26 Ottobre

26 ottobre 2024

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Il Dottor Augusto Vanghetta, pretore in sottordine con quasi quindici anni di carriera alle spalle, arrivò a Cuvio, dove era stato destinato in qualità di titolare, nel pomeriggio del 26 ottobre 1930. Negli uffici della sua nuova sede, ricavati al piano nobile d’un palazzo secentesco, non trovò il predecessore, partito il giorno prima, ma soltanto un vecchio cancelliere, che dopo avergli fatto visitare la sala delle udienze, l’archivio, la stanza dei corpi di reato e i locali dell’ufficiale giudiziario, lo lasciò solo in un ampio salone sulla cui porta era fissata una targa di smalto con scritto: Gabinetto del pretore. Seduto alla scrivania, diede una sbirciata al ritratto di Vittorio Emanuele III e a quello di Mussolini appesi alla parete che aveva di fronte, poi girò lo sguardo sulle librerie e sull’armadio, fermandolo alla finestra che dava verso la valle. Trovati buoni i mobili, piacevole la vista e comoda la poltrona, si sentì soddisfatto. Che altro poteva desiderare dalla vita, ormai che era pretore titolare di Cuvio?

Piero Chiara, Il pretore di Cuvio, 1973, Mondadori 1973, p.9

La storia del cinquantenne Augusto Vanghetta, “laureato miracolosamente” e diventato pretore grazie a una legge destinata a ripopolare l’organico della magistratura dopo la guerra, si svolge nella città di Cuvio, in provincia di Varese. Dedito più alle donne e agli affari che alla sua attività, Vanghetta trascorrerà a Cuvio tre anni, accorgendosi in ritardo che il giovane assistente di studio e vicepretore ha una relazione con sua moglie Evelina, dentro la sua stessa casa. Quando arriva a Cuvio, la carriera di Vanghetta sembra avviata verso il successo e la stabilità, il pomeriggio del 26 ottobre 1930.

Dicono del libro

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27 Giugno | 27 Juin

27 giugno 2024

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Une fin d’après-midi radieuse. Un soleil presque sirupeux dans les rues paisibles de la Rive Gauche. Et partout, sur les visages, dans les mille bruits familiers de la rue, de la joie de vivre.
Il y a des jours ainsi, où l’existence est moins quotidienne et où les passants, sur les trottoirs, les tramways et les autos semblent jouer leur rôle dans une féerie.
C’était le 27 juin. Quand Maigret arriva à la poterne de la Santé, le factionnaire attendri regardait un petit chat blanc qui jouait avec le chien de la crémière.
Il doit y avoir des jours aussi où les pavés sont plus sonores. Les pas de Maigret résonnèrent dans la cour immense

Georges Simenon, La guinguette à deux sous, 1931 |

Un tardo pomeriggio radioso. Un sole quasi languido nelle strade tranquille della Rive Gauche. E ovunque la gioia di vivere, sui visi, nei mille rumori familiari della strada. 
Ci sono giorni come questo, in cui l’esistenza è meno banale, e i passanti sui marciapiedi, i tram e le auto sembrano uscire da una fiaba.
Era il 27 giugno. Quando Maigret arrivò alla postierla della Santé, la guardia osservava intenerita un gattino bianco che giocava con il cane della lattaia.
E ci sono giorni in cui anche il selciato dev’essere più sonoro. I passi di Maigret risuonarono nell’immenso cortile

Georges Simenon, La balera da due soldi, 1931, tr. it. E. Vicari, Adelphi e-book 2012

Come spesso accade nelle storie del commissario Maigret, l’atmosfera della giornata è una cornice in cui tutti gli eventi narrati si dispongono, sia i crimini che vengono commessi, sia la vita simultanea della città e soprattutto le mosse, i pensieri, i tragitti dello stesso commissario. Il 27 giugno – un giorno di luce straordinaria, che contrasta con il luogo in cui si dirige – Maigret varca la porta della prigione per incontrare il condannato a morte Jean Lenoir, per il quale quel 27 giugno è l’ultimo giorno. Ma l’incontro fra i due è anche l’ingresso in un’altra storia, accaduta anni prima e segnata da altre date da ricostruire, mentre l’estate si fa più calda e Maigret rimanda le ferie in campagna di giorno in giorno.

 

Dicono del libro

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I Giugno

1 giugno 2024

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Il primo di giugno dell’anno scorso Fontamara rimase per la prima volta senza illuminazione elettrica. Il due di giugno, il tre di giugno, il quattro di giugno, Fontamara continuò a rimanere senza illuminazione elettrica. Così nei giorni seguenti e nei mesi seguenti, finché Fontamara si riabituò al regime del chiaro di luna. Per arrivare dal chiaro di luna alla luce elettrica, Fontamara aveva messo un centinaio di anni, attraverso l’olio di oliva e il petrolio. Per tornare dalla luce elettrica al chiaro di luna bastò una sera

Ignazio Silone, Fontamara, 1933-34 (1953), Mondadori 1988, p. 15

Nel piccolo paese della Marsica a cui lo scrittore Ignazio Silone dà il nome di Fontamara, il tempo è scandito dai lavori dei campi e della pastorizia, e da poche feste religiose. L’avvento del Fascismo – che sostituisce il vecchio sindaco col podestà – peggiora il gramo bilancio delle vite degli abitanti del paese, esasperando i soprusi dei proprietari nei confronti dei cafoni al punto da instillare – da ultimo – un seme di rivolta. La vicenda, narrata da più voci che si danno il cambio nei diversi capitoli, ha inizio il primo di giugno, quando la corrente elettrica, la cui bolletta nessuno poteva più pagare, viene staccata. Altre brutte sorprese – fra cui la deviazione del ruscello per irrigare i campi – attendono i fontamaresi, in quel mese di giugno già arido e polveroso. 

Dicono del libro

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