI (Chi rubò le crostate?), in cui il testimone è contraddetto dalla Lepre Marzola e dal Ghiro e le cifre delle date sono commutate in denaro. Poiché il Paese delle Meraviglie è un luogo di non-certezze, anche la data pare il 14 marzo, ma anche il 15 o il 16. Dipende dall’unità di misura o di cambio del Tempo.

 

Dicono del libro

Dicono del libro
“Le avventure straordinarie della piccola Alice in un bizzarro mondo alla rovescia sono molto piú di un classico per l’infanzia. Se da un lato vi si può leggere una parabola che svela le assurdità e le incoerenze della vita adulta, dall’altro vi si coglie, immediata, una raffinatissima abilità linguistica, dove il gusto per il paradosso e il calembour, il nonsenso e la parodia si esprimono con impareggiabile inventiva. Un classico, quindi, cui hanno guardato molti protagonisti della letteratura del Novecento da Queneau a Nabokov”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. ci.t)

 

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26 Febbraio

26 febbraio 2024

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“Siamo già nel golfo”, mi disse uno dei miei compagni quando mi alzai per far colazione, il 26 febbraio.Il giorno prima avevo avuto un po’ di paura per le condizioni del tempo nel golfo del Messico. Ma il cacciatorpediniere, anche se si muoveva un poco, scivolava via dolcemente. Pensai tutto contento che i miei timori erano infondati e salii in coperta. Il profilo della costa era svanito. Solo il mare verde e il cielo azzurro si stendevano intorno a noi

Gabriel García Márquez, Racconto di un naufrago, 1955 (1970), tr. it. C. Acutis, Mondadori 1987, p.29

“Racconto di un naufrago che andò per dieci giorni alla deriva in una zattera senza mangiare né bere, che fu proclamato eroe dalla patria, baciato dalle reginette di bellezza e reso ricco dalla pubblicità, e poi aborrito dal governo e dimenticato per sempre”: il lungo sottotitolo di questo libro percorre tutte le fasi della vicenda del marinaio Velasco, imbarcato sul cacciatorpediniere Caldas alla volta di Cartagena. Il 26 febbraio 1955 è nel golfo del Messico, e tutto deve ancora succedere. 

Dicono del libro
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6 Febbraio

6 febbraio 2024

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Tra il momento in cui ho smesso di scrivere, nel maggio scorso, e ora, 6 febbraio ’91, il previsto conflitto tra l’Irak e la coalizione occidentale è scoppiato. Una guerra “pulita” secondo la propaganda, benché siano già cadute sull’Irak “più bombe che sulla Germania durante tutta la durata della seconda guerra mondiale” (Le Monde di stasera) e testimoni dicano di aver veduto a Bagdad dei bambini, resi sordi dalle deflagrazioni, camminare per le vie come ubriachi. Non si fa altro che aspettare avvenimenti annunciati che non arrivano, l’offensiva terrestre degli “alleati”, un attacco chimico da parte di Saddam Hussein, un attentato alle Galeries Lafayette. E’ la stessa angoscia del tempo della passione, lo stesso desiderio – e impossibilità – di sapere la verità. L’affinità si ferma qui. Non v’è sogno né immaginazione

Annie Ernaux, Passione semplice,  1991, tr. it. I. Landolfi, Rizzoli 1992, p.68

La storia di una passione fra uno straniero sposato e una donna, che scrive queste annotazioni, si rivela una riflessione sul tempo e sulla sua percezione. Poiché la relazione è fatta di attese, di incontri a termine e di lontananze, la donna si interroga continuamente sulla natura del presente, sulla fuga degli istanti. Alcune date emergono nella narrazione, date private e date pubbliche come questo 6 febbraio del 1991. E ogni data è motivo per riandare a date analoghe nel tempo trascorso, con il desiderio di ritornare indietro, di “forzare il presente a ridiventare passato”.
[…] mi domandavo perché non è possibile passare in quel giorno, in quel momento, allo stesso modo in cui si passa da una stanza all’altra”. 

Dicono del libro

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Appuntamenti nel passato

“E non potremmo immaginare, proseguì Austerlitz, di avere appuntamenti anche nel passato, in ciò che è già avvenuto e in gran parte è scomparso, e di dover cercare proprio nel passato luoghi e persone che, quasi al di là del tempo, hanno con noi un rapporto?”
Questa frase viene dalle ultime pagine del romanzo Austerlitz dello scrittore tedesco W. G. Sebald (1944-2001). In cerca delle vicende della sua vita trascorsa, il protagonista professor Austerlitz ne trova via via le tracce dolorose, che “sente di aver sempre ospitato in sé come una sequenza di negativi non ancora sviluppati”. 
Incontrarsi nel passato: un paradosso temporale, un sogno a occhi aperti, uno stato di alterazione del proprio presente, e anche un esercizio dell’immaginazione e del linguaggio. Quello che le parole dello scrittore evocano, si ritrova visualizzato anche in alcune immagini, risultato di ricerche e intuizioni d’artista.

Il disegnatore Saul Steinberg si incontra con sé stesso bambino: l’uomo anziano dà la mano a una sagoma con una foto di lui da piccolo ed Evelyn Hofer fotografa l’incontro delicato nello scatto Saul Steinberg with Himself as a Little Boy (1978, Museum of Fine Arts, Houston).
In questo caso, l’entità da incontrare – sé stesso nell’infanzia – è richiamata dal passato al presente dell’artista adulto. 
Moira Ricci (Orbetello, 1977) compie il viaggio nella direzione inversa: è lei che va nel passato e non per incontrare sé stessa, ma per avvicinare virtualmente la madre scomparsa. 
Nella serie intitolata  20.12.53-10.08.04 l’artista manipola digitalmente una serie di fotografie che ritraggono la madre Loriana, una per ogni suo anno di vita, inserendosi all’interno di ciascuna di loro, come testimone anacronistica, presenza anticipata, viaggiatrice lungo la linea del tempo.
Il lavoro, premiato dal Piano per l’Arte Contemporanea 2021, è stato realizzato fra il 2004 e il 2014. 
Raccolte in un volume d’artista che allude a un album di famiglia (Corraini 2023), le fotografie, come scrive Roberta Valtorta, attivano “un processo di impossessamento di tutta la vita di Loriana, dalla nascita alla morte, come il titolo del lavoro dichiara. E perché questa operazione sia vera fino in fondo, Moira si vestirà, si pettinerà, si truccherà, si atteggerà con attenzione nel modo richiesto dalle mode delle varie epoche della vita della madre”. 
Nel sito del Museo di Fotografia Contemporanea (MuFoCo, Cinisello Balsamo), sezione Digital Exhibitions, è possibile vedere un nucleo di queste potenti inserzioni, in cui l’artista affianca i suoi autoritratti alla madre, la osserva dentro casa, all’aperto, con amici e parenti, da sola, sporgendosi a volte, sempre voltandosi verso la sua figura.

A sinistra: Moira Ricci, Mamma nel giardino di nonna; a dx Ramón Salazar, La enfermedad del domingo, film, 2018, fotogramma

Un altro appuntamento col passato si incontra in un film del 2018 del regista spagnolo Ramón Salazar (Malaga, 1973). La enfermedad del domingo (tradotto in italiano come Eterna domenica) racconta le vicende di una giovane donna, Chiara, che è stata abbandonata dalla madre da piccola. Trovandosi a una svolta della sua vita, convince la madre a trascorrere con lei dieci giorni da sole, non tanto per recuperare un tempo oramai perduto, quanto per scuotersi dallo stato di “memoria immobile” in cui l’abbandono l’ha lasciata, per smettere di vivere in attesa di un ritorno, in un costante pomeriggio domenicale.
Durante la loro aspra convivenza, una sera Chiara proietta delle vecchie fotografie di famiglia: fra queste c’è un montaggio fatto da lei, in cui la madre, giovane e incinta, è affiancata da Chiara ragazza. Colpita da questa immagine che raddoppia la presenza della figlia e condensa tempi e corpi, la madre loda la perizia di Chiara nell’aver dato vita a un tale paradosso temporale (“paradoja temporal”). La figlia si schermisce, dicendo che è solo un esperimento, un semplice lavoro di taglia e incolla.
Dislocare la propria immagine in documenti del passato: un procedimento tecnico, una formula di memoria, un’iconografia che insinua la “prospettiva invisibile” del tempo nei rettangoli delle rappresentazioni. 

(a.s.)

Montaggi di tempo: Fiona Tan a Bologna il 29.10.23

In una video intervista dal titolo Sculpting Time (Lousiana Art Channel, I July 2023), l’artista Fiona Tan presenta sé stessa, e la sua profonda ricerca sulla memoria, le identità, la natura, chiamando il causa il tempo come materia prima e strumento del suo lavoro.
Come artista e filmmaker, l’attività di editing – il montaggio e la manipolazione dei materiali che vengono allungati, schiacciati, compattati – è per lei una sorta di “sculpting with time”. L’antica espressione che esprime l’azione del flusso immateriale sulla materia, usata da Victor Hugo, ripresa da Marguerite Yourcenar nella raccolta Le Temps, ce  grand sculpteur, rievocata da Salvatore Settis per Giuseppe Penone,  “scolpire il tempo”, è l’incipit del discorso di Fiona Tan, che la restituisce variandola a suo modo, “scolpire con il tempo”.
Il suo discorso prosegue con un’altra osservazione in cui è implicito, quasi incarnato, un ulteriore pensiero sul tempo, ancora più antico: “n
on si può non pensare al tempo” e insieme esso “è una delle cose più difficili di cui parlare”, afferma nel video l’artista, in risonanza con Sant’Agostino e con sapienze che le vengono dalla rete delle sue origini, dalla Cina, dall’Indonesia, dal Nord Europa, dall’Australia.
Dotata della capacità di spiegare insieme le scelte tecniche, i nuclei tematici che la ispirano e il loro trasformarsi in opere, Fiona Tan racconta alcune opere recenti, in 
cui filmati d’archivio delle collezioni olandesi sono accompagnati dall’audio delle lettere che il padre dell’artista le scriveva nei tardi anni Ottanta. Frammenti di repertori pubblici, spezzoni di documentari provenienti dal passato, si mescolano con la corrispondenza familiare, che parla del quotidiano e del presente. Consapevole che la storia non può considerarsi mai conclusa, Fiona Tan rende  percepibile – col suo lavoro di connessioni, accostamenti, riprese multiple – il carattere aperto e rinegoziabile degli archivi stessi: “Time always moves on and we need to go with flow”. 

Il 29 ottobre 2023 Fiona Tan è la protagonista di un incontro al MAMbo di Bologna, nell’ambito della rassegna Archivio aperto 2023, durante il quale sono visibili due cortometraggi:

il primo è News from the Near Future (2003) cheesplora la memoria e il passare del tempo attraverso filmati d’archivio in bianco e nero provenienti dall’Eye Filmmuseum di Amsterdam, colorati in modo da creare una texture quasi pittorica. Il motivo ricorrente è l’acqua: il mare, su cui navigano imbarcazioni di ogni tipo, dai piccoli yacht ai piroscafi più grandi; le onde che bagnano la riva del mare; i paesaggi con enormi cascate e i disastri che lasciano dietro di sé le inondazioni ci ricordano l’ambivalenza del rapporto tra uomo e natura”;  

il secondo risale al 1998 e si intitola Linnaeus’ Flower Clock.
Come si legge nel sito dell’artista, una donna che teme che l’intensità della sua felicità presente si affievolisca col tempo, evoca ripetutamente immagini che incarnano l’appagamento fisico ed emotivo per prolungare l’adesso (‘now’) e inciderlo nella memoria. Per farlo, cerca di costruire un orologio personale che mostri il suo tempo interiore, in contrapposizione a un orologio meccanico. 

Il suo fallimento nel fermare il tempo è dimostrato dalla continuità temporale del video e dalla vista dei fiori che si aprono e si chiudono. Accettare che la vita continui perché tutte le cose passano costringe le persone a concentrarsi sul presente e dà vita ai loro ricordi (Midoti Matsui)”.

Il titolo Linnaeus’ Flower Clock fa riferimento all’orologio floreale (horologium florae) proposto alla metà del Settecento da Linneo: osservando come ogni fiore si apra e chiuda in momenti precisi, il naturalista svedese ipotizzò di poter utilizzare i momenti delle fioriture per indicare le ore e i minuti. Impossibile da realizzare in un giardino reale, è stato allestito dall’artista inglese Anna Ridler con l’aiuto di sistemi di Intelligenza artificiale. 

Qui le informazioni sull’incontro Dearest Fiona, MAMbo, sala conferenze, 29 ottobre 2023

(a.s.)

 

Temporanea: un’antologia decennale

Nel 2013, questo blog iniziò a pubblicare – in tempo reale – i frammenti di narrazioni collegati al giorno in corso. Accanto a questo nucleo di crononimi, già uscito in antologia cartacea presso Giunti col titolo Il gioco dei giorni narrati (1994), il blog proponeva (e continua a proporre) segnalazioni, riflessioni, appunti, sul tema della presenza del tempo nelle arti, raccolte nella sezione Dicono del tempo
Da quell’incipit sono passati dieci anni, durante i quali sono stati pubblicati circa 200 post, articoli sintetici arricchiti di collegamenti, che riguardano mostre, ricerche specialistiche, rassegne e convegni, libri, applicazioni, approfondimenti. 
Una scelta di questi testi è riportata ora  in un libro stampato dall’editore Bernacca Immagine (Roma, 2023), dal titolo Temporanea. Indagini e incontri su arte e tempo da Diconodioggi.it.
I testi compaiono in ordine cronologico, dal più recente al più antico, dal trattato di Cronosofia del filosofo belga Pascal Chabot, tradotto in italiano da Treccani Libri nel 2023, al calendario del 2013 dell’illustratore Paolo Bernacca, che ogni anno interpreta la cifra dell’anno nuovo con un gioco verbo-visivo. In mezzo, si dispiega la varietà degli incontri, con il filosofo Franco Rella alla Galleria Nazionale di Roma per il suo libro L’arte e il tempo, con Julius T. Fraser e la sua rete internazionale e interdisciplinare di studi sul tempo, con il Centro di Studi sulla memoria dell’Università di San Marino, con gli automi cellulari a cui lo scienziato Domenico Parisi insegnava a capire le scansioni temporali, con le iniziative sulla percezione del tempo durante la pandemia, con tanti artisti e artiste, curatori e curatrici.
Un aspetto rilevante del blog è che è stato popolato negli anni da contributi di specialisti, di filosofia e linguistica, di letterature, di musica, di arti, di spettacolo: i loro interventi – anche se non trascritti in questa antologia – sono sempre leggibili nel blog e l’elenco dettagliato è riportato in fondo al volume. 

 


“Perché stampare questo materiale su carta?” si è chiesta a suo tempo  anche Valentina Tanni, quando nel 2011 ha dato alle stampe una selezione dei dieci anni del suo blog Random, importante osservatorio quotidiano sulla net art avviato nel 2001: la forzatura del passaggio dall’ipertesto alla pagina era compensata, secondo lei, dalla ricostruzione di un percorso e di un quadro d’insieme. Come nelle traduzioni, qualcosa si perde e qualcosa permane: stampare il blog diventa così anche una verifica di consistenza dei singoli interventi e delle loro relazioni reciproche, nel tempo.
Per un’altra impresa simile, la stampa del blog Ideasonair che l’artista Chiara Passa ha tenuto vivo on line dal 2005 al 2012, Antonello Tolve – nel volume che raccoglie i materiali del blog –  sottolinea che la “dislocazione lineare dal web al cartaceo” rivela anche una riflessione sull’archiviazione, “intesa come territorio stabile, come corazza protettiva contro il tempo e contro i dissapori dell’evanescenza che a volte non lascia scampo e rende instabile una lettura, cancellandone i contenuti”.
Nato come traccia quotidiana di una cronomania, il blog diventa temporaneamente un libro, mentre la sua casa-madre continua a registrare gli affacci dei linguaggi sul tempo.

a.s.

 

L’eterno settembre del meteo

Nel settembre del 2023 Forward Edizioni ha pubblicato Sereno, un libro-d ‘artista della fotografa romana Fulvia Bernacca. Della dimensione di un palmo di mano, molto curato nell’allestimento, avvolto da una sovraccoperta di pergamino,  “Sereno è un viaggio tra le nuvole e nel tempo, un racconto visivo e poetico sulla figura del colonnello del meteo Edmondo Bernacca”.
Le pagine, alcune opache e altre trasparenti, creano diversi livelli di visibilità dei testi, leggibili al dritto e al rovescio, e delle immagini di cieli, carte meteorologiche, foto di famiglia che – come nel libro-gioco Più e meno di Munari – si sovrappongono, arricchendosi a vicenda di segni, sfumature, compresenze.
A trent’anni dalla scomparsa di Bernacca (1914-1993), il primo meteorologo della televisione italiana, la nipote Fulvia affida a un’opera visiva e tattile un possibile racconto della sua figura.
I documenti rinvenuti nell’archivio professionale e in quello privato, le tante informazioni e anche gli stereotipi sul celebre colonnello, che ha dato uno stile inconfondibile alle previsioni del tempo,  sono sottoposti dall’autrice a un processo di decantazione che li rende leggeri e connessi.
Chi fosse interessato alla storia biografica del protagonista, in questo libro non la trova, non in forma diretta e lineare; le tracce della sua vita e delle sue attività, della rete dei suoi affetti, così come  quelle della disciplina meteorologica, sono disseminate – con un loro ritmo – nel piccolo volume: una citazione, una serie di cieli, una definizione scientifica, una fotografia d’archivio, una carta del meteo, un testo autografo, di nuovo una serie di cieli e così via. 


Chi legge può scegliere con quale intervallo sfogliare il libro e accostarsi al suo ritmo, seguendo il tema del cielo (“che è stato sempre la mia vita, da militare e da giornalista”), la magnetica tassonomia delle nuvole, i disegni delle carte, le foto discrete della famiglia Bernacca, le immagini degli strumenti, le citazioni.
Diconodioggi ha seguito una presenza ricorrente in questa narrazione: quella delle date di settembre. Nato un 5 di settembre, scomparso un 15 di settembre, Edmondo Bernacca – riandando alle svolte della sua esistenza privata e lavorativa – si sofferma sull’affollarsi delle date di questo mese nella sua vita (“settembre punteggerà altre date importanti”). 
Mese di riflessioni, di cambi di stagione e di orizzonti, mese che esalta la sensibilità per il meteo e per il tempo, che sembrano muoversi insieme nelle correnti calde e fredde dell’aria e dell’ora.
Avvolto dalla sovraccoperta trasparente, Sereno è racchiuso fra due alette che portano disegnate le frecce dell’aria fredda e dell’aria calda, convergenti verso le pagine di un libro che fluisce.

Le immagini sono tratte dal sito Sereno di Fulvia Bernacca

(Antonella Sbrilli)

Alla ricerca di una cronosofia

 

Cronosofia: una saggezza del tempo che si dimostri adatta alle forme che il rapporto con la dimensione temporale ha preso nel mondo contemporaneo, dove quattro regimi competono e si affollano sulle nostre vite: il Fato ineludibile dei ritmi biologici, l’imperativo del Progresso, l’onnipresenza tirannica dell’Ipertempo tecnologico, la minaccia della Scadenza legata alla catastrofe ecologica.
Il filosofo belga Pascal Chabot, nel suo saggio Avoir le temps. Essai de chronosophie, propone un affondo in queste forme del tempo, comparando la loro presenza, seguendone le trasformazioni, registrando le singolarità.
Si addentra nell’analisi degli schemi del tempo, quelle “strutture civili” condivise da gruppi sociali nelle varie epoche; lavora – consapevole che il tema “mette duramente a prova il nostro linguaggio” – sulle parole e le metafore del tempo; si appoggia a creazioni artistiche (i glifi di Nazca, la lanterna di Borromini, il monumento di Tatlin, la Spiral Jetty di Smithson, fino a Sphere Spirals di Escher) per illustrare le sue considerazioni sulla spirale che unisce forme cicliche e lineari.
Passando agilmente da considerazioni filosofiche a esempi della nostra via quotidiana, da fonti mitologiche a manufatti e dispositivi della tecnica, dalla sociologia alla finanza, Chabot conduce il lettore al punto apicale del suo ragionamento.
Nel capitolo dedicato alla figura della Scadenza, la frase “non avere tempo” – da cui il saggio aveva avuto inizio – si espande dalla condizione individuale alla prospettiva della sopravvivenza del genere umano sulla terra, generando nuovi sentimenti, come ad esempio “l’afuturalgia, il dolore di sentirsi privati di un futuro”. Lungi da atteggiamenti apocalittici e riduzionisti, Chabot invita a ragionare sulla necessità di pensare in quattro dimensioni, affrontare insieme i quattro schemi, fondere il diacronico e il sincronico in una “meta-spirale” aperta e complessa.
L’ultimo paragrafo è dedicato al concetto dell’Occasione, il momento opportuno, il kairos del pensiero greco. “L’Occasione” – dice Chabot – “è come un’uscita dal tempo”, è il momento della risoluzione veloce, dell’agire, del cogliere un’opportunità; è anche il tramite per “uscire dalla filosofia, per concretizzare la cronosofia”.

Pascal Chabot, Avere tempo. Saggio di cronosofia (2021), tr. it. S. Bertolini, Treccani Libri 2023

Come il tempo si rivela nell’arte: un libro di Beatrice Peria

“Parlare di prospettiva invisibile significa riconoscere l’esistenza di un’altra prospettiva“, scrive la storica dell’arte Beatrice Peria in un libro importante, in cui l’autrice affronta da docente e da iconologa il tema immenso della presenza del tempo nelle espressioni artistiche dal medioevo al contemporaneo.  Accanto alla prospettiva geometrica che organizza l’esperienza e la rappresentazione dello spazio, la studiosa si interroga sulla prospettiva invisibile del tempo, suggerendo, sin dall’incipit del volume, che “il tempo può essere espresso, implicato, evocato, comunicato, ma forse non rappresentato (…) se non in modo obliquo, attraverso forme e modi altri che qui vogliamo cercare di mettere in luce”. Le forme e i modi che Beatrice Peria presenta sono il frutto di una ricerca lunga e consistente, basata su fondamenti teorici e storici che includono Aby Warburg ed Etienne Souriau, su una ricchissima selezione di opere (benissimo illustrate nel testo) e su una struttura in cinque capitoli che servono allo stesso tempo da isole tematiche e da bussole per orientarsi nella lunga trasformazione della storia delle immagini. Il primo capitolo, dedicato ai Calendari, si apre con i calendari figurati, le raffigurazioni dei mesi e dei lavori, i cicli astrologici, e arriva all’epoca contemporanea, dove la griglia calendariale è intesa come dispositivo concettuale. Il secondo capitolo tratta del tema della Vanitas rintracciando la metamorfosi dei suoi simboli, teschi, frutti, bolle di sapone, dal grande repertorio della pittura rinascimentale e barocca ai linguaggi che esprimono la fragilità dell’epoca presente. Nel terzo capitolo La Narrazione il tempo è analizzato all’interno delle strategie di narrazione per immagini, e qui gli esempi arrivano anche dal mondo antico, appoggiandosi a fonti teoriche, estetiche, linguistiche. Istante/Durata è il titolo del quarto nucleo di indagine, in cui le serie di Monet, così come la cronofotografia rivelano l’emergere di un desiderio di rappresentare la trasformazione incessante del visibile; desiderio che procede nel tempo e si ritrova, modificato, in tanti esempi di fotografia contemporanea. Infine, Memoria/memorie conclude l’impresa di questo volume, intessendo un ragionamento sui rapporti fra memoria e immagini, documenti, storia, con omaggi all’Atlante Mnemosyne di Warburg e a protagonisti del Novecento come Richter, Kiefer, Boltansky.
Uno dei pregi del libro è proprio l’accostamento giudizioso fra passato e presente, fra opere del canone tradizionale ed espressioni contemporanee, che sbalzano il lettore da una temporalità all’altra, rivelando affinità, anacronismi, continuità e sorprese, che danno una scossa al flusso del tempo.

Beatrice Peria, La prospettiva invisibile. Forme visuali della temporalità nell’arte, L’Erma di Bretschneider, Roma – Bristol, 2022