Planet Earth: 21st Century di Daniela Comani
Ci voleva un’artista residente a Berlino – e proveniente da un’altra città che inizia con la B, Bologna – per portare nel nuovo millennio l’immagine della città, le immagini delle città. Quelle Städtebilder che un nativo berlinese, Walter Benjamin, aveva descritto seguendo i labirinti delle strade, gli spiazzi fra i blocchi degli edifici, i monumenti, le colonne che si levano sulle piazze “come la data sul blocco di un calendario”.
Ci voleva un’artista che si era immersa profondamente nel Tempo, raccontando in prima persona il periglioso Novecento nella sua opera Sono stata io. Diario 1900-1999, dove – non per caso – Benjamin è evocato alla data del 27 settembre “mi tolgo la vita a Portbou, sulla frontiera tra Francia e Spagna”.
È stato scritto che la descrizione della città è un viaggio nel tempo piuttosto che nello spazio, un viaggio nella familiarità che diventa straniera, nel presente che lascia trapelare il passato, nella lontananza che si alterna alla prossimità.
Se queste osservazioni valgono ancora nell’epoca dei viaggi veloci, dei blog turistici, dei satelliti, delle webcam, allora la nuova opera di Daniela Comani, Planeth Earth: 21st Century, ne è l’espressione più esattamente straniante, la più vicina alle trasformazioni delle tecnologie e dei punti di vista.
Il punto di partenza di Planet Earth è una raccolta di immagini di città, un materiale visivo proveniente dalle applicazioni di cartografia tridimensionale Apple Maps e Google Earth Virtual Reality. Basate su programmi 3D di rendering che creano un mondo tridimensionale grazie a immagini satellitari e fotografia aerea, queste tecnologie consentono di sorvolare le città in 3D, girando intorno a edifici e monumenti, strade, svincoli, ponti e ogni genere di infrastrutture.
Nel corso di queste esplorazioni virtuali, Daniela Comani ha “catturato” centinaia di foto, manipolando le immagini prodotte dalle mappe di Apple e Google Earth, in modo che ne risulti un panorama privo di presenze umane, ma denso di pattern murari, di ombre e profondità.
Una volta ottenute queste vedute – souvenir di un pianeta antropico dove gli esseri umani non compaiono – l’artista le ha stampate nel formato tradizionale della cartolina. Un formato che permette anche – agli interlocutori di quest’opera – di accettare la suggestione narrativa delle immagini e di scrivere sul lato bianco del cartoncino la propria storia per quell’immagine, per quella città, per il proprio viaggio, per la propria memoria.
Da una raffinata tecnologia geolocalizzata al ricordo da spedire via posta, dall’occhio planetario allo sguardo privato, Planeth Earth: 21st Century è anche una inaspettata opera partecipativa, story-telling postale all’insegna di un lieve disorientamento condiviso, dove la sorpresa è continuamente dietro l’angolo delle strade.
Durante il National Geographic Festival delle Scienze 2019 di Roma (Auditorium Parco della Musica, Foyer Petrassi, 8-14 aprile 2019), Planet Earth: 21st Century diventa una mostra, allestita nella forma più consona al suo tema: chi la visita può infatti curiosare fra le cartoline sistemate in una serie di espositori girevoli, tipici oggetti del turismo globale.
E sempre presso l’Auditorium Parco della della Musica di Roma, nello spazio di passaggio tra il foyer della Sala Petrassi e il Teatro Studio Borgna, il Sound Corner permanente ospita la versione audio di Sono stata io. Diario 1900-1999.
Il sito dell’artista Daniela Comani.
Antonella Sbrilli