Giorni da robot
Lo scrittore canadese Douglas Coupland, esperto di media (autore fra l’altro di Generazione X e Microservi), si chiede – in una pagina del suo romanzo Il ladro di gomme (2007) – come dovevano sembrare i giorni prima che “inventassero” la settimana. “Immagina svegliarsi la mattina e non sapere che giorno della settimana è. Doveva essere stranissimo”. Dalle settimane Coupland passa a ragionare su altre scansioni temporali: “Adesso torniamo ancora un po’ indietro nel tempo – a prima che gli uomini dessero un nome alle quattro stagioni. Uno viveva la vita dicendo: Ehi, adesso fa più freddino – il freddo di solito arriva dopo una fase più lunga di bel tempo – e se la memoria non mi inganna, tra un centinaio di altre dormite tornerà di nuovo il caldo”.
Qualcuno – decine di migliaia di anni fa – ha cominciato a elaborare l’idea di un calendario, imprigionando in segni le osservazioni sulla ciclicità dei fenomeni naturali, diversi a seconda della latitudine, ma sempre ricorrenti, e collegati prima di tutto ai ritmi sonno-veglia degli esseri umani e alla memoria.
Ora, in un laboratorio del Cnr (http://www.istc.cnr.it/group/laral) di Roma, lo scienziato Domenico Parisi sta lavorando alla programmazione di robot che, lungi dall’essere solo esecutori di ordini, siano dei piccoli laboratori per studiare le origini dei comportamenti umani. I comportamenti di questi robot non sono il risultato diretto e lineare delle istruzioni, ma tendono a emergere autonomamente nel corso delle generazioni o nel corso della vita, grazie all’uso di reti neurali che evolvono e apprendono.
Se qualcuno – in tempi preistorici – ha inventato la misura del tempo (come prodotto dell’interazione fra biologia umana e sistema solare), i piccoli robot di Parisi sono messi nelle condizioni di re-inventare il tempo, come prodotto di un ambiente artificiale.
Il primo segnale temporale che i robot elaborano – spiega Domenico Parisi – è l’alternanza giorno-notte, a partire dal ciclo sonno-veglia, che nella macchina corrisponde a risparmio di energia-attività. Quando è buio, i robot si fermano ma, grazie allo sviluppo di un orologio biologico, imparano a distinguere fra buio notturno e buio locale. I robot si fermano quando è notte ma non, per esempio, quando sono dentro a una caverna e “fuori” è ancora giorno. Ora Parisi sta lavorando a robot che capiscano e producano parole come ora, prima, dopo, nel frattempo e che siano in grado di misurare il tempo. Questa e altre caratteristiche sono presentate nel suo prossimo libro Future robots: human or humanoid? (editore Benjamins di Amsterdam).
Indurre nei robot la necessità di conoscere e misurare il tempo comporta chiedersi che cosa sia il tempo in senso operativo, osservando fenomeni che sono insieme banali ed epocali, prosaici e metafisici. E su questo potranno forse aggiungere qualcosa anche questi robot futuri, in grado di darsi appuntamenti, di ricordare una ricorrenza, di prevedere e preoccuparsi della propria fine; robot in grado di sapere che giorno è oggi e che cosa è “oggi”.
Antonella Sbrilli (@asbrilli)