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antropocene, metafora del tempo, Pietro Ruffo, tempo
Pietro Ruffo è un artista che sa raccontare lo spazio geografico e urbano, il tempo nelle sue scansioni minute ed epocali, i percorsi del genere umano sul pianeta, la scala delle foreste primordiali e l’hortus conclusus di un giardino. Summa eccezionale di queste capacità di Ruffo, e del suo interesse per il destino degli esseri viventi e del pianeta in cui co-evolvono, è la mostra dal titolo L’ultimo meraviglioso minuto, aperta al Palazzo delle Esposizioni di Roma (ottobre 2024-febbraio 2025), curata insieme con Sébastien Delot.
Il titolo si collega a un passo dell’archeologa Rebecca Wragg Sykes, in cui la metafora dei dodici mesi serve a visualizzare il momento dell’arrivo dell’homo sapiens sulla scena: se i dinosauri compaiono verso Natale, l’uomo si affaccia “allo scoccare della mezzanotte, l’ultimo minuto del 31 dicembre”.
La mostra si articola in diversi ambienti (Le Monde Avant la Création de l’Homme, L’ultimo meraviglioso minuto, De Hortus, Antropocene Preistoria, Il Giardino planetario) che amalgamano quadri, di dimensioni e forme multiple, ed esperienze immersive.
Palazzo delle Esposizioni, Roma, via Nazionale; a cura di S. Delot
catalogo, edizioni Drago.
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antropocene, giardino planetario, Pietro Ruffo, tempo
Allestita nella galleria Lorcan O’Neill di Roma, la mostra Il Giardino Planetario espone una serie di opere recenti che l’artista Pietro Ruffo dedica al tema del complesso equilibrio fra specie umana e pianeta, raccolte sotto al titolo Antropocene.
Ai visitatori che si aggirano nella prima sala della galleria, scenograficamente arricchita da tendaggi su cui è riprodotta una imponente foresta primordiale, la prima cosa che Ruffo dice è che la Terra si è sempre modificata e continuerà a farlo e che il punto su cui concentrarsi non è tanto e solo la nostra capacità di rovinare il pianeta, quanto quella di distruggere la nostra possibilità di vivere in esso, su di esso, insieme.
Artista, architetto – che di volta in volta si fa studioso di cartografia, botanica, geologia, antropologia, archeologia – Ruffo si ispira per il titolo della mostra a un saggio omonimo di Gilles Clément, il filosofo paesaggista e agronomo francese autore del Manifesto del terzo paesaggio, mentre le singole opere fanno riferimento al concetto di antropocene, una definizione che – con una dose di presunzione – usa il nome della nostra specie per definire un’era evolutiva.
Nella scia delle sue creazioni, caratterizzate dall’uso di mappe geografiche e carte antiche, dall’intaglio e dalla sovrapposizione di strati, Ruffo dà vita a una collezione di vedute arricchite: ogni immagine rappresenta un luogo in cui è stato ritrovato un teschio dei nostri antenati; da questo incipit si dispiega il palinsesto di forme vegetali, animali, minerali, cartografiche, raccordate da inserti di colore e dalla sagoma, spesso dissimulata e latente, del teschio di partenza.
«Questi lavori sono dei lavori classici sul paesaggio a cui però ho voluto aggiungere anche un elemento legato al tempo», spiega bene Ruffo. Ogni opera richiede infatti una strategia di indagine che sfogli percettivamente e cognitivamente gli strati di tempo accumulati in una porzione di paesaggio, avvicinati da Ruffo – con sapienza e leggerezza – in un modo che richiama gli assemblaggi di Piranesi, i libri animati dell’Ottocento: diorami dello spazio tempo da smontare e rimontare con responsabilità e piacere.
Pietro Ruffo, Il Giardino Planetario, Galleria Lorcan O’Neill, Roma, vicolo dei Catinari
14 marzo 2023 – 29 aprile 2023
Il sito dell’artista: pietroruffo.com
(a.s.)