Un film lungo 24 ore: “Psycho” per l’artista Douglas Gordon e lo scrittore DeLillo
Due date in Punto omega di Don DeLillo di Antonella Sbrilli
Il soggiorno del giovane regista americano Jim Finley nella casa nel deserto di Richard Elster, intellettuale e consulente bellico, sul quale vuole girare un film; l’arrivo e l’improvvisa scomparsa della figlia di Elster, la giovane Jessica, che ha una relazione con un uomo che forse si chiama Dennis; le intense conversazioni sul tempo e sulla coscienza, sono il nucleo della vicenda narrata nel libro Punto omega di Don DeLillo (2010, tr. it. F. Aceto, Einaudi).
Questo nucleo è racchiuso fra due brevi capitoli, dal titolo Anonimato e Anonimato 2, datati il 3 e il 4 settembre e ambientati in una sala del museo (il Moma di New York), in cui è esposta un’opera dell’artista scozzese Douglas Gordon, realizzata nel 1993 e citata in chiusura del libro. L’opera è 24 Hour Psycho: “non era un film, ma un’opera concettuale. Il vecchio film di Hitchcock proiettato così lentamente da durare ventiquattro ore”.
In questi due capitoli, il punto di vista è quello di un visitatore che – veniamo a sapere – sta visitando l’opera ripetutamente, come immergendosi nel tempo “allo stato puro” che la proiezione rallentata consente. Durante le sue visite, inoltre, osserva con attenzione gli altri spettatori. Nel primo Anonimato, datato 3 settembre, incontra nella sala un giovane e un anziano, che si trattengono pochi istanti. In Anonimato 2, datato 4 settembre, incontra una ragazza con cui scambia una breve conversazione, senza presentazioni, ma che gli consente di memorizzare il numero di telefono.
Sono evidentemente i protagonisti della vicenda – Jim e Elster e Jessica, mentre il visitatore è l’uomo misterioso con cui la ragazza ha una relazione; riconoscibili tutti dai loro comportamenti e dal riferimento – nella parte centrale della storia – alle visite fatte, in due giorni successivi, a 24 Hour Psycho. La presenza di quest’opera dell’artista Douglas Gordon, che espande la durata del film di Hitchcock alle 24 ore, rallentando la proiezione da 24 a 2 fotogrammi al secondo, è di importanza cardinale nella storia narrata in Punto omega. Il tempo del film originale (la cui vicenda – detto per inciso – inizia un 11 dicembre); il tempo rallentato della sua proiezione; il tempo del racconto; il tempo “furtivo degli orologi, dei calendari”, si intrecciano nella lettura, creando passaggi fra finzioni e realtà. Fra questi passaggi, rientra la scelta delle uniche date presenti nel libro: quel 3 e 4 settembre che – nel 2006 – furono gli ultimi giorni in cui al Museum of Modern Art di New York fu effettivamente visibile 24 Hour Psycho di Douglas Gordon.
Antonella Sbrilli (@asbrilli)
24 Hour Psycho di Douglas Gordon di Susanna Elettra Cecchini
Artista versatile, instancabile esploratore delle possibilità espressive offerte dai media più disparati, Douglas Gordon (Glasgow, 1966) è considerato una delle celebrità artistiche più irriverenti del mondo dell’arte contemporanea. Conosciuto per le destabilizzanti rivisitazioni di classiche pellicole della storia del cinema, l’artista ha costantemente reso omaggio nella sua attività alla Settima Arte. Il cinema entra nella produzione dell’artista a partire dal 1993 quando, invitato ad esporre al Tramway, antica stazione di tram in disuso a sud di Glasgow, presenta 24 Hour Psycho, opera che segna l’inizio delle sue sperimentazioni con il video. Ripreso il celebre film di Hitchcock del 1960, Psycho, ne sconvolge la durata dilatando i 109 minuti previsti dalla pellicola fino all’insostenibile durata di ventiquattro ore. Il risultato è una video-proiezione di grandi dimensioni che gioca a mettere in crisi i convenzionali tempi obbligati della fruizione cinematografica, proponendo la visione ‘nuova’ di un film radicato nell’immaginario collettivo. Il senso di profonda frustrazione che accompagna lo spettatore nel tentativo di fare esperienza dell’opera nella sua interezza viene mitigato dal voyeuristico piacere di contemplare le note sequenze del film nel dettaglio, tentando di recuperare ciò che in una tradizionale proiezione di 24 frame al secondo inevitabilmente si perderebbe.
Il rallentamento estremo del movimento delle immagini, l’assenza di sonoro che priva la pellicola di una delle colonne sonore più suggestive della storia del cinema, ammantano 24 Hour Psycho di un’atmosfera misteriosa e sospesa che si perpetua per un giorno intero.
Susanna Elettra Cecchini