Intervallo

Intervallo è una pubblicazione e una mostra: il libro, composto da disegni di Paolo Bernacca e da dialoghi di Stefano Scialotti, è edito da Bernacca edizioni (piccola raffinata casa editrice specializzata in grafica) e la mostra  espone le tavole originali alla libreria Fahrenheit 451 e nel foyer del cinema Farnese di Roma, Campo dei Fiori.
Dal 3 al 17 giugno 2021, “sotto l’alto patronato di Giordano Bruno”, come si legge nell’invito, si può entrare, a due a due, nei locali della storica libreria di Catia Gabrielli per percorrere con lo sguardo le tavole e sfogliare le pagine di questo passo doppio.
“All’inizio non c’era nessuna idea precisa, come sempre” – scrive Stefano Scialotti, l’autore dei testi  -, solo una insofferenza per i racconti ripetitivi del secondo anno di pandemia e l’idea di combinare qualcosa con l’amico, complice di molte imprese verbo-visive, Paolo Bernacca.
“Lui mi manda un po’ di disegni di Roma vuota. Panorami della Città Eterna in un campo grigio morbido. Un tempo sospeso. Da molti anni io ero fissato con una serie di brevissimi racconti: Banalità. Alla fine i disegni hanno ispirato un’evoluzione delle mie vecchie banalità e viceversa i dialoghi hanno creato un percorso anche per i disegni”.
Ha origine così la combinazione felice fra i disegni romani di Paolo Bernacca, maestro dello sketchcrawl (maratona di disegni e acquerelli che testimoniano un’escursione, una flânerie nei luoghi prescelti) e i testi a dialogo fra LEI e LUI di Stefano Scialotti (regista, documentarista e scrittore, fra l’altro, di un libro dal titolo Lennon not Lenin. Il muro di Berlino erano due). 


I disegni sono una ventina e, per chi conosce la città, scatta subito l’invito a ricostruire il punto da cui l’artista ha tracciato la veduta, da quale ponte sul Tevere, da quale finestra, da quale parapetto si è affacciato; e poi viene voglia di farsi piccoli per entrare nei dettagli delle finestre, del selciato, degli scorci in discesa. Lo sguardo di Bernacca su Roma è pieno di cura per le cose, i monumenti, i platani, e per le persone, prova ne sia la scritta Free ZAKI che compare, discreta ma decisa, su un cartello. 
Accanto a ogni disegno, si trovano i testi di Scialotti, identificati da categorie che costruiscono una lista eloquente (Depressione, Vuoto, Impossibilità, Inerzia, Stupidità, Concerto, Solitudine, Schizofrenia, Ossimoro, Sciocchezze, Capriola, Finzione, Circolo vizioso, Tran tran, Credo, Problema, Bella domanda, Solo, Fine del mondo) e da un numero, a volte altissimo, come se l’autore avesse estratto il testo da una raccolta senza fine o stesse giocando con i segni, vedi per esempio “Circolo vizioso n. 1001”.
Volendo, si può cercare quali fili leghino i dialoghi con i disegni (“Ma tu ti senti isolato?” è la battuta d’inizio del testo che si accompagna a uno scorcio dell’isola Tiberina), mentre il fiume scorre, con i tratti chiari sul fondo grigio della carta, in corrispondenza di domande ricorrenti “E poi cosa succederà? / Niente di nuovo penso”.
Per la sua natura, questa doppia raccolta mette in risonanza due tracce di esperienza (disegni e testi, domande e risposte, LUI e LEI) e le porge a chi ha voglia di essere coinvolto nel gioco.
Che poi, gli schizzi di Bernacca sono sketch e i dialoghi di Scialotti anche, nel senso che questa parola ha nello spettacolo, dove indica una scenetta, che capta una situazione e la restituisce in poche battute. Qualcuno ricorda, o ha sentito parlare, di un programma radiofonico degli anni Sessanta/Settanta, Eleuterio e Sempre Tua, in cui due grandi attori, Paolo Stoppa e Rina Morelli, interpretavano scenette di vita quotidiana d’antan, dove si affacciava l’attualità, per esempio nel 1973 l’austerity.
Cinquant’anni dopo, la pandemia occupa lo spazio della coppia senza nome di Intervallo e l’arguzia coniugale di allora è ridotta all’osso di poche parole, dove il tempo, il vuoto, il presente-remoto spadroneggiano. 
Banalità, voleva intitolarle Scialotti, ma poi la scelta del titolo è caduta su una parola molto evocativa: l’intervallo, quello fra le lezioni, quello – remoto e musicale – nella programmazione televisiva, quello dei cinema degli anni ’60, quando la pausa fra il primo e il secondo tempo – è sempre Scialotti a scriverlo – “permetteva di andare al bagno, chiacchierare, comprare bibite e gelati”. 
Ben ci sta dunque questa mostra nel foyer del cinema Farnese (e nella libreria all’ombra di Giordano Bruno). 

Antonella Sbrilli

Paolo Bernacca, Stefano Scialotti, Intervallo, edizioni Bernacca, Roma 2021
Roma, Libreria Fahrenheit 451, Campo dei Fiori 44 e foyer del Nuovo Cinema Farnese (3-17 giugno 2021)
Paolo Bernacca sketches on line
Stefano Scialotti video su vimeo

Muri fuori sincro in un libro di Stefano Scialotti

Stefano Scialotti è un regista di documentari che affrontano i temi – per lui sempre intrecciati – dei diritti umani, dell’infanzia, del gioco e dell’arte in tutte le sue variegate espressioni. Chi vuole conoscere alcune delle sue realizzazioni può seguirlo sul canale Vimeo, dove i video caricati mantengono una traccia, quasi un diario, delle sue tante imprese in giro per il mondo. Dai sogni onirici dei bambini, alla liberazione dei cortili, passando per la documentazione alternativa delle Biennali (non solo quella di Venezia), Scialotti si muove sempre come un creatore di situazioni collettive, director di incontri e di fenomeni il cui racconto filmato è solo uno degli esiti possibili e sperati.
Uno dei temi a cui Scialotti sta dedicando da anni energie, viaggi e impegno è quello dei muri che separano le frontiere calde del panorama geopolitico attuale: manufatti edilizi che condensano materialmente e metaforicamente l’esclusione, anche violenta.
Dal confine fra Stati Uniti e Messico, al campo Aida di Betlemme, in collaborazione con volontari, ricercatori, artisti, attivisti, Scialotti trasforma lo spazio desolato prossimo ai muri in un luogo di avvenimenti inaspettati, che coinvolgono i bambini del posto in partite di calcio e altri giochi in virtuale dialogo con i bimbi dell’altra parte.
All’origine di questo interesse profondo, c’è un’esperienza condotta da Scialotti davanti al muro per antonomasia, quello di Berlino, eretto nel 1961 e smontato nel 1989. A questo muro, Scialotti ha dedicato riflessioni e azioni, fotografando – nel corso degli anni ’80 – il palinsesto di scritte di cui la sua facciata occidentale si copriva, immaginandone la parete nascosta verso Berlino est, organizzando performance e spettacoli (fra cui uno al Piper di Roma, nei primi anni Ottanta).
Tutto questo materiale, rielaborato con un estro fantastico e tecnologico che rivela la formazione di Scialotti – ingegnere elettronico appassionato di fantascienza – e la sua attitudine alla ricerca creativa, è diventato Lennon not Lenin. Il muro di Berlino erano due, un libro pubblicato dall’editore Fausto Lupetti e collegato alla campagna iorompo.it del quotidiano “il manifesto”. 
Tutto è doppio in questo racconto: le facce del muro, nella città dal “cielo diviso”, così come le realtà, quella corrente in cui si svolge la storia  e quella virtuale del dispositivo di Intelligenza Artificiale (anzi di Vita Artificiale, il cui nome è Continua-Mente), che interagisce con i protagonisti. Le vicende raccontate – in capitoli brevi e dallo spirito ipertestuale – si srotolano fra il 13 agosto 1981 (vent’anni esatti dopo l’inizio della  costruzione del muro),  quando un gruppo di artisti, “reduci un po’ disadattati del ’68”, fonda il collettivo utopico No Future Project, e il 25/26 marzo del 1991, quando il gruppo si ritrova in cerca di uno dei componenti, Ario, che è scomparso. La strategia investigativa adottata nella ricerca scatena un corto-circuito di tecnologie, culture e tempi, che è il fulcro della narrazione:  procedendo nella lettura, ci si accorge che i nomi dei protagonisti sono connessi alla Divina Commedia, a cui alludono anche le date di marzo in cui si ambientano le vicende; e così il viaggio di ricerca si riflette e si raddoppia nei versi del poema dantesco che Continua-Mente cita in risposta alle domande che le vengono poste. L’aldilà e l’aldiquà, la storia e la finzione, la realtà e la virtualità,  lungi dall’essere per forza domini separati da muri e confini, rivelano – a saperli trovare – tanti ponti e punti di connessione, fatti di parole e giochi con le parole, immagini fisse, spezzoni di video, telepatie, frammenti “fisici e grafici”. Come spiega Francesco Antinucci nella prefazione al libro, le storie che lo compongono “corrono parallele ma a un certo punto scivolano l’una rispetto all’altra, così che i loro personaggi vanno fuori sincro o nel tempo o nello spazio, creando e vivendo realtà inesistenti (né mai esistite) fatte di pezzi rigorosamente esistenti (o esistiti)”.
Il fuori sincro funziona anche in queste pagine di Scialotti come un modo di raccontare gli strati non lineari delle storie e della storia, ripescando dal magma del tempo segnali ancora trasmissibili, fra cui emergono – ancora potenti e argute come Lennon, not Lenin – alcune delle  scritte del muro di Berlino.

a.s.

Il video Lennon not Lenin di Stefano Scialotti con Davide Canazza