Hanne Darboven: le date come materia prima dell’arte
Hanne Darboven. La stacanovista amanuense del tempo (testo di Michele Brescia)
“Sono state giornate furibonde senza atti d’amore, senza calma di vento, solo passaggi e passaggi passaggi di tempo, ore infinite come costellazioni e onde” . Questi versi sull’implacabile scorrere del tempo, tratti dal brano Anime Salve del 1996 e firmati da De Andrè e Fossati, condensano il significato più profondo dell’opera dell’artista concettuale tedesca Hanne Darboven: il tempo è stato, infatti, l’oggetto costante della sua indagine.
Il suo lavoro è stato ricondotto alle ricerche di artisti come Roman Opalka e On Kawara, i quali, a partire dalla metà degli anni Sessanta, furono impegnati nel tentativo estremamente determinato di cogliere e ritrarre il tempo, di dare una visualizzazione spaziale al suo fluire.
Darboven (Monaco di Baviera, 1941 – Amburgo, 2009) adempì questa missione con un’attività instancabile e una cura certosina, sin dalle prime fasi della sua produzione artistica, quando cominciò a cimentarsi con le addizioni numeriche, realizzate sommando le date recate dal calendario, quest’ultimo assunto come regolatore totemico della sua scrittura matematica. Il punto di partenza della registrazione del quotidiano operata dall’artista tedesca sta nell’incrocio della data, il cosiddetto valore K, che prende il nome dalla costruzione e dalle caselle che visualizzano questo valore. La Konstruktion, una operazione matematica che coinvolge la somma dei numeri che indicano una data nella forma europea (giorno/mese/anno), diventa così la base del progetto estetico di Darboven. Indicato con K, il sistema è messo a punto già nel 1968 dall’artista, che lo usa per introdurre il concetto di tempo nei suoi disegni su carta millimetrata.
In questo sistema, per fare un esempio, la data 1/1/96 diventa, mediante una semplice addizione aritmetica, 1 + 1 + 9 + 6 = 17K; mentre la data 31/12/96 diventa, sempre con lo stesso procedimento di calcolo, 31 + 12 + 9 + 6 = 57K. Le cifre del giorno e del mese sono prese dunque per intero, mentre quelle dell’anno vengono considerate separatamente; il millennio e il secolo sono omessi.
Da questo momento il tempo diventa il tema centrale dell’indagine di Darboven, poiché l’artista gli riconosce il ruolo di struttura primaria ed essenziale della vita umana: da questa presa di coscienza deriva l’immagine ricorrente del calendario nei suoi lavori successivi.
Un Mese, Un Anno, Un Secolo (1971) ad esempio, consta di 402 libri, ognuno contenente serie di numeri estrapolati da una singola data e raggruppati con altri volumi al fine di rappresentare mesi, anni e, da ultimo, un intero secolo. I suoi libri con le immagini allegate, meticolosamente scritti a mano, incarnano non solo un astratto periodo di tempo ma anche il tempo effettivo del lavoro dell’artista.
Ancora nell’opera Un secolo, (1971–75), Hanne Darboven rappresenta il periodo compreso nei 100 anni, attraverso numeri indicanti ogni giorno e ogni anno, prendendo avvio dal numero 00 e finendo con il 99. Vera e propria summa della fase del lavoro dedicato ai calcoli calendariali effettuati dalla Darboven, consiste di 365 raccoglitori che insieme comprendono tutti i giorni del secolo (da 1.1.00 a 31.12.99), elaborati secondo il sistema ideato dall’artista. Ogni mese è composto da 28-31 libri (corrispondenti ai giorni del mese), ogni libro è composto da 100 pagine,; soltanto quello relativo al 29 febbraio conta 25 pagine. Il primo volume contiene tutti i primi di gennaio del secolo, il secondo, tutti i secondi di gennaio, e così discorrendo fino al 365esimo volume, che contiene tutti i 31 dicembre.
Dopo la magniloquente opera Kulturgeschichte 1880 – 1983 (Storia Culturale 1880 – 1983), uno dei suoi lavori più esaustivi, capace di attraversare riferimenti culturali, politici, sociali del periodo preso in esame, coniugando storia collettiva e autobiografia, con Kalendergeschichten (Kalender 1976 b) / Storie da calendario (Calendario 1976 b) del 1976, Darboven torna alla ricerca tipica del suo lavoro. Infatti questa sua opera si compone di 46 tavole per un totale di 183 fogli, su ciascuno dei quali ci sono due giorni dell’anno 1976 con la loro rispettiva somma incrociata (per esempio 5 +1 +7 +6 = 19 per il 5 gennaio, oppure 14 +1 +7 + 6 = 28 per 14 gennaio).
Ovviamente nella produzione di un’artista così legata alla scrittura e alla sua missione di registrare gli eventi del quotidiano, certo non poteva mancare la componente diaristica. Del 1989 è infatti Existenz 66-88 (Esistenza 66-88), un lavoro basato su 22 anni di agende personali cominciate dalla Darboven nel 1966 e concluse nel 1988. Existenz 66-88 amplia la categoria di forme calendariali usate nel lavoro della Darboven, fino a includere l’agenda, categoria che già in un lavoro precedente, New York diary del 1974, aveva trovato un’area di ricerca nelle annotazioni quotidiane.
Una selezione di opere di Hanne Darboven (organizzata a sua volta in forma di calendario) è visitabile nel sito della Dia Art Foundation. (m.b.)