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Oggi
ciliegi, Kawabata, rituali
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“Qui nel Kansai è una tradizione. Siccome il giorno della festa, il tredici aprile, i ciliegi sono fioriti, il recinto del tempio della Ruota della Legge dove si venera Kokuzo, è sempre affollato.”
Oltre il ponte si distingueva la tinta sgargiante con cui era dipinta la pagoda del tempio della Ruota della Legge. Aoki parlò della ‘Festa delle Imbarcazioni’. Veniva organizzata nella stagione in cui il verde era più tenero, a imitazione degli svaghi dei nobili che salivano sulle imbarcazioni a dilettarsi di poesia, di canzoni e di musica. All’epoca degli aceri rossi a queste imbarcazioni si aggiungevano quelle del tempio del Drago Celeste… Ma era difficile, d’inverno, immaginarsi la gaiezza di quella festa
Yasunari Kawabata, Arcobaleni, 1950, tr. it. L. Origlia, Tea, 1994, p. 176
La data del 13 aprile è richiamata verso la fine della storia, quando diverse tragedie sono accadute intorno alla giovane Momoko. Mentre passeggia – in inverno – nei pressi del tempio, quel giorno di aprile appare difficile da immaginare, ma è ugualmente una presenza, al pari delle altre manifestazioni della natura – come gli arcobaleni e i ciliegi fioriti – che costellano questo racconto.
Dicono del libro
Dicono del libro
“Qual è l’origine dell’intima inquietudine di Momoko, la giovane figlia dell’architetto Mizuhara, che la porta a un’intensa, disordinata vita sentimentale? Una latente omosessualità, oppure il senso opprimente di una condizione femminile votata al martirio? (…) Intorno a Momoko s’intravede un fitto labirinto familiare, fatto di evanescenti presenze e di pesanti assenze, in cui la tristezza e il rimpianto di non essere compresi marchiano ogni relazione di sangue, in cui la vita sembra fatta più di sentimenti che di avvenimenti”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Tea op. cit.)
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Oggi
dolci votivi, rituali, Sant'Agata, Torregrossa
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Barcellona, 5 febbraio
“Santino, guarda bene quello che devi fare: la farina la metti a fontana, poi aggiungi la sugna, le uova e poi mescoli tutto insieme.”
“E la ricotta, mamma?”
“Dopo. Ma le mani le hai pulite?”
“Sì, mamma.”
“E allora impasta, che la forza ce l’hai, sennò che uomo sei?”
Santino è un bimbo dolce e vivace e oggi per la prima volta mi aiuta a preparare le magiche cascatelle. Il giorno del parto ho promesso alla Santuzza che mai più avrei dimenticato di preparare i dolci votivi il cinque di febbraio.
“Va bene, io impasto forte, ma tu, mamma, continua la storia…”
Giuseppina Torregrossa, Il conto delle mine, 2009, Mondadori
Dicono del libro
“Ogni anno nonna Agata vuole accanto a sé la nipote Agatina per insegnarle i segreti dei dolci in onore della Santa di cui entrambe portano il nome. Mentre impastano le cassatelle a forma di seno, le “minne”, la nonna racconta il martirio della Santuzza, cui il crudele console Quinziano, non sopportando di sentirsi respinto, fece tagliare le mammelle. La drammatica vicenda rivela una delle regole del mondo maschile: “… devi sapere che gli uomini, se non ci provi piacere quando ti toccano, si sentono mezzi masculi, ma guai a te se ci provi piacere, perché allora ti collocano tra le buttane”. Parte da qui il “cuntu”, il racconto, della storia di una famiglia siciliana e delle sue donne straordinarie. Per ciascuna di loro, fino alla piccola Agatina che dovrà diventare grande, le minne hanno un significato speciale: grandi o minuscole, aride o feconde, amate senza pudore o trascurate da uomini disattenti, sane o malate, diventano la chiave per svelare i più intimi segreti della femminilità e dell’orgoglio di generazioni di donne e di una in particolare, forse la più coraggiosa.'”
(dalla scheda del libro sul sito ibs)
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