13 Ottobre | October 13th

13 ottobre 2024

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Baskerville Hall, October 13th.
MY DEAR HOLMES: My previous letters and telegrams have kept you pretty well up to date as to all that has occurred in this most God-forsaken corner of the world. The longer one stays here the more does the spirit of the moor sink into one’s soul, its vastness, and also its grim charm. When you are once out upon its bosom you have left all traces of modern England behind you, but, on the other hand, you are conscious everywhere of the homes and the work of the prehistoric people. On all sides of you as you walk are the houses of these forgotten folk, with their graves and the huge monoliths which are supposed to have marked their temples. As you look at their gray stone huts against the scarred hillsides you leave your own age behind you, and if you were to see a skin-clad, hairy man crawl out from the low door fitting a flint-tipped arrow on to the string of his bow, you would feel that his presence there was more natural than your own

Arthur Conan Doyle, The Hound of the Baskervilles, 1901-02

Maniero di Baskerville, 13 ottobre 

Mio caro Holmes,

le mie lettere e i telegrammi precedenti l’hanno tenuta abbastanza al corrente su quanto è sinora accaduto in questo angolo di terra abbandonato da Dio. Più si rimane qui e più lo spirito della brughiera, la sua vastità, diciamo pure il suo lugubre fascino, prende l’anima. Una volta chiusi nella sua stretta ci si lascia alle spalle ogni traccia della moderna Inghilterra, mentre si avverte sempre più intensamente la presenza delle dimore e delle opere delle genti preistoriche. Ci si trova circondati da ogni lato dalle abitazioni di questa gente dimenticata, dalle loro tombe e dai monoliti enormi che si suppone siano le vestigia dei loro templi. Quando si guardano le grigie capanne di pietra che si stagliano contro i tormentati versanti di queste colline, ci si dimentica del nostro tempo, e se ci dovessimo imbattere in un uomo villoso, ricoperto di pelli d’animale, e lo vedessimo strisciare fuori da una bassa porta, in atto di aggiustare alla corda del proprio arco una freccia dalla punta di selce, avremmo la sensazione che la sua presenza fosse più naturale della nostra

Arthur Conan Doyle, Il mastino dei Baskerville, 1901-1902, tr. it. M. Gallone, Mondadori 1992, p.84

Il caso della morte di Sir Charles Baskerville e della leggenda che aleggia sul Maniero della famiglia  – situato nel Devonshire – è raccontato dal dottor Watson, sula base delle annotazione nel diario, dei resoconti e delle lettere spedite a Sherlock Holmes. Watson si trova infatti nella residenza dei Baskerville insieme con Henry, l’erede del defunto Charles, con il compito di riferire dettagliatamente tutto quel che accade a Holmes, il quale, a sua volta, finge di essere a Londra, ma in realtà è anch’egli sul campo. È ottobre e la brughiera è avvolta dalla nebbia; il clima rende più inquietanti i racconti sul mastino diabolico e vendicatore legato alla famiglia. Il primo resoconto di Watson è datato 13 ottobre e di lì a pochi giorni il caso verrà risolto. Holmes e Watson ne discuteranno i particolari in una “sera rigida e nebbiosa” di novembre, nel salotto di Baker Street.

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7 Ottobre | am siebten Oktober

7 ottobre 2024

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Leonidas riss entschlossen den Brief ein. Der Riss aber war noch nicht zwei Zentimeter tief, als seine Hände innehielten. Und jetzt geschah das Gegenteil von dem, was vor fünfzehn Jahren in Sankt Tilgen geschehen war. Damals wollte er den Brief öffnen und zerriss ihn. Spöttisch sah ihn von dem verletzen Blatt die gesammelte Persönlichkeit der blassblauen Frauenschrift a, die sich nun in mehreren Zeilen entwickeln konnte.
Oben auf dem Kopf des Briefes stand in raschen und genauen Zügen das Datum: “Am siebten Oktober 1936”. Man merkt die Mathematikerin, urteilte Leonidas, Amelie hat in ihrem ganzen Leben noch nie einen Brief datiert. Und dann las er: “Sehr geehrter Herr Sektionschef!”

Franz Werfel, Eine blassblaue Frauenschrift, 1941

Leonida squarciò la lettera con risolutezza. Ma lo strappo non era ancora profondo due centimetri e già le sue mani si fermarono. Accadde ora il contrario di ciò che era accaduto quindici anni prima a Sankt Gilgen. Allora, volendo aprire la lettera, l’aveva strappata. Ora, volendola strappare, la aprì. Dal foglio ferito, l’intera personalità della scrittura femminile azzurro pallido, che si poteva espandere in diverse righe, lo guardava sarcastica. Sopra, in testa alla lettera, con tratti rapidi e precisi, era scritta la data: ” 7 ottobre 1936″. Ecco l’esattezza della donna matematica, fu il giudizio di Leonida, Amelie non ha mai datato una lettera in tutta la sua vita. Poi lesse: “Egregio signor capodivisione!”

Franz Werfel, Una scrittura femminile azzurro pallido, 1941, tr. it. R. Colorni, Adelphi, Milano, 1991, p. 30

A Vienna, durante un ottobre tanto tiepido da sembrare aprile, l’alto funzionario Leonida, che ha da poco compiuto cinquant’anni ed è stato nominato capodivisione ministeriale, trova – nella posta – una lettera scritta a mano da una grafia femminile. È sposato con Amelie e non pensa più a Vera, dottoressa in filosofia, l’amante che ha lasciato malamente molti anni prima e di cui aveva distrutto, senza leggerla, una lettera. Questa nuova lettera, arrivata “nel bel mezzo di una luminosa giornata di ottobre” , mette in moto una catena di ricordi, di ipotesi, di rimorsi che riguardano le conseguenze nel tempo di azioni lontane, che verranno chiarite in un’altra giornata di quell’ottobre speciale.

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29 Settembre | 29 September

29 settembre 2024

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The Grange Farm, Old Heanor

29 September

[…]  This is my fortieth winter. And I can’t help all the winters that have been. But this winter I’ll stick to my little Pentecost flame, and have some peace. And I won’t let the breath of people blow it out. I believe in a higher mystery, that doesn’t let even the crocus be blown out. And if you’re in Scotland and I’m in the Midlands, and I can’t put my arms round you, and wrap my legs round you, yet I’ve got something of you. My soul softly flaps in the little Pentecost flame with you, like the peace of fucking. We fucked a flame into being. Even the flowers are fucked into being between the sun and the earth. But it’s a delicate thing, and takes patience and the long pause.

David Herbert Lawrence, Lady Chatterley’s Lover, 1928

Fattoria Grange
Old Heanor, 29 settembre

[…] Questo è il mio quarantesimo inverno. E non c’è nulla che possa fare per tutti gli inverni che sono passati. Ma quest’inverno resterò fedele alla mia fiammella di Pentecoste, e avrò un po’ di pace. Non permetterò che il fiato della gente la spenga. Credo in un mistero superiore che non fa morire nemmeno il croco. E anche se tu sei in Scozia e io sono nei Midlands e non posso stringerti tra le braccia e mettere le mie gambe intorno a te, di te ho ugualmente qualcosa. La mia anima batte dolcemente le ali con te nella fiammella della Pentecoste, ed è come la pace che si raggiunge scopando. Scopando, abbiamo messo al mondo una fiammella. E, scopando, il sole e la terra mettono al mondo i fiori. Ma è una cosa delicata, ci vuole pazienza, ci vuole una lunga pausa

David Herbert Lawrence, L’amante di Lady Chatterley, 1928, tr. it. S. Melani, Garzanti 1987, p.358-61

La lunga lettera del guardacaccia Oliver Mellors a lady Constance, la moglie di Clifford Chatterley, conclude il romanzo di David Herbert Lawrence. È spedita dalla fattoria dove l’uomo sta lavorando in attesa che Constance – che aspetta un figlio da lui – lo raggiunga, per cominciare la nuova vita insieme, lontano dai rispettivi coniugi, una nuova vita in armonia con la natura e con i sensi. In attesa dell’estate, del bambino e della riunione con Constance, Oliver descrive la sua situazione e il suo punto di vista sulla vita, in un giorno di autunno, il 29 settembre, ultima data del libro.

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10 Settembre

10 settembre 2024

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Mio caro Hans,

ti scrivo questa lettera dalla prigione di Spandau il 10 settembre 1944, tre giorni prima di essere assassinato come i miei amici: Schulenburg, Stauffenberg, Moltke che, come me, hanno preso parte al complotto per uccidere Hitler. Non so se riceverai mai questa lettera. Mi aiuterebbe in un certo qual senso a morire; perché affronterei la morte con la coscienza più leggera, sapendo che essa può aiutarti a perdonarmi e a capire perché ho trattato te, l’unico vero amico che abbia mai avuto e amato, in modo così sleale e vigliacco. Mi ricordo come fosse oggi quando ci siamo conosciuti: poco dopo la mia iscrizione al Ginnasio Karl Alexander, in una pungente giornata invernale del 1932

Fred Uhlman, Un’anima non vile,1965 (1979), tr. it. B. Armando, Guanda 1987, p.11

I due compagni di scuola Hans e Konradin non si vedono da diversi anni, da quando Hans, di famiglia ebrea, ha lasciato la Germania per gli Stati Uniti, appena in tempo per non subire la persecuzione nazista. Sono stati grandissimi amici, malgrado l’epoca in cui si sono conosciuti evidenziasse le differenze fra di loro: nobile e sostenitrice di Hitler la famiglia di Konradin, borghese ed ebrea quella di Hans. È soprattutto la madre di Konradin a spingere il figlio verso la carriera di ufficiale nell’esercito. Ma il giovane non condivide la politica del partito nazionalsocialista e quando viene a conoscenza dello sterminio degli ebrei, si unisce al piano di Stauffenberg per uccidere Hitler. Il complotto fallisce e Konradin è imprigionato a Spandau, in attesa dell’esecuzione. Da lì, il 10 settembre, scrive la sua ultima lettera all’amico più caro – che vive ignaro in America -, sperando che lo raggiungano, prima o poi, le ragioni delle sue scelte e le memorie della loro amicizia.

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22 Agosto

22 agosto 2024

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Così arrivò il ventidue di agosto e così vennero le tre Notti di Ferro.
La prima Notte di Ferro. Alle nove il sole tramonta. Sopra la terra si stende un’ombra opaca, si vedono alcune stelle e, due ore dopo, appare un barlume di luna. Col fucile e col cane me ne vado nel bosco, accendo un focherello e il bagliore della fiamma si insinua fra i tronchi dei pini. Non c’è brina.
La prima Notte di Ferro! dico fra me. E una gioia violenta per il tempo e il luogo mi confonde e mi scuote stranamente

Knut Hamsun, Pan, 1894, tr. it. E. Pocar, in Pan. L’estrema gioia, Mondadori, 1941, p. 88-89

Il tenente Glahn ricorda l’estate del 1855 , quando “il tempo passava molto veloce, senza confronto più veloce di adesso”. Nella foresta norvegese di betulle, popolata di animali ma anche carica di silenzi, Glahn ha trascorso un tempo speciale, in ascolto della natura e di sé stesso. Più adatto alla vita solitaria che alle relazioni umane e amorose, Glahn è sensibile a ogni manifestazione della natura, alle lievi variazioni di luce e calore che accompagnano il cambiamento della stagione. La notte del ventidue agosto – la prima delle notti di agosto in cui comincia ad apparire il primo ghiaccio – il sole tramonta alle nove e Glahn si prepara a passarla all’aperto, mentre un aurora boreale “passa sopra il cielo del Nord”. Lo scrittore norvegese Knut Hamsun – premio Nobel nel 1920 – era nato nel 1859, il 4 agosto.

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19 Agosto | August 19th

19 agosto 2024

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August 19th, 17—.

Yesterday the stranger said to me, “You may easily perceive, Captain Walton, that I have suffered great and unparalleled misfortunes. I had determined at one time that the memory of these evils should die with me, but you have won me to alter my determination. You seek for knowledge and wisdom, as I once did; and I ardently hope that the gratification of your wishes may not be a serpent to sting you, as mine has been (…)
He then told me that he would commence his narrative the next day when I should be at leisure. This promise drew from me the warmest thanks. I have resolved every night, when I am not imperatively occupied by my duties, to record, as nearly as possible in his own words, what he has related during the day. If I should be engaged, I will at least make notes. This manuscript will doubtless afford you the greatest pleasure; but to me, who know him, and who hear it from his own lips—with what interest and sympathy shall I read it in some future day! Even now, as I commence my task, his full-toned voice swells in my ears; his lustrous eyes dwell on me with all their melancholy sweetness

Mary Shelley, Frankenstein, 1818

 

19 agosto 17**

Ieri lo straniero mi ha detto: “Avrete senz’altro capito, capitan Walton, che ho sofferto grandi e incomparabili disgrazie. In un primo tempo ero determinato a portare la memoria di questi dolori nella tomba; ma voi mi avete convinto a mutare proposito. Voi cercate sapienza e saggezza, come anch’io ho fatto un giorno; spero ardentemente che l’esaudimento dei vostri desideri non si trasformi in un serpente che vi aggredisca, come è accaduto per me.” […] Aggiunse che avrebbe iniziato il racconto il giorno successivo, quando fossi stato libero. Lo ringraziai con calore. Ho deciso di registrare ogni sera, quando i miei doveri non mi reclamano imperiosamente, ciò che mi narra durante il giorno, riportando per quanto possibile le sue stesse parole. Se sarò troppo impegnato, ne prenderò almeno degli appunti. Il manoscritto ti darà sicuramente grande piacere; ma anch’io, che lo ascolto dalle sue stesse labbra, con quale interesse e affetto lo rileggerò un giorno, nel futuro! Già ora, all’inizio di questo compito, la sua voce ben modulata mi risuona all’orecchio; i suoi occhi lucidi si fissano su di me, con dolce malinconia

Mary Shelley, Frankenstein, 1818, tr. it. M. P. Saci, F. Troncarelli, Garzanti 1991, p.29

Scritto in Svizzera nell’estate inclemente del 1816, umida e piovosa, Frankenstein di Mary Shelley (che il 30 agosto di quell’anno avrebbe compiuto diciannove anni), è un romanzo che si compone di lettere, resoconti, confessioni di tre personaggi: l’esploratore e scienziato Robert Walton, il dottor Frankenstein e la creatura. Walton, in viaggio verso il Polo Nord, si imbatte fra i ghiacci in un naufrago che gli racconta le terribili esperienze che lo hanno condotto fin là. È il dottor Frankenstein, colui che ha creato la vita componendo membra di uomini morti. Il 19 agosto è la data dell’ultima lettera che Walton scrive alla sorella raccontandole dell’incontro con Frankenstein, prima che la parola passi a questi e alla “strana, ossessiva storia” della sua creazione.

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17 Giugno | June 17th

17 giugno 2024

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There was a letter from Hilda on the breakfast-tray. “Father is going to London this week, and I shall call for you on Thursday week, June 17th. You must be ready so that we can go at once. I don’t want to waste time at Wragby, it’s an awful place. I shall probably stay the night at Retford with the Colemans, so I should be with you for lunch,Thursday. Then we could start at teatime, and sleep perhaps in Grantham. It is no use our spending an evening with Clifford. If he hates your going, it would be no pleasure to him”.
So! She was being pushed round on the chess-board again

David Herbert Lawrence, Lady Chatterley’s Lover, 1928

Sul vassoio della colazione c’era una lettera di Hilda. 
“Papà va a Londra questa settimana e io passerò a prenderti giovedì a otto, il 17 giugno. 
Fatti trovare pronta, così potremo partire subito. Non voglio sprecare tempo a Wragby, è un posto orribile. Probabilmente passerò la notte a Redford dai Coleman, perciò dovrei essere da te per il pranzo di giovedì. Potremmo poi partire all’ora del tè e forse dormire a Grantham. E’ inutile passare una serata con Clifford. Se gli dà fastidio che tu parta, non gli farebbe piacere”.
Ah, così! Ancora una volta la spingevano di qua e di là sulla scacchiera come una pedina

David Herbert Lawrence, L’amante di Lady Chatterley, 1928, tr. it. S. Melani, Garzanti 1987, p.257

La giovane Constance, detta Connie, ha sposato nel 1917 Clifford Chatterley, che è rimasto gravemente ferito durante la guerra. La coppia vive nella residenza di Wragby dove lui, costretto sulla sedia a rotelle, è preso dalla stesura di racconti. Per lei, il “tempo passava come va avanti un orologio, le otto e mezzo invece delle sette e mezzo” , e “i momenti si susseguivano senza che tra l’uno e l’altro vi fosse necessariamente un legame”. In febbraio, sconfinando dal parco verso il bosco, ha conosciuto il guardacaccia , l’ex ufficiale Oliver Mellors, che è diventato il suo amante e da cui aspetta un figlio. Quando la sorella Hilda ricorda a Connie la partenza per un viaggio in Italia, fissata il 17 giugno, la storia è a una svolta. Lo scandalo della relazione sta per emergere e Connie prenderà le sue decisioni, seguendo l’istinto, la natura e il futuro che “Dio solo sa dove stia”. 

 

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19 Febbraio | 19 Février

19 febbraio 2024

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19 février, minuit:

La triste journée que celle d’aujourd’hui, mon pauvre monsieur Armand! Ce matin Marguerite étouffait, le médecin l’a saignée, et la voix lui est un peu revenue. Le docteur lui a conseillé de voir un prêtre. Elle a dit qu’elle y consentait, et il est allé lui-même chercher un abbé à Saint-Roch.
Pendant ce temps, Marguerite m’a appelée près de son lit, m’a priée d’ouvrir son armoire, puis elle m’a désigné un bonnet, une chemise longue toute couverte de dentelles, et m’a dit d’une voix affaiblie:
—Je vais mourir après m’être confessée, alors tu m’habilleras avec ces objets: c’est une coquetterie de mourante

Alexandre Dumas, fils, La Dame aux camélias, 1848

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19 febbraio, mezzanotte
Che triste giornata è stata oggi povero monsieur Armand! Stamattina Marguerite si sentiva soffocare, il medico le ha fatto un salasso, e le è tornato un filo di voce. Il medico le ha consigliato di far venire un prete. Lei ha acconsentito, e lui stesso è andato a chiamarne uno alla chiesa di Saint-Roch.
Nel frattempo, Marguerite mi ha chiamato vicino al suo letto, pregandomi di aprire l’armadio, poi mi ha indicato una cuffietta, una lunga camicia tutta guarnita di pizzi, e mi ha detto con voce fioca: “Dopo essermi confessata morirò, allora mi vestirai con una civetteria da moribonda”

Alexandre Dumas figlio, La signora delle camelie, 1848, tr. it. L. Collodi, Newton Compton, 1994, p. 251

È l’amica Julie Duprat a scrivere le ultime lettere di Marguerite Gautier, la signora delle (o dalle) camelie, al suo innamorato Armand Duval, da cui è stata separata da una serie di circostanze melodrammatiche. Convinta dal padre del giovane a lasciarlo, Marguerite è malata, sull’orlo del fallimento, sofferente per il distacco. Il romanzo è iniziato nel marzo del 1874, alla vendita all’asta dei beni di Marguerite e la vicenda è ricostruita attraverso confessioni, carte, diari e tante lettere, spesso trascritte una dentro l’altra, con le loro date rivelatrici (“e voi dove siete, mentre scrivo queste righe?”).

Dicono del libro

Dicono del libro 
“Scritto nel 1848, quando l’autore non aveva che ventiquattro anni, il romanzo La signora delle camelie ha prodotto subito un mito, che occuperà l’immaginario di intere generazioni e riempirà le scene, sia quelle del teatro di prosa, sia quelle del teatro d’opera, e successivamente gli schermi del cinema. Lo stesso Dumas ne fece una versione teatrale, affidandola a Sarah Berhnardt. Pochi anni dopo Giuseppe Verdi saprà farne una trasposizione sublime, in musica, con La Traviata“.
(dalla quarta di copertina dell’ed. Newton Compton, op. cit.)

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11 Febbraio

11 febbraio 2024

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Genova, 11 Febbraro
Ecco il Sole più bello! Tutte le mie fibre sono in un tremito soave perché risentono la giocondità di questo Cielo raggiante e salubre. Sono pure contento di essere partito! Proseguirò fra poche ore; non so ancora dirti dove mi fermerò, né quando terminerà il mio viaggio: ma per il 16 sarò in Tolone

Ugo Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis, 1802, Rizzoli, 1992, p. 150

Una delle tante lettere che il giovane studente Jacopo Ortis invia all’amico Lorenzo, con i suoi pensieri, le sue sofferenze politiche e amorose, le decisioni repentine. È il febbraio 1799 e Jacopo ha deciso di partire per la Francia, dove però non arriverà. Ha informato l’amico con una lunga lettera da Milano, datata 6 febbraio (Foscolo era nato a Zante il 6 febbraio del 1778). Ora, l’11 dello stesso mese, il ragazzo è a Genova, indeciso sulla meta e sulla durata del suo viaggio. 

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10 Febbraio

10 febbraio 2024

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Quando, a quarantadue anni, disperava ormai dell’amore e si avviava verso la sorte del vecchio scapolo, improvvisamente Gaetano si decise. Il dieci febbraio 1842 scrisse a Giuseppina, chiedendo in matrimonio la figlia che non aveva mai visto. Giuseppina non attendeva la strana lettera, e gli rispose di notte, ultimate le faccende domestiche, nell’ora più propizia ai progetti romanzeschi

 Pietro Citati, Storia prima felice, poi dolentissima e funesta, 1989, Rizzoli 1993, p. 56

Dicono del libro
“E’ una cronaca famigliare, desunta dalle lettere, dalle testimonianze e dai documenti che per oltre un secolo sono stati conservati nella famiglia dell’autore: la storia di un bisnonno e di una bisnonna, di un siciliano e di una parmigiana, Gaetano Citati e Clementina Sanvitale, del loro amore romanzesco e della loro tragica morte. Questa cronaca è un ritratto fedele dell’Ottocento romantico”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Rizzoli, op. cit.)

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19 Gennaio | January 19th

19 gennaio 2024

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And so it was settled. I left school at Christmas and on January 19th, my birthday, almost exactly a year after Konradin had come into my life, I left for America. Two days before my departure I got two letters. The firsi one was in verse, the joint effort of Bollacher and Schulz:


Little Yid – we bid you farewell / May you join Moses and Isaac in hell. / Little Yid – where will you be? / Joining the Jews in Australie? / Little Yid – never come back/ or we’ll break your bloody neck.

The second ran:
My dear Hans,
this is a difficult letter. First let me tell you how very sad I am that you are leaving for America. It can’t be easy for you, who love Germany, to start a new life in America – a country with which you and I have nothing in common and I can imagine how bitter and unhappy you must feel. On the other hand, it’s probably the wisest thing you can do”

Fred Uhlman, Reunion, 1971 (Vintage Book, London, 2006, p. 74)

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E così fu deciso. Lasciai la scuola a Natale e il 19 gennaio, giorno del mio compleanno, circa un anno dopo che Konradin era entrato nella mia vita, partii per l’America. Prima della partenza ricevetti due lettere. La prima, in versi, era il prodotto degli sforzi congiunti di Bollacher e di Schulz: 
Piccolo Yid – vogliamo dirti addio / che tu raggiunga all’inferno i senzadio / Piccolo Yid – ma dove te ne andrai? / Nel paese da cui non si torna giammai? / Piccolo Yid – non farti più vedere / se vuoi crepare con le ossa intere.
La seconda invece, diceva:

Mio caro Hans, questa è una lettera difficile. Prima di tutto voglio dirti quanto mi dispiaccia che tu stia per partire per l’America. Non dev’essere facile per te, che ami tanto la Germania, ricominciare una nuova vita in un paese con cui né io né te abbiamo niente in comune e mi immagino l’amarezza e l’infelicità che devi provare. Tuttavia, questa è la soluzione più saggia, date le circostanze

Fred Uhlman, L’amico ritrovato, 1971, tr. it. M. Castagnone, Feltrinelli 1986, p. 83

La data del 19 gennaio segna la fine di una fase felice della vita di Hans, giovane studente ebreo, mandato dalla famiglia negli Stati Uniti per salvarsi dalle persecuzioni naziste incombenti. E’ la data della partenza, che lo allontana dall’amico Konradin (l’amico che “ritroverà”, in un modo inaspettato e toccante alla fine del racconto); è la data del suo compleanno ed  è anche la data di nascita dello scrittore Fred Uhlman, nato a Stoccarda il 19 gennaio del 1901. 

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14 Gennaio | 14 Enero

14 gennaio 2024

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El catorce de enero de 1922, Emma Zunz, al volver de la fábrica de tejidos Tarbuch y Loewenthal, halló en el fondo del zaguánuna carta, fechada en el Brasil, por la que supo que su padre había muerto. La engañaron, a primera vista, el sello y el sobre; luego, la inquietó la letra desconocida. Nueve diez líneas borroneadas querían colmar la hoja; Emma leyó que el señor Maier había ingerido por error una fuerte dosis de veronal y había fallecido el tres del corriente en el hospital de Bagé. Un compañero de pensión de su padre firmaba la noticia, un tal Feino Fain, de Río Grande, que no podía saber que se dirigía a la hija del muerto.
         
Emma dejó caer el papel. Su primera impresión fue de malestar en el vientre y en las rodillas; luego de ciega culpa, de irrealidad, de frío, de temor; luego, quiso ya estar en el día siguiente. Acto contínuo comprendió que esa voluntad era inútil porque la muerte de su padre era lo único que había sucedido en el mundo, y seguiría sucediendo sin fin

Jorge Luis Borges, Emma Zunz, 1949

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Il quattordici gennaio del 1922, Emma Zunz, di ritorno dalla fabbrica di tessuti Tarbuch e Loewenthal, trovò in fondo all’ingresso una lettera, col timbro del Brasile, dalla quale seppe che suo padre era morto. La ingannarono, a prima vista, il francobollo e la busta; poi, la inquietò la calligrafia sconosciuta. Nove o dieci righe scarabocchiate cercavano di riempire il foglio

Jorge Luis Borges, Emma Zunz, 1949, tr. it. F. Tentori Montalto, I Meridiani, Mondadori 1985, I, p. 813

Uno dei racconti della raccolta L’AlephEmma Zunz  narra l’elaborata e dolorosa vendetta di una figlia che vuole rendere giustizia al padre ingiustamente accusato di un furto. Lo “splendido argomento” – così lo definisce lo stesso Borges – del racconto si intreccia con il tema del tempo e del trovarsi nei giorni.  Quando il 14 gennaio la giovane Emma viene a sapere che il padre è morto il 3 dello stesso mese, la notizia le fa desiderare di “trovarsi già al giorno dopo”, desiderio inutile “perché la morte di suo padre era la sola cosa che fosse accaduta al mondo e che sarebbe continuata ad accadere, senza fine”.  E ancora “i fatti gravi stanno fuori del tempo, sia perché in essi il passato rimane come scisso dal futuro, sia perché le parti che li formano non paiono consecutive”.
Il 14 gennaio compare anche nel racconto 
L’anziana signora (Il manoscritto di Brodie)

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2 Gennaio

2 gennaio 2024

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2 gennaio 1922. Sui fogli posati sopra il tavolo, al posto dei soliti bozzetti, ho scritto con una grafia che stento a riconoscere: “Sono le sei del mattino e Diego non è qui”. Con stupore osservo lo scarabocchio sul foglio bianco che non mi azzarderei mai a usare se non per un disegno: “Sono le otto del mattino, non sento Diego far rumore, andare in bagno, percorrere il tratto dall’entrata sino alla finestra e guardare il cielo con un movimento lento e grave come era sua abitudine fare, credo che diventerò pazza”. (…) Le ultime parole sono tracciate con violenza, strappano quasi il foglio e piango davanti all’ingenuità del mio sfogo. Quando l’ho scritto? Ieri? L’altro ieri? La sera scorsa? Quattro sere fa? Non so, non ricordo

Elena Poniatowska, Caro Diego ti abbraccia Quiela, 1978, tr. it. S. Zatta, Giunti, Firenze, 1992, p.44

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“Così iniziava la lettera…” un gioco su “Pagina99”

Per vedere quest’opera ci si deve affacciare a una finestrella, oppure la si può guardare in semitrasparenza dal vetro della porta chiusa a chiave: ciò che appare è una stanza in subbuglio, abbandonata dai suoi abitanti e investita da una folata di vento che trascina via le cose.
Cose di legno pesante come la scrivania, le sedie, gli scaffali e poi fogli accartocciati, pagine di giornale, libri, fiori, un pallone, un mappamondo illuminato.

Beninati gioco pagina99

Non è un incantesimo di Hogwarts, la celebre scuola di Harry Potter, anche se il tappeto che sembra scrollarsi di dosso i mobili e sollevarsi a un angolo, fa pensare a un mondo magico.
È un’opera dell’artista (e bibliotecario) palermitano Manfredi Beninati, visibile fino al 2 ottobre 2016 a Roma, Museo Macro di via Nizza 138, nella mostra Dall’oggi al domani. 24 ore nell’arte contemporanea.

Ricordi d’infanzia, sogni, andate e ritorni nel tempo (e del tempo): Beninati dà forma a questi temi immensi allestendo – con grande cura dei dettagli – dei veri ambienti in scala uno a uno, visibili attraverso un vetro, su cui chi guarda all’interno vede anche la propria immagine.

I titoli sono spesso dei lunghi appunti che introducono nell’atmosfera dell’opera, catturando chi li legge in un un gioco di riflessioni sul tempo.

In questo caso, il titolo dice: Non ho mai capito cosa s’intende per dilatazione temporale. E voi? Forse vuol dire pensiero? Così iniziava la sua lettera…”.

L’invito per i lettori del settimanale “Pagina99”  è a continuare la lettera a cui allude il titolo di quest’opera, inviando i testi a segreteria@pagina99.it
Si gioca anche su Facebook seguendo la pagina Diconodioggi e su Twitter con l’account @diconodioggi e l’hashtag #oggidomani
Ed ecco qui alcune risposte, sul sito del settimanale “Pagina99”.

Antonella Sbrilli (@asbrilli)

19 Gennaio

19 gennaio 2015

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E così fu deciso. Lasciai la scuola a Natale e il 19 gennaio, giorno del mio compleanno, circa un anno dopo che Konradin era entrato nella mia vita, partii per l’America. Prima della partenza ricevetti due lettere. La prima, in versi, era il prodotto degli sforzi congiunti di Bollacher e di Schulz: 
Piccolo Yid – vogliamo dirti addio / che tu raggiunga all’inferno i senzadio / Piccolo Yid – ma dove te ne andrai? / Nel paese da cui non si torna giammai? / Piccolo Yid – non farti più vedere / se vuoi crepare con le ossa intere.
La seconda invece, diceva:

Mio caro Hans, questa è una lettera difficile. Prima di tutto voglio dirti quanto mi dispiaccia che tu stia per partire per l’America. Non dev’essere facile per te, che ami tanto la Germania, ricominciare una nuova vita in un paese con cui né io né te abbiamo niente in comune e mi immagino l’amarezza e l’infelicità che devi provare. Tuttavia, questa è la soluzione più saggia, date le circostanze

Fred Uhlman, L’amico ritrovato, 1971, tr. it. M. Castagnone, Feltrinelli 1986, p. 83

La data del 19 gennaio segna la fine di una fase felice della vita di Hans, giovane studente ebreo, mandato dalla famiglia negli Stati Uniti per salvarsi dalle persecuzioni naziste incombenti. È la data della partenza, che lo allontana dall’amico Konradin (l’amico che “ritroverà”, in un modo inaspettato e toccante alla fine del racconto); è la data del suo compleanno ed  è anche la data di nascita dello scrittore Fred Uhlman, nato a Stoccarda il 19 gennaio del 1901. 

Dicono del libro
“Due ragazzi sedicenni frequentano la stessa scuola esclusiva. L’uno è figlio di un medico ebreo, l’altro è di ricca famiglia aristocratica. Tra loro nasce un’amicizia del cuore, un’intesa perfetta e magica. Un anno dopo, il loro legame è spezzato. Questo accade in Germani, nel 1933… Racconto di straordinaria finezza e suggestione, L’amico ritrovato è apparso nel 1971 negli Stati Uniti”
(dalla quarta di copertina delled. Feltrinelli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“…Le cinque erano appena suonate, quel mattino del 19 gennaio, quando Bessie entrò con una candela…”
Charlotte Brontë, Jane Eyre

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“… Così fino al diciannove gennaio. Fu una di quelle giornate di Buenos Aires in cui l’uomo si sente non soltanto maltrattato e oltraggiato dall’estate…”
Jorge Luis Borges, There are more things. Il libro di sabbia

pittura
“Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969”
Alighiero Boetti

14 Gennaio

14 gennaio 2014

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Il quattordici gennaio del 1922, Emma Zunz, di ritorno dalla fabbrica di tessuti Tarbuch e Loewenthal, trovò in fondo all’ingresso una lettera, col timbro del Brasile, dalla quale seppe che suo padre era morto. La ingannarono, a prima vista, il francobollo e la busta; poi, la inquietò la calligrafia sconosciuta. Nove o dieci righe scarabocchiate cercavano di riempire il foglio

Jorge Luis Borges, Emma Zunz, 1949, tr. it. F. Tentori Montalto, I Meridiani, Mondadori 1985, I, p. 813

Uno dei racconti della raccolta L’Aleph, Emma Zunz  narra l’elaborata e dolorosa vendetta di una figlia che vuole rendere giustizia al padre ingiustamente accusato di un furto. Lo “splendido argomento” – così lo definisce lo stesso Borges – del racconto si intreccia con il tema del tempo e del trovarsi nei giorni.  Quando il 14 gennaio la giovane Emma viene a sapere che il padre è morto il 3 dello stesso mese, la notizia le fa desiderare di “trovarsi già al giorno dopo”, desiderio inutile “perché la morte di suo padre era la sola cosa che fosse accaduta al mondo e che sarebbe continuata ad accadere, senza fine”.  E ancora “i fatti gravi stanno fuori del tempo, sia perché in essi il passato rimane come scisso dal futuro, sia perché le parti che li formano non paiono consecutive”.
Il 14 gennaio compare anche nel racconto
L’anziana signora (Il manoscritto di Brodie)

Dicono del libro
“All’infuori di Emma Zunz  (il cui splendido argomento, tanto superiore alla sua timida esecuzione, mi fu dato da Cecilia Ingenieros) e di Storia del guerriero e della prigioniera che si propone d’interpretare due fatti degni di fede, i racconti di questo libro appartengono al genere fantastico”
(Jorge Luis Borges)

 

Altre storie che accadono oggi

“.. Il 14 gennaio sbarcavo sano e salvo a Dover…”
Daniel Defoe, Robinson Crusoe

 

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“… Sulla copertina di ‘Time’, del 14 gennaio 1996, c’era la sua immagine…”
Philip K. Dick, Tempo fuori luogo

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“… fino alla notte del 14 gennaio 1929 non avrebbe mai pensato di doversene andare dalla California…”
Paul Auster, Il libro delle illusioni

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“… 14 gennaio E’ ancora una volta domenica. Sono tutti usciti, oggi, subito dopo colazione…”
Alba De Cespedes, Quaderno proibito (segnalazione di Emiliano Ruocco ‏@EMILI4NS)
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“… Mi domanda che giorno è, gli rispondo che è il 14 gennaio, che siamo a Milano…”
Michele Dalai, Le più strepitose cadute della mia vita (segnalazione di Federica @cutierudegirl)

pittura
Un quadro di On Kawara, della serie dell’oggi, JAN. 14, 2011

14 Gennaio

14 gennaio 2013

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Il quattordici gennaio del 1922, Emma Zunz, di ritorno dalla fabbrica di tessuti Tarbuch e Loewenthal, trovò in fondo all’ingresso una lettera, col timbro del Brasile, dalla quale seppe che suo padre era morto. La ingannarono, a prima vista, il francobollo e la busta; poi, la inquietò la calligrafia sconosciuta. Nove o dieci righe scarabocchiate cercavano di riempire il foglio

Jorge Luis Borges, Emma Zunz, 1949, tr. it. F. Tentori Montalto, I Meridiani, Mondadori 1985, I, p. 813

Uno dei racconti della raccolta L’AlephEmma Zunz  narra l’elaborata e dolorosa vendetta di una figlia che vuole rendere giustizia al padre ingiustamente accusato di un furto. Lo “splendido argomento” – così lo definisce lo stesso Borges – del racconto si intreccia con il tema del tempo e del trovarsi nei giorni.  Quando il 14 gennaio la giovane Emma viene a sapere che il padre è morto il 3 dello stesso mese, la notizia le fa desiderare di “trovarsi già al giorno dopo”, desiderio inutile “perché la morte di suo padre era la sola cosa che fosse accaduta al mondo e che sarebbe continuata ad accadere, senza fine”.  E ancora “i fatti gravi stanno fuori del tempo, sia perché in essi il passato rimane come scisso dal futuro, sia perché le parti che li formano non paiono consecutive”.
Il 14 gennaio compare anche nel racconto 
L’anziana signora (Il manoscritto di Brodie)

Dicono del libro
“All’infuori di Emma Zunz  (il cui splendido argomento, tanto superiore alla sua timida esecuzione, mi fu dato da Cecilia Ingenieros) e di Storia del guerriero e della prigioniera che si propone d’interpretare due fatti degni di fede, i racconti di questo libro appartengono al genere fantastico”
(Jorge Luis Borges)

4 Gennaio

4 gennaio 2013

 

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Comprai l’attrezzatura da pesca e le esche, e andavo fuori cento metri oltre la mia casa, prendevo corbine e sgombri, e una volta presi un halibut. Li portavo a casa, li cucinavo ed erano pessimi, li buttavo fuori sulla sabbia, e gabbiani vigili piombavano giù e se li portavano via. Un giorno dissi: devo scrivere qualcosa. Scrissi una lettera a mia madre, ma non riuscii a metterci la data. Non avevo la cognizione del tempo. Andai a trovare la giapponese e le domandai la data.
‘Il quattro gennaio’ disse lei.
Sorrisi. Ero stato lì due mesi, e non mi erano sembrati più di due settimane 

John Fante, Sogni di Bunker Hill, 1982, tr. it. F. Durante, Marcos y Marcos, Milano, 1996, p. 121

Dicono del libro
Ultimo romanzo di John Fante, Sogni di Bunker Hill è “il romanzo di uno scrittore a Hollywood. Il problema dello scrittore Arturo Bandini è sì quello del denaro, ma soprattutto quello della scrittura. Una volta ottenuto l’impiego negli studios, trovandosi a ricevere una quantità per lui enorme di danaro senza produrre una sola riga, la nevrosi gli si presenta. Vuole essere uno scrittore, ma si accorge di essere pagato per non esserlo. Come uscirne? Nell’unico modo che Arturo Bandini conosce: viaggiando, fuggendo (…) Bandini torna ben presto a essere il disperato di sempre, il vagabondo perenne delle città nella polvere”
Pier Vittorio Tondelli (prefazione edizione Marcos y Marcos, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

 

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“… La mattina del 4 gennaio 1925 mia madre fu colta dalle doglie…”
Yukio Mishima,Confessioni di una maschera 

 

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“… Sono nato il 4 gennaio 1951, nella prima settimana del primo mese del primo anno della seconda metà del ventesimo secolo…”
Haruki Murakami, A sud del confine, a ovest del sole

 

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“4 genn.1929  La vita, insomma, è molto solida o molto instabile? Sono ossessionata da questa contraddizione ”
Virginia Woolf  (segnalazione di Adriana Giuffrida ‏@melanthea)

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Comprai l’attrezzatura da pesca e le esche, e andavo fuori cento metri oltre la mia casa, prendevo corbine e sgombri, e una volta presi un halibut. Li portavo a casa, li cucinavo ed erano pessimi, li buttavo fuori sulla sabbia, e gabbiani vigili piombavano giù e se li portavano via. Un giorno dissi: devo scrivere qualcosa. Scrissi una lettera a mia madre, ma non riuscii a metterci la data. Non avevo la cognizione del tempo. Andai a trovare la giapponese e le domandai la data.
‘Il quattro gennaio’ disse lei.
Sorrisi. Ero stato lì due mesi, e non mi erano sembrati più di due settimane 

John Fante, Sogni di Bunker Hill, 1982, tr. it. F. Durante, Marcos y Marcos, Milano, 1996, p. 121

Dicono del libro
Ultimo romanzo di John Fante, Sogni di Bunker Hill è “il romanzo di uno scrittore a Hollywood. Il problema dello scrittore Arturo Bandini è sì quello del denaro, ma soprattutto quello della scrittura. Una volta ottenuto l’impiego negli studios, trovandosi a ricevere una quantità per lui enorme di danaro senza produrre una sola riga, la nevrosi gli si presenta. Vuole essere uno scrittore, ma si accorge di essere pagato per non esserlo. Come uscirne? Nell’unico modo che Arturo Bandini conosce: viaggiando, fuggendo (…) Bandini torna ben presto a essere il disperato di sempre, il vagabondo perenne delle città nella polvere”
Pier Vittorio Tondelli (prefazione edizione Marcos y Marcos, op. cit.)