21 Ottobre

21 ottobre 2024

« »

Sono passati alcuni mesi, e non ci sono più né un potere, né un esercito, né un’amministrazione. I  patrioti russi avevano riposto tutte le loro speranze nell’atamano Semënov, che Kolčak aveva designato come suo rappresentante e che i giapponesi, nostri alleati, sembravano decisi a sostenere. Ora, nella notte tra il 20 e il 21 ottobre, i partigiani sono entrati a Čita e l’atamano è fuggito in aereo portando con sé le riserve auree. I giapponesi non hanno mosso un dito. I comunisti sono a un passo dal trionfo. Il popolino li ha accolti ovunque con grande entusiasmo (…) Ora, Ungern è scomparso. Dove si troverà in questo momento? In nessun luogo e ovunque

Vladimir Pozner, Il barone sanguinario, 1937, tr. it. L. Di Lella, G. Girimonti Greco, Adelphi, 2012, p. 132

Nel Barone sanguinario di Vladimir Pozner risuonano nomi di luoghi e popoli così lontani da sembrare vicini al fascino di un oriente crudele e remoto: ci sono Cosacchi, Atamani, Mancesi, Giapponesi, Mongoli e Siberiani; mentre gli eserciti e i dispacci viaggiano ad Harbin, a Urga, nel Turkestan, a Pechino. L’oriente che viene raccontato è crudele, sì, ma non remoto. Siamo lontani sia da Gengis Khan che da Tamerlano. Si svolge tutto negli ultimi anni della Rivoluzione di Ottobre, quando gli eserciti dei Bianchi sono ormai scompaginati e in rotta, quando si formano, nell’Asia più profonda, piccoli regni indipendenti intorno a generali reazionari e realisti. Il Barone sanguinario è uno di questi; il nome che si nasconde dietro l’appellativo è quello di Ungern che ricorda, sia per la durezza dei fonemi, che per quella del personaggio, il colonnello Kurtz di Coppola. È un nobile crudele, ossessionato dalla numerologia e dalle carte astrali; spietato sopra misura. L’autore in questo romanzo prova a ripescarne il ricordo – già sbiadito- prima nella Parigi degli anni ’30, intervistando tassisti e salumieri russi che rievocano con nostalgico godimento la loro vita passata, quando loro erano i generali fedeli ai Romanov. Poi attraverso i documenti, i giornali,  le date che riportano alla capitolazione del vecchio regime: ed ecco risaltare  la notte del 21 ottobre, fra assalti, ritirate e complotti. (Commento di Valentino Eletti)

 

Dicono del libro

Continue reading “21 Ottobre” »

22 Agosto

22 agosto 2024

« »

Così arrivò il ventidue di agosto e così vennero le tre Notti di Ferro.
La prima Notte di Ferro. Alle nove il sole tramonta. Sopra la terra si stende un’ombra opaca, si vedono alcune stelle e, due ore dopo, appare un barlume di luna. Col fucile e col cane me ne vado nel bosco, accendo un focherello e il bagliore della fiamma si insinua fra i tronchi dei pini. Non c’è brina.
La prima Notte di Ferro! dico fra me. E una gioia violenta per il tempo e il luogo mi confonde e mi scuote stranamente

Knut Hamsun, Pan, 1894, tr. it. E. Pocar, in Pan. L’estrema gioia, Mondadori, 1941, p. 88-89

Il tenente Glahn ricorda l’estate del 1855 , quando “il tempo passava molto veloce, senza confronto più veloce di adesso”. Nella foresta norvegese di betulle, popolata di animali ma anche carica di silenzi, Glahn ha trascorso un tempo speciale, in ascolto della natura e di sé stesso. Più adatto alla vita solitaria che alle relazioni umane e amorose, Glahn è sensibile a ogni manifestazione della natura, alle lievi variazioni di luce e calore che accompagnano il cambiamento della stagione. La notte del ventidue agosto – la prima delle notti di agosto in cui comincia ad apparire il primo ghiaccio – il sole tramonta alle nove e Glahn si prepara a passarla all’aperto, mentre un aurora boreale “passa sopra il cielo del Nord”. Lo scrittore norvegese Knut Hamsun – premio Nobel nel 1920 – era nato nel 1859, il 4 agosto.

Dicono del libro

Continue reading “22 Agosto” »

12 Agosto | August 12th

12 agosto 2024

« »

For the past eight years, always starting on August twelfts, Ruth Young lost her voice.
The first time it happened was when she moved into Art’s flat in San Francisco. For several days, Ruth could only hiss like an untended teakettle. She figured it was a virus, or perhaps allergies to a particular mold in the building.
When she lost her voice again, it was on the first anniversary of living together, and Art joked that her laryngitis must by psychosomatic. Ruth wondered whether it was. When she was a child, she lost her voice after breaking her arm. Why was that? On their second anniversary, she and Art were stargazing in the Grand Tetons. According to a park pamphlet, “During the peak of the Perseids, around August 12th, hundreds of  ‘shooting’ or ‘falling’ stars streak the sky every hour. They are actually fragments of meteors penetrating the earth’s atmosphere, burning up in their descent”. 

Amy Tan, The Bonesetter’s Daughter, 2001

Erano otto anni che Ruth Young, il dodici agosto, perdeva la voce. La prima volta era capitato quando aveva traslocato in casa di Art, a San Francisco. Per diversi giorni, dalla bocca non le erano usciti altro che sibili, un po’ come un bollitore dimenticato sul fornello. Lì per lì, aveva pensato che si trattasse di un virus, o forse di un’allergia a qualche muffa strana che cresceva solo lì. L’anno successivo, proprio quando cadeva il primo anniversario della loro convivenza, aveva perso di nuovo la voce e Art, scherzando, aveva alluso alla possibile natura psicosomatica di quella laringite. E lei aveva cominciato a chiedersi di cosa si trattasse esattamente. Si ricordò che una volta, da bambina, quando si era rotta un braccio, per alcuni giorni aveva perso la voce. Come mai? Nel secondo anniversario della loro convivenza, Ruth e Art erano andati ad ammirare le stelle, nel Parco Nazionale dei Monti Tetons. A sentire il dépliant del parco, “durante il picco delle Perseidi, attorno al dodici agosto, il cielo è solcato da centinaia di stelle cadenti o filanti”

Amy Tan, La figlia dell’aggiustaossa, 2001, tr. it. L. Noulian, Feltrinelli, Milano, 2002, p. 17

Le stelle cadenti visibili nelle notti di agosto, a cui si affidano i desideri, sono invece – per la vecchia madre cinese di Ruth – legate ai fantasmi, e non vanno guardate. Ruth, cresciuta negli Stati Uniti, editor di libri di successo, è figlia della combattiva LuLing, che non ha mai imparato bene la lingua inglese e che porta con sé le storie della famiglia d’origine, racchiuse in un diario scritto in cinese. Anche nella sua casa americana, LuLing mantiene acceso il contatto con i morti della sua stirpe, attraverso riti e oggetti magici. Nel corso della storia, Ruth viene via via in contatto con i segreti della sua famiglia, e con la dimensione prodigiosa dell’esistenza, che si rivela attraverso i segni più impensati, come – per lei – la perdita ricorrente della voce ogni 12 di agosto, in corrispondenza con il periodo delle stelle cadenti.

Dicono del libro

 Continue reading “12 Agosto | August 12th” »

9 Agosto | the 9th of August

9 agosto 2024

« »

The hostile armies, which lay in the wilds of the Horican, passed the night of the ninth of August, 1757, much in the manner they would, had they encountered on the fairest field of Europe. While the conquered were still, sullen, and dejected, the victors triumphed. But there are limits alike to grief and joy; and long before the watches of the morning came the stillness of those boundless woods was only broken by a gay call from some exulting young Frenchman of the advanced pickets, or a menacing challenge from the fort, which sternly forbade the approach of any hostile footsteps before the stipulated moment. Even these occasional threatening sounds ceased to be heard in that dull hour which precedes the day, at which period a listener might have sought in vain any evidence of the presence of those armed powers that then slumbered on the shores of the “holy lake.”

James Fenimore Cooper, The Last of the Mohicans, 1826

Gli eserciti nemici che si trovavano nelle foreste vergini dello Horican passarono la notte del 9 agosto 1757 come se fossero stati nel più bel campo d’Europa. Mentre i vinti erano silenziosi, torvi e afflitti, i vincitori si abbandonavano al trionfo. Ma ci sono limiti tanto per il dolore quanto per la gioia, e molto prima che cominciassero i turni di guardia del mattino, il silenzio di quei boschi sconfinati era rotto soltanto da un gaio richiamo di qualche esultante giovane francese dei picchetti avanzati o da un’intimazione minacciosa dal forte, che vietava rigidamente l’accostarsi di qualunque passo nemico prima del momento convenuto. Nemmeno questi occasionali suoni minacciosi si udirono più nell’ora smorta che precede il giorno, momento nel quale un ascoltatore avrebbe invano cercato una prova della presenza di quelle forze armate che erano assopite sulle sponde del “lago sacro”

James Fenimore Cooper, L’ultimo dei Mohicani, 1826, tr. it. F. Pivano, Einaudi, 1992, p. 174

Nell’antica provincia di New York, sulla riva meridionale del lago George, Francesi e Inglesi combattono per il possesso dei territori nordamericani. Il 9 agosto 1757 si è concluso l’assedio al forte William Henry, a sfavore degli Inglesi. Questi, al comando del colonnello Munro, hanno trattato la resa coi Francesi, alleati degli indiani Uroni. Nell’umida notte del 9 agosto aspettano di abbandonare il forte con gli onori militari. Ma li attende un’imboscata e il rapimento delle figlie del colonnello alla cui ricerca, in mezzo alle foreste, partono la guida Natty Bumppo e il giovane mohicano Uncas. L’episodio storico dell’assedio al forte William Henry si svolse dal 3 al 9 agosto del 1757.

Dicono del libro

Continue reading “9 Agosto | the 9th of August” »

21 Luglio

21 luglio 2024

« »

L’anno 356, nella notte del 21 luglio, la luna non era ancora sorta nel cielo, e il desiderio di Erostrato avendo raggiunto una forza inusitata, egli si decise a violare la camera segreta di Artemide. Scivolò giù per i tornanti della montagna sino alla riva del Caistro e salì i gradini del tempio. Le guardie dei sacerdoti dormivano vicino alle sante lampade. Erostrato ne afferrò una e penetrò nel naos. Un forte odore di olio di nardo si spandeva nell’aria. Le travi nere del soffitto d’ebano erano splendenti. L’ovale della stanza era diviso dalla tenda tessuta di filo d’oro e di porpora che nascondeva la dea. Erostrato, ansimando di voluttà, la strappò

Marcel Schwob, Vite immaginarie, 1896, tr. it. F. Jaeggy, Adelphi 1978, p.36

Lo scrittore Marcel Schwob racconta una data prodigiosa nella storia – e nella leggenda – del mondo antico. Il 21 luglio del 356 avanti Cristo andò distrutta una delle sette meraviglie del mondo, il ricchissimo tempio dedicato alla dea Artemide a Efeso, città dell’Asia minore, nell’attuale Turchia. Nel racconto, la causa della distruzione è l’incendio appiccato da un abitante di Efeso, di nome Erostrato, desideroso di avvicinarsi al tesoro e ai segreti del tempio. Catturato e imprigionato, continua a gridare il suo nome – che le autorità vorrebbero cancellare – “in mezzo alla notte”. Nella stessa notte, racconta lo scrittore, nasce Alessandro, re di Macedonia.

 

Dicono del libro

Continue reading “21 Luglio” »

29 Maggio | 29. Mai

29 maggio 2024

« »

Und das endlich wäre das kleine Epos der Glühwürmchen in der Nacht vom 29.zum 30. Mai 1988 zwischen der Stadt Cormòns und dem Dorf Brazzano in Friaul auf dem Weg durch die Felder “plötzlich da” waren, kein Glühen, sondern ein Blinken; wie sie auf dem Weg sässen, mit ihrem leuchtenden Untersatz den Boden belichtend und lichtend, dann flugzeughaft aufblinkend auch zwischen den hohen Gräsern, dann eines schon auf dem Handteller des nächtlichen Gehers, die Linien da herausschneidend, ein grosse Scheine genau neben der Lebenslinie…

Peter Handke, Epopöe der Glühwürmchen (Noch einmal für Thukydides), 1990

Manca ancora un’epopea (no, non è vero, ne mancano ancora molte): quella delle lucciole. Per esempio ieri, nella notte tra il 29 e il 30 maggio 1988, tra Cormòns e il paese di Brazzano, in Friuli, “all’improvviso” ne comparvero varie su una strada che passa attraverso i campi. Non erano incandescenti, ma si limitavano a scintillare; restavano immobili lungo la strada, a illuminare e a rischiarare per terra con i loro addomi lucenti, per poi dirigersi come aeroplani anche nell’erba folta e là lampeggiare tra i fili. Una di esse si posò sul palmo della mano del passeggiatore notturno: gli illuminava le linee, gettando una luce intensa proprio accanto a quella della vita

Peter Handke, Epopea delle lucciole, 1990, tr. it. L. Salerno in Epopea del baleno,  Guanda, 1993, p. 27

L’epopea, tradizionalmente, è la narrazione di gesta eroiche e per estensione, secondo il vocabolario, la parola indica una serie di fatti degni, appunto, di essere immortalati in un poema. Il narratore di queste pagine registra con accuratezza diverse cose di cui è stato testimone: nevicate; bagliori nel cielo; incontri con piccoli animali. Per ognuna di queste personali epopee, concentrate sui dettagli della vita, segnala la data, perché il carattere della giornata in cui il fatto è accaduto non vada perso. Come l’incontro inaspettato con le lucciole (e con il ricordo di Pasolini) nella campagna friulana, alla fine di maggio. 

Dicono del libro

Continue reading “29 Maggio | 29. Mai” »

16 Febbraio | 16 Février

16 febbraio 2024

« »

Le 16 février 1833
La nuit du 16 au 17 février 1833 fut une nuit bénie. Elle eut au-dessus de son ombre le ciel ouvert. Ce fut la nuit de noces de Marius et de Cosette.
La journée avait été adorable.
Ce n’avait pas été la fête bleue rêvée par le grand-père, une féerie avec une confusion de chérubins et de cupidons au-dessus de la tête des mariés, un mariage digne de faire un dessus de porte; mais cela avait été doux et riant.

Victor Hugo, Les Miserables, 1862
*

16 Febbraio1833
Quella dal 16 al 17 febbraio 1833 fu una notte benedetta, che ebbe al disopra dell’ombra il cielo aperto: fu la notte di nozze di Marius e di Cosette.
La giornata era stata adorabile. Senza essere la festa celeste sognata dal nonno, ossia una fantasmagorica confusione di cherubini e d’amorini sulle teste degli sposi, un matrimonio degno d’essere riprodotto in un arazzo da tappezzeria, era stata una cosa dolce e ridente

Victor Hugo, I miserabili, 1862

 

Dicono del libro

Continue reading “16 Febbraio | 16 Février” »

28 Gennaio | 28 Enero

28 gennaio 2024

« »

28 de enero

Pensé una cosa curiosa. Llegaba a la terrible ciudad y era de tarde, tarde verdosa y ácuea como no son nunca las tardes si no se las ayuda pensándolas. Por el lado de la Dobrina Stana, en la perspectiva Skorda, caballos erizados de estalagmitas y polizontes rígidos, hogazas humeantes y flecos de viento ensoberbeciendo las ventanas Andar por la Dobrina con paso de turista, el mapa en el bolsillo de mi sastre azul (con ese frío y dejarme el abrigo en el Burglos), hasta una plaza contra el río, casi en encima del río tronante de hielos rotos y barcazas y algún martín pescador que allá se llamará sbunáia tjéno o algo peor.
Después de la plaza supuse que venía el puente. Lo pensé y no quise seguir.

Julio Cortázar, Lejana, 1951

*

28 gennaio 

Ho pensato una cosa strana. Arrivavo nella terribile città ed era sera, sera verdastra ed acquea come mai sono le sere se non le si aiuta pensandole. Dalla parte della Dobrina Stana, nella prospettiva Skorda, cavalli irti di stalagmiti e poliziotti rigidi,  focacce fumose e frange di vento insuperbiscono le finestre. Camminare per la Dobrina con passo da turista, carta geografica nella tasca del mio tailleur turchino (con questo freddo aver lasciato il cappotto al Burglos, fino a una piazza lungo il fiume rimbombante di ghiacci spezzati e di barconi e qualche martin pescatore che la forse si chiama sbunáia tjéno o peggio. Supposi che dopo la piazza venisse il ponte. Lo pensai e non volli proseguire.

Julio Cortázar, Lontana in Bestiario, 1951, tr. it. F. Rossini Nicoletti, Einaudi, 1965, p. 28

Terzo racconto della raccolta BestiarioLontana riporta il diario di una giovane di Buenos Aires, Alina Reyes, abile nei giochi di parole, come i palindromi (“salta Lenin el Atlas”) e gli anagrammi, fra cui risalta quello del suo stesso nome “Alina Reyes”: “es la reina y”, attraente perché la frase non si conclude. Il diario racconta l’inquietante sensazione che un’altra se stessa esista, a Budapest, e che sia una vecchia mendicante. La notte del 28 gennaio, i soggetti, i tempi dei verbi, i luoghi, le distanze, si confondono, preludendo all’incontro inquietante che accadrà di lì a pochi mesi. 

Dicono del libro

Dicono del libro
“Il misterioso, l’irrazionale, il tragico germogliano dalla più corporea descrizione del quotidiano. Sugli scenari reali si stacca il ‘bestiario’ metafisico: animali invisibili, come la tigre del racconto che dà il titolo al libro, o immaginari, o creati dal nulla come i coniglietti della Lettera a una signorina a Parigi, oppure descritti con tanta dolorosa precisione da finire per immedesimarsi in essi. Bestiario è il libro che nel 1951 ha rivelato Cortázar, ed è forse la migliore ‘introduzione’ all’arte di questo scrittore capace di pagine folgoranti”
(dalla quarta di copertina dell.ed. Einaudi, op. cit.)

 


Continue reading “28 Gennaio | 28 Enero” »

25 Gennaio

25 gennaio 2024

« »

La fine di Quattro segue a poca distanza quella di Mosca: e fu precisamente nella notte fra il 25 e il 26 gennaio. […] La notte del 25, pioveva a rovesci, e Quattro si era coperto la testa di un caschetto coloniale, da lui tinto di nero per mimetizzarlo, e sotto il quale la sua faccia tonda di contadinello scompariva quasi fino al naso. Aveva con sé il suo mitra, predato al nemico; e si portava, naturalmente, la sua solita munizione notturna di chiodi quadripunte, la quale invero, stanotte, era piuttosto magra. Difatti, la rifornitura dei chiodi era diventata difficile, da quando alcuni fabbri amici che li producevano (romani, in prevalenza) erano stati “fermati” e portati all’ammazzatoio. E da ultimo, Quattro aveva preso a fabbricarseli lui stesso in una fucina di paese, in complicità col garzoncello e di nascosto dal padrone. […] Il crocevia, quella notte, era un punto di azzardo estremo. Ci si incrociava il traffico da Cassino e quella da Roma e dal Nord

Elsa Morante, La storia, Einaudi 1974, pp. 297-98

Gennaio è il mese in cui le vicende del romanzo La Storia hanno avuto inizio “Un giorno di gennaio dell’anno 1941, un soldato tedesco di passaggio, godendo di un pomeriggio di libertà, si trovava, solo, a girovagare nel quartiere di San Lorenzo, a Roma”. Dall’incontro fra quel soldato di passaggio e Ida Ramundo, maestra elementare che si sarebbe dovuta chiamare Aida (“come sei bella” avrebbe cantato Rino Gaetano tre anni dopo l’uscita del libro della Morante), è nato Useppe. Sono passati tre anni ed è il gennaio 1944: il 22 gli alleati sono sbarcati ad Anzio, ma i tedeschi resistono e il fronte è fermo a Cassino. Ida e Useppe si riparano dai pericoli e dagli stenti, ricevendo notizie frammentarie dei conoscenti passati alla lotta partigiana. Gennaio è funestato di agguati e morti, fra cui quelle degli amici Quattro e Mosca, che lascia a Ida una piccola eredità nascosta in un materasso.

Dicono del libro

Continue reading “25 Gennaio” »

8 Gennaio

8 gennaio 2024

« »

Rividi Schlaggenberg nell’anno nuovo, il sabato dopo l’Epifania, l’8 gennaio; e solo per pochi minuti, di notte, fra altra gente. Quella sera c’era una delle solite grandi baldorie o gozzoviglie in massa, preparate dal capitano di cavalleria barone von Eulenfeld, cui partecipava gente presa da tutte le parti e trasportata addirittura in automobile. (…) Era un terribile pandemonio che si scatenava attraverso i piccoli bar e caffè del centro, come attraverso le osterie suburbane e alla fine, dopo un avvicendarsi d’innumerevoli tappezzerie, caffè, bettole, alloggi privati, ateliers, cabarets e locali notturni di ogni specie, il tutto si concludeva in una di quelle perfette nebulose alla Eulenfeld che, anche per la “sbornia” (così la chiamava il capitano) a cose fatte spesso non era facile localizzare

Heimito von Doderer, I demoni, 1956, tr. it. C. Bovero, Einaudi, 1979, vol. I, p.64

Dicono del libro
“L’opera di Heimito von Doderer (Vienna 1896-1966) segna l’epilogo della grande tradizione narrativa che, sviluppatasi all’ombra dell’impero absburgico in dissoluzione, culmina nei romanzi di Musil e di Broch. Ed è la risposta a quell’esperienza storica, che viene interpretata da Doderer come conseguenza di un predominio sempre piu manifesto della «falsa coscienza» ideologica. Nei «Demoni» l’autore tenta un’interpretazione personalissima – affascinante, anche se talora sconcertante – dell’alienazione che sta alla radice di buona parte della letteratura d’avanguardia. Se ne discosta tuttavia perché conserva nella sua narrazione tutto ciò che manca di solito al romanzo contemporaneo: un mondo ricco di colori e pieno di vitalità, che sprigiona una forza consolatrice e rassicurante, una padronanza assoluta del mondo poetico, una sapiente maestria nel muovere un’imponente schiera di personaggi, i cui destini intrecciati formano il tessuto imprevedibile della vita”

[/su_spoiler]

 Continue reading “8 Gennaio” »

5 Gennaio

5 gennaio 2024

« »

Volle il fato che in una notte fredda e senza luna, e di insistente e fine pioggia d’alto mare, distante parecchie miglia dalla costa sud di Babàkua, il grande pittore Panizo del Valle, che indossava un impermeabile grigio quasi identico al mio, andasse ad appoggiarsi al parapetto dove stavo appoggiato anch’io, su quella nave così fiera del suo passato (nientemeno il Bel Ami con la sua storica chiglia), che ci portava in quel remoto paese dove io ero così rispettato e amato e dove avevo pilotato – che bei giorni quelli in cui si cammina senza sapere che il tempo cammina con noi – una fantastica baleniera.
Era la notte del cinque gennaio del 1917

Enrique Vila-Matas, Mi dicono che dica chi sono (Suicidi esemplari), 1991, tr. it. L. Panunzio Cipriani, Sellerio, 1994 p. 137

Nella notte nebbiosa del 5 gennaio, su una nave che sta per approdare nell’isola di Babàkua, uno strano dialogo ha luogo fra il narratore  – che si presenta come marinaio – e un pittore, che sta andando per la prima volta nel luogo da cui provengono tanti soggetti dei suoi quadri. Via via che sul ponte della nave  la conversazione prosegue, il marinaio-narratore si rivela insidioso e allarmante per il pittore, presentandogli i difetti del paese in cui stanno per approdare, e la malignità dei suoi abitanti, che il pittore ha ritratto in passato. Le insidie, le ambiguità, gli allarmi si riflettono anche nelle frasi alla rovescia che il narratore pronuncia e nel suo nome e cognome “Satam Alive” in cui risuona il termine diavolo. Intanto la nave raggiunge il porto e la vicenda si avvia a compiersi. 

Dicono del libro

Continue reading “5 Gennaio” »

5 Gennaio

5 gennaio 2014

« »

Volle il fato che in una notte fredda e senza luna, e di insistente e fine pioggia d’alto mare, distante parecchie miglia dalla costa sud di Babàkua, il grande pittore Panizo del Valle, che indossava un impermeabile grigio quasi identico al mio, andasse ad appoggiarsi al parapetto dove stavo appoggiato anch’io, su quella nave così fiera del suo passato (nientemeno il Bel Ami con la sua storica chiglia), che ci portava in quel remoto paese dove io ero così rispettato e amato e dove avevo pilotato – che bei giorni quelli in cui si cammina senza sapere che il tempo cammina con noi – una fantastica baleniera.
Era la notte del cinque gennaio del 1917

Enrique Vila-Matas, Mi dicono che dica chi sono (Suicidi esemplari), 1991, tr. it. L. Panunzio Cipriani, Sellerio, 1994 p. 137

Nella notte nebbiosa del 5 gennaio, su una nave che sta per approdare nell’isola di Babàkua, uno strano dialogo ha luogo fra il narratore  – che si presenta come marinaio – e un pittore, che sta andando per la prima volta nel luogo da cui provengono tanti soggetti dei suoi quadri. Via via che sul ponte della nave  la conversazione prosegue, il marinaio-narratore si rivela insidioso e allarmante per il pittore, presentandogli i difetti del paese in cui stanno per approdare, e la malignità dei suoi abitanti, che il pittore ha ritratto in passato. Le insidie, le ambiguità, gli allarmi si riflettono anche nelle frasi alla rovescia che il narratore pronuncia e nel suo nome e cognome “Satam Alive” in cui risuona il termine diavolo. Intanto la nave raggiunge il porto e la vicenda si avvia a compiersi. 

Dicono del libro
“Di dieci, ignoti, suicidi Vila-Matas finge in questo libro la cronaca: in dieci città diverse, di uomini non illustri che cercavano nella vita ‘estraña y hostil’ una mappa privata. Non per sfuggire dolori e disperazioni, ma praticando un’arte di scomparire che ha nel suicidio, commesso o devotamente contemplato, il perfezionamento”.
(Dalla bandella dell’ed. Sellerio, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

tn-1

“…. arrivai a Parigi la mattina del 5 gennaio 1757, di mercoledì; mai in vita mia feci viaggio più gradevole…”
Giacomo Casanova, Fuga dai Piombi


tn-1

“… Il 5 gennaio 1888 … egli fu rinvenuto su una piccola imbarcazione dal nome illeggibile…”
Herbert G. Wells, L’isola del dottor Moreau


tn-1
“… e una mattina, era la vigilia dell’Epifania, il 5 gennaio del 1900, una data impossibile da dimenticare…”
Vasco Pratolini, Metello
tn-1

“.. L’affaire di Marina e Demon cominciò il giorno del compleanno di lui, di lei e di Daniel Veen: il 5 gennaio 1868…”
Vladimir Nabokov, Ada 

tn-1

“… I giorni passarono con una rapidità spaventosa; dovevamo ripartire il 5 gennaio…”
Michel Houellebecq, Piattaforma

 

25 Gennaio

25 gennaio 2013

« »

La fine di Quattro segue a poca distanza quella di Mosca: e fu precisamente nella notte fra il 25 e il 26 gennaio. […] La notte del 25, pioveva a rovesci, e Quattro si era coperto la testa di un caschetto coloniale, da lui tinto di nero per mimetizzarlo, e sotto il quale la sua faccia tonda di contadinello scompariva quasi fino al naso. Aveva con sé il suo mitra, predato al nemico; e si portava, naturalmente, la sua solita munizione notturna di chiodi quadripunte, la quale invero, stanotte, era piuttosto magra. Difatti, la rifornitura dei chiodi era diventata difficile, da quando alcuni fabbri amici che li producevano (romani, in prevalenza) erano stati “fermati” e portati all’ammazzatoio. E da ultimo, Quattro aveva preso a fabbricarseli lui stesso in una fucina di paese, in complicità col garzoncello e di nascosto dal padrone. […] Il crocevia, quella notte, era un punto di azzardo estremo. Ci si incrociava il traffico da Cassino e quella da Roma e dal Nord

Elsa Morante, La storia, Einaudi 1974, pp. 297-98

Gennaio è il mese in cui le vicende del romanzo La Storia hanno avuto inizio “Un giorno di gennaio dell’anno 1941, un soldato tedesco di passaggio, godendo di un pomeriggio di libertà, si trovava, solo, a girovagare nel quartiere di San Lorenzo, a Roma”. Dall’incontro fra quel soldato di passaggio e Ida Ramundo, maestra elementare che si sarebbe dovuta chiamare Aida (“come sei bella” avrebbe cantato Rino Gaetano tre anni dopo l’uscita del libro della Morante), è nato Useppe. Sono passati tre anni ed è il gennaio 1944: il 22 gli alleati sono sbarcati ad Anzio, ma i tedeschi resistono e il fronte è fermo a Cassino. Ida e Useppe si riparano dai pericoli e dagli stenti, ricevendo notizie frammentarie dei conoscenti passati alla lotta partigiana. Gennaio è funestato di agguati e morti, fra cui quelle degli amici Quattro e Mosca, che lascia a Ida una piccola eredità nascosta in un materasso.

 

Dicono del libro
“A questo romanzo…Elsa Morante consegna la massima esperienza della sua vita ‘dentro la Storia’ quasi a spiegamento totale  di tutte le sue precedenti esperienze narrative. ‘La Storiaì, che si svolge a Roma durante e dopo l’ultima guerra (1941-1947), vorrebbe parlare a tutti, in un linguaggio comune e accessibile”
(quarta di copertina ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

tn-1

“… 25 gennaio 1787 Mi diventa sempre più difficile dar conto del mio soggiorno a Roma…”
Wolfgang Goethe, Viaggio in Italia

 

tn-1
“…Questa chiacchierata tra amiche si è svolta intorno al 25 gennaio…”
Christa Wolf, Trama d’infanzia

9 Gennaio

9 gennaio 2013

« »

Quattro giorni or sono, il nove gennaio, ricevetti con la posta del pomeriggio una lettera raccomandata il cui indirizzo rivelava la calligrafia del mio collega, e vecchio compagno di scuola, Henry Jekyll. Ne fui sorpreso non poco poiché non avevamo mai avuto l’abitudine di ricorrere a scambi epistolari. Oltretutto l’avevo incontrato la sera prima trattenendomi con lui a cena, e, per quanto potessi immaginare, non c’era nulla nei nostri rapporti che richiedesse una simile procedura formale. Il contenuto della missiva aumentò il mio stupore

Robert L. Stevenson, Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, 1886, tr. it. A. Brilli, Mondadori, 1993, p. 52

Verso le tre di un mattino d’inverno”, “in una tipica notte di marzo gelida e ventosa”, in giornate buie, senza paesaggio, si svolge lo strano caso del medico Henry Jekyll che, sperimentando droghe che alterano la personalità, si trasforma nel pericoloso criminale Edward Hyde. La reversibilità di questa trasformazione diventa via via più difficile e Hyde, verso le undici di una sera d’ottobre, uccide un uomo. Mentre Jekyll è sopraffatto dal suo rovescio, cercano di portargli aiuto l’amico avvocato Utterson e  il collega Lanyon. La data del 9 gennaio è riportata proprio nel memoriale del dottor Lanyon, che sarà testimone in diretta della metamorfosi Jekyll-Hyde e avrà fra le mani il taccuino del dottore, fitto di centinaia di date che riportano i suoi inquietanti esperimenti.

Dicono del libro
“La storia di Jekyll e Hyde segna il culmine della fascinosa indagine stevensoniana sulla scissione della personalità, di quello scandalo che, come notava G. K. Chesterton, ci obbliga a riconoscere non tanto che sotto la pelle di un uomo ce ne sono due, quanto che due uomini sono la medesima persona”
Attilio Brilli (prefazione ed. Mondadori, op. cit.)

8 Gennaio

8 gennaio 2013

« »

Rividi Schlaggenberg nell’anno nuovo, il sabato dopo l’Epifania, l’8 gennaio; e solo per pochi minuti, di notte, fra altra gente. Quella sera c’era una delle solite grandi baldorie o gozzoviglie in massa, preparate dal capitano di cavalleria barone von Eulenfeld, cui partecipava gente presa da tutte le parti e trasportata addirittura in automobile. (…) Era un terribile pandemonio che si scatenava attraverso i piccoli bar e caffè del centro, come attraverso le osterie suburbane e alla fine, dopo un avvicendarsi d’innumerevoli tappezzerie, caffè, bettole, alloggi privati, ateliers, cabarets e locali notturni di ogni specie, il tutto si concludeva in una di quelle perfette nebulose alla Eulenfeld che, anche per la “sbornia” (così la chiamava il capitano) a cose fatte spesso non era facile localizzare

Heimito von Doderer, I demoni, 1956, tr. it. C. Bovero, Einaudi, 1979, vol. I, p.64

Dicono del libro
“L’opera di Heimito von Doderer (Vienna 1896-1966) segna l’epilogo della grande tradizione narrativa che, sviluppatasi all’ombra dell’impero absburgico in dissoluzione, culmina nei romanzi di Musil e di Broch. Ed è la risposta a quell’esperienza storica, che viene interpretata da Doderer come conseguenza di un predominio sempre piu manifesto della «falsa coscienza» ideologica. Nei «Demoni» l’autore tenta un’interpretazione personalissima – affascinante, anche se talora sconcertante – dell’alienazione che sta alla radice di buona parte della letteratura d’avanguardia. Se ne discosta tuttavia perché conserva nella sua narrazione tutto ciò che manca di solito al romanzo contemporaneo: un mondo ricco di colori e pieno di vitalità, che sprigiona una forza consolatrice e rassicurante, una padronanza assoluta del mondo poetico, una sapiente maestria nel muovere un’imponente schiera di personaggi, i cui destini intrecciati formano il tessuto imprevedibile della vita”