100 modi di considerare il Tempo: l’esperienza di Marilyn Arsem

Cento modi di considerare il tempo: l’esperienza di Marilyn Arsem
di Lucrezia Sinigaglia
“If viewers have the time to allow themselves to slow down with me, small details will become visible”, così afferma Marilyn Arsem invitando il pubblico dell’MFA (Museum of Fine Arts) di Boston a prendere parte alle sue performance, in corso fino al febbraio 2016.
Marylin Arsem è un’artista americana, nata nel 1951. Dopo essersi laureata presso l’Università di Boston, ha iniziato a lavorare nel campo dell’arte performativa dal 1975.
Fondatrice del Mobius Artist Group di Boston (1977), un movimento di artisti che fondono assieme più tipologie d’arte all’interno dei loro lavori, ha vinto nel 2015 il “Museum of Fine Arts, Boston’s Maud Morgan Prize 2015”: un premio che viene assegnato ogni due anni a una artista donna del Massachusetts e che consiste in una somma di 10.000$ con la possibilità di un’esposizione o un’esibizione presso l’MFA.
Arsem Sinigaglia 1

Dal 9 novembre 2015 fino al 19 febbraio 2016 è possibile assistere a una serie di sue performances presso la Galleria 261 dell’MFA di Boston. Il lavoro della Arsem prende il nome di 100 Ways to Consider Time ed è un invito a mettere in pausa la vita e vivere il momento presente, fornendo una tregua temporanea al ritmo frenetico della quotidianità moderna. Marylin Arsem e l’MFA offrono al pubblico, per tutto il corso della mostra, la possibilità di partecipare a questo progetto, contribuendo con riflessioni che trattino il tema del tempo nella propria vita per posta, e-mail, o attraverso l’uso dei social network. Le osservazioni delle persone entreranno a far parte della documentazione della performance di Arsem e una selezione sarà pubblicata dall’MFA.
Le sue azioni durano sei ore al giorno per una durata totale di cento giorni. Ogni giorno la Arsem si focalizza su una singola attività che segna il passaggio del tempo; fra le tante proposte dell’artista, elenchiamo come esempi: contare senza interruzioni da uno a 5.800; passeggiare in percorsi circolari fino a raggiungere dieci miglia totali; fissare una sfera di ghiaccio che lentamente si scioglie; frantumare pietre di marmo fino a trasformarle in polvere.
Impegnare sei ore al giorno, tutti i giorni, è dispendioso; la stessa Arsem afferma che lo scorrere del tempo viene percepito in base a quello che sta facendo, al suo stato d’animo, a quello che sta pensando e al tipo di esigenze fisiche di cui risente il suo corpo. Questa operazione artistica rievoca immediatamente alla memoria la grande performance tenutasi al MoMA nel 2010 – dal 14 marzo al 31 maggio – “ The artist is present” di Marina Abramovic, nella quale l’artista, per sei giorni alla settimana, dall’apertura alla chiusura delle porte del museo, seduta immobile all’interno di una grande sala vuota, si è messa a disposizione del pubblico ospitando uno alla volta gli spettatori nella sedia posta di fronte di lei.Arsem Sinigaglia 2
Come possiamo vedere sia la Abramovic che la Arsem puntano ad un tipo di arte dal vivo, spesso partecipativa, ma “effimera”, perchè scompare non appena accade e soltanto la documentazione o un racconto di quello che è successo può testimoniarla.
L’arte invita alla riflessione e il lavoro di Marilyn Arsem, come quello di tanti altri artisti, non solo contemporanei ma anche del passato (basti pensare al famoso dipinto “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?” di Gauguin presente proprio presso l’MFA di Bsoton), è di interrogarsi su domande che riguardano la vita e l’esistenza. Tali interrogativi spesso rimangono con noi anche dopo aver visto l’opera d’arte e spesso le risposte che troviamo cambiano a seconda di come cambia la nostra conoscenza del mondo. La Arsem afferma che l’opera d’arte assume tanto più significato quanto più tempo la si passa ad osservare. Come lei stessa afferma nelle risposte a un’intervista del gennaio 2016 “It requires an investment of yourself to ‘receive’ anything in return.  It is a dialogue”. Un “dialogo”, talvolta silenzioso, che offre l’opportunità di prendere in considerazione le proprie preoccupazioni circa il passaggio del tempo.
Lucrezia Sinigaglia

Immagini e risposte: courtesy Marilyn Arsem

Tre volte dieciluglio


10 luglio PietroiustiIl 10 luglio 2008, l’artista romano Cesare Pietroiusti per cinque ore, dalle 15 alle 20, si rese disponibile a rispondere a qualunque domanda il pubblico volesse porgli. La sede di questo evento dal titolo Una risposta a ogni domanda fu il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università Sapienza di Roma, o meglio – vista la giornata calda – il portico esterno, dove erano collocate sedie, computer e un ventilatore. Mentre un gruppo musicale – lì accanto – provava il concerto che avrebbe avuto luogo la sera, molte domande sull’arte hanno riempito quel pomeriggio. Un pomeriggio che, nel suo svolgimento, è un esempio di arte relazionale, un tipo di arte che – più che alla realizzazione di opere – mira al coinvolgimento attivo del pubblico, lasciando segni, memorie, spunti che ognuno può riprendere, proseguire e fare propri.  Al termine del pomeriggio, Pietroiusti (artista attento agli aspetti temporali delle opere, alla loro scadenza, ai loro passaggi) ha invitato, chi volesse, a replicare dopo un anno l’evento appena concluso, rimettendolo in moto con la pratica del re-enacting. E così è accaduto il 10 luglio 2009, quando l’opera-evento di Pietroiusti è stata riproposta, col titolo dieciluglioduemilaotto + 1. Luciano Nestola ha ricostruito la scena e il sonoro di quel pomeriggio; Laura Leuzzi ha raccontato come in un diario quella giornata un an après; Emanuele Sbardella ha usato la piattaforma Yahoo! Answers per proseguire il gioco delle domande e delle risposte. E l’anno successivo, 2010, di nuovo il 10 luglio, è stato riattivato un altro di questi anniversari di una performance (titolo anche di un libro dedicato al tema). Antonella Sbrilli (@asbrilli)