10 Giugno

10 giugno 2014

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Il 10 giugno del 1940 era una giornata nuvolosa. Erano tempi che non avevamo voglia di niente. Andammo alla spiaggia lo stesso, io e un mio amico che si chiamava Jerry Ostero. Si sapeva che al pomeriggio avrebbe parlato Mussolini, ma non era chiaro se si sarebbe entrati in guerra o no. Ai bagni quasi tutti gli ombrelloni erano chiusi; passeggiammo sulla riva scambiandoci supposizioni e opinioni, con frasi lasciate a mezzo, e lunghe pause di silenzio

Italo Calvino, L’entrata in guerra, 1954, in Romanzi e racconti, I Meridiani Mondadori, vol. I, 1991 (ed. cons. 2003), p. 485

La mattina del 10 giugno del 1940, il ragazzo, protagonista di questo racconto, è al mare con un amico. Il tempo è nuvoloso, ma una schiarita permette di fare un giro in moscone, di tirare su col remo una medusa, di corteggiare una ragazza. Tutto cambia in poche ore: “Quando ci ritrovammo verso le sei, eravamo entrati in guerra. Era sempre nuvolo; il mare era grigio”. L’annuncio di Mussolini che l’Italia parteciperà al conflitto al fianco della Germania, spezza in due quella giornata, anniversario anche del delitto Matteotti, avvenuto sedici anni prima. E porta i primi allarmi aerei, le prime manovre militari, le corriere con i profughi, alloggiati nella scuola. Il ragazzo si darà da fare per dare una mano agli sfollati, passando così, in poche ore che sembrano giorni e giorni, dalla gita in pattino al “continente grigio” della guerra. 

Dicono del libro
“Qui la guerra è una cosa di cui ancora poco si sa: sono i primi tempi dell’intervento italiano in quello che si dirà il secondo conflitto mondiale; e il protagonista è un ragazzo sotto vari riguardi privilegiato, sottratto al dramma dei problemi urgenti e che – forse proprio per questo – poco sa ancora di se stesso. Ma i fatti narrati già contengono prefigurata e implicita in sé molta parte del futuro; e già in essi opera, col suo ritmo discontinuo, l’eterna interferenza tra le spinte della storia collettiva e il maturarsi delle singole coscienze.”
(I. Calvino, in Romanzi e Racconti, I Meridiani Mondadori, vol.  I, op. cit., p. 1317).

Altre storie che accadono oggi

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“…Ma il giorno di Camões è il dieci di giugno, obiettò Pereira, signor direttore…”
Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira

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10.6.1924 
Banco del Mutuo Soccorso, terza traccia dell’album Garofano rosso, 1976 (colonna sonora film omonimo di Luigi Faccini, dal romanzo di Elio Vittorini)

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“…Evento databile intorno al 10 giugno – una sera piovosa, meno di una settimana dopo il mio primo arrivo a Ardis…”
Vladimir Nabokov, Ada

9 Giugno

9 giugno 2014

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Io dico che, secondo l’usanza d’Arabia, l’anima sua nobilissima si partio ne la prima ora del nono giorno del mese; e secondo l’usanza di Siria, ella si partio nel nono mese dell’anno, però che lo primo mese è ivi Tisirin primo, lo quale a noi è Ottobre; e secondo l’usanza nostra ella si partio in quello anno de la nostra indizione, cioè de li anni Domini, in cui lo perfetto numero nove volte era compiuto in quello centinaio nel quale in questo mondo ella fue posta, ed ella fue de li cristiani del terzodecimo centinaio. Perché questo numero fosse in tanto amico di lei, questa potrebbe essere una ragione: con ciò sia cosa che, secondo Tolomeo e secondo la cristiana veritade, nove siano li cieli che si muovono, e secondo comune oppinione astrologa, li detti cieli adoperino qua giuso secondo la loro abitudine insieme, questo numero fue amico di lei per dare ad intendere che ne la sua generazione tutti e nove li mobili cieli perfettissimamente s’aveano insieme

Dante Alighieri, Vita nuova, XXIX (XXX), 1292-1293 (ed. Garzanti 1993, pp. 55-56)

La Beatrice di Dante è identificata, storicamente, con la figlia di Folco Portinari, morta nel giugno del 1290. Nella Vita nuova, Beatrice – incontrata per la prima volta quando il poeta ha nove anni e di nuovo a distanza di nove anni – è evocata come immagine dell’amore, cortese e cristiano, e come tramite di una riflessione sulla vocazione poetica e profetica dell’autore. Al numero nove, simbolo di perfezione in quanto prodotto del tre (la Trinità) per sé stesso, “si legano sia la figura di Beatrice che le vicende raccontate nella Vita Nuova”. Nel paragrafo XXIX, la data della morte della donna è restituita – comparando diversi calendari – attraverso questa cifra: secondo l’usanza d’Arabia, Beatrice è spirata nella prima ora del nono giorno di quello che – secondo l’usanza di Siria – è il nono mese dell’anno. Poiché i mesi “secondo l’uso siriano” si contano da ottobre, il nono mese è giugno; quanto al giorno, è passato il tramonto dell’8 e, “secondo l’usanza d’Arabia”, è la prima ora del giorno nono. “Questa donna fu accompagnata da questo numero del nove, a dare ad intendere ch’ella era uno nove, cioè uno miracolo”, una “perfetta armonia numerica”.

Dicono del libro
“la prima opera certa deve considerarsi la Vita nuova (1292-93), composta di rime (25 sonetti, 4 canzoni, 1 ballata, 1 stanza di canzone) e di capitoli in prosa poetica, cui è affidata la duplice funzione di svolgere l’itinerario autobiografico da cui nascono i versi e di commentarli retoricamente. L’esile vicenda s’incentra intorno a un’esperienza d’amore idealizzata, quella del poeta per Beatrice, che Dante narra d’aver incontrato la prima volta a nove anni e d’aver rivisto soltanto nove anni dopo, quando salutandolo l’aveva lasciato smagato e confuso. Da questi incontri si snoda l’intimo memoriale, dapprima profano e ‘cortese’, poi sempre più agiografico, finché la morte di Beatrice non trasforma l’amata e quell’amore in mito cristiano, in Amore assoluto e mezzo di elevazione a Cristo”.
(dall’introduzione di E. Sanguineti all’ed. Garzanti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

pittura

Dante Gabriel Rossetti, Primo anniversario della morte di Beatrice (Dante disegna un angelo), 1853, acquerello, Oxford, Ashmolean Museum

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“…La sera del 9 giugno, sul punto di separarsi da Andrea, ella cercava un suo guanto smarrito…”
Gabriele D’Annunzio, Il piacere

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“…9 giugno. È una vera fortuna che il Padrone di casa sia assente, perché nelle ultime ventiquattr’ore essa si è trasformata in un vero Pandemonio…”
Antonia S. Byatt, Possessione

8 Giugno

8 giugno 2014

 

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Mai una volta mi è saltato in mente di scoprire da dove veniva l’acqua di casa nostra. Si vede che c’è un pozzo. Te l’immagini! E abbiamo abitato qui fin da quando avevo dieci anni! L’8 giugno 1949. Io sono dei Gemelli. Il mughetto è il fiore del giorno della mia nascita. Lo sapevi che i mughetti sono molto velenosi? Facemmo il trasloco qui il giorno del mio compleanno. Niente festa. L’autotreno rimase incagliato fra i pali del cancello d’entrata proprio il giorno del trasloco

Saul Bellow, Il pianeta di Mr. Sammler, 1970, tr. it. L. Ciotti Miller, Feltrinelli 1981, p.216

Mentre l’amato nipote Elya sta morendo in un ospedale di New York, lo zio Arthur Sammler, un intellettuale polacco settantenne che è arrivato negli Stati Uniti dopo essere scampato alla guerra e all’olocausto, è a New Rochelle, nella casa del nipote. Shula, la figlia di Sammler, durante una conferenza, ha sottratto il manoscritto di un libro sul Futuro della Luna al professore indiano Govinda Lal, per darlo al padre, che da anni sta scrivendo un saggio sullo scrittore di fantascienza Herbert G. Wells. La restituzione di questo manoscritto riunisce in casa  diversi componenti della famiglia e scatena un vivace confronto di opinioni, credenze, aspettative e ricordi. Nel pieno della discussione, ecco che l’appartamento si allaga perché uno dei figli di Elya ha rotto un tubo dell’acqua cercando nelle tubature il denaro che forse il padre vi ha nascosto. L’incidente riporta alla memoria la vita della casa e nella casa, associazioni di pensieri e giornate di vent’anni prima, come l’8 giugno del 1949. Lo scrittore Saul Bellow (1915-2005) festeggiava il suo compleanno il 10 giugno. 

Dicono del libro

“Iniziato verso la fine degli anni Sessanta, Mr Sammler’s Planet raggiunge la sua forma definitiva nel 1969 nell’arco di alcuni mesi di lavoro frenetico e di spostamenti altrettanto frenetici da parte dell’autore: esce il 1° febbraio del 1970 per la Viking. (…) La vicenda del romanzo si svolge sullo sfondo di una società indulgente ed eccessiva, la cui rivoluzione sessuale in corso è vista come emblematica del declino della civiltà. Il protagonista, Sammler, un intellettuale settantaduenne che ama la letteratura inglese e in particolare H. G. Wells, è definito dallo stesso Bellow nel romanzo un individuo ‘al passato’.”

(dalle notizie ai testi in Romanzi, ed. I Meridiani Mondadori, 2008, II, p. 1912)

Altre storie che accadono oggi

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“…Ma all’improvviso – era l’8 di giugno – i suoi sentimenti ebbero ragione di lui. Si slanciò sul signor Browning, e ferocemente lo morsicò…”

Virginia Woolf, Flush

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“…Oggi è l’8 di giugno, il suo compleanno. In qualsiasi altro giorno non mi sarei decisa a chiedertelo. Scrivimi qualcosa di lui e di te…”

Vladimir Nabokov, Il dono

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“… La mattina dell’8 giugno, da sudovest, ci investì a più di quaranta nodi un vento da uragano…”

Luis Sepúlveda, Il mondo alla fine del mondo

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“…L’essere che chiamo ‘io’ venne al mondo un certo lunedì 8 giugno 1903, verso le otto del mattino…”

Marguerite Yourcenar, Care memorie (segnalato da @sandra_mzz)

7 Giugno

7 giugno 2014

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il giorno sette di giugno, all’alba, lo Zahir giunse alle mie mani; non sono più quello che ero allora, ma ancora mi è dato ricordare, e forse narrare, l’accaduto. Ancora, seppur parzialmente, sono Borges

Jorge Luis Borges, Lo Zahir (1947) in L’Aleph, 1949, tr. it. F. Tentori Montalto, in Tutte le opere, I Meridiani Mondadori, 1985, I, p. 847

Dopo aver passato la notte vegliando l’amica Teodelina Villar, all’alba del 7 giugno, come resto di un’aranciata ordinata in una mescita di Buenos Aires, il narratore di questa storia – che si chiama Borges come l’autore- riceve una moneta da 20 centesimi. Da quel momento, il piccolo oggetto diventa un’ossessione, un pensiero a cui non si riesce a sfuggire, un’immagine forte come un incantesimo, a cui gli Arabi danno il nome di Zahir. Chi incontra lo Zahir – sotto qualunque forma – non può pensare ad altro, fino a dimenticare il mondo reale, guadagnando, però, forse, la visione di tutti i “futuri possibili”. Il 7 giugno torna in un altro racconto di Borges, dal titolo Tom Castro, l’impostore inverosimile.

 

Altre storie che accadono oggi

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“7 giugno. E così eccoci amici Edoardo e io..”
Sören Kierkegaard, Diario del seduttore

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“…Sybil gli fece promettere che nulla li avrebbe più divisi e il matrimonio fu fissato per il 7 giugno…”
Oscar Wilde, Il delitto di Lord Arthur Savile

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“… La mattina del 7 giugno 1913 mi ero alzato tardi…”
Stefan Zweig, Notte fantastica

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“…L’anagrafe di Wapping lo chiama Arthur Orton e lo segna sotto la data del 7 giugno 1834…”
Jorge Luis Borges, Tom Castro, l’impostore inverosimile

 

6 Giugno

6 giugno 2014

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Abbiamo strappato via un bel po’ di carta da parati in cucina vicino al frigorifero e abbiamo scoperto che sotto vari strati di carta (margherite; aggeggi adesivi Peel’n Stick per deodorare il frigo) c’erano, in condizioni perfette come il giorno in cui erano state scritte, le parole:

Un giorno radioso 

6 giugno 1974 

Sono lontano ma la mia idea di pace rimane con voi 

d. b.

 

Roba da hippy, ma mi è mancato il fiato quando l’ho letta. E per un attimo ho avuto la sensazione che un’idea sia più importante del semplice fatto di essere vivi, perché un’idea vive molto tempo dopo che te ne sei andato; poi la sensazione è svanita

Douglas Coupland, Microservi, 1995, tr. it. N. Vallorani e E. Guarneri, Feltrinelli, 1998, p. 68

La vita nella sede della Microsoft a Redmond, nei primi anni Novanta, è raccontata da Daniel Underwood, ventiseienne “individuatore di bug”, uno dei tanti giovani “Micro-servi”, impiegati  nella grande industria informatica di Bill Gates. I ritmi di lavoro pressanti e la costante concentrazione sul linguaggio di programmazione stravolgono anche il senso del tempo, che “non è necessariamente lineare”, ma sembra scorrere “in strani mucchi, fasci e mazzetti”, mentre la vita procede giorno per giorno, “una riga di codice senza bug alla volta”. Ogni tanto c’è il bisogno di guardare indietro ed è quello che Daniel fa un giovedì, fra libri e riviste degli anni Settanta. Proprio una data di quegli anni – 6 giugno 1974 – è emersa su una parete della cucina, in un messaggio di pace e serenità lasciato da un precedente abitante della casa e su cui si sono posati strati di carta da parati e di tempo. 

Dicono del libro

“Dopo aver trascorso qualche tempo nella più famosa industria informatica del mondo, la Microsoft, un gruppo di giovani dipendenti – i ‘microservi’ – decide di abbandonare la sicurezza del posto fisso e il loro amato-odiato padre-padrone, per fondare una propria società di software. Nel cuore della bizzarra e digitale Silicon Valley, in California, questi ventenni si trovano alle prese con la modernità e la vita, tra frammenti di esistenza quotidiana che evidenziano aspirazioni e sentimenti di una generazione in cerca d’identità in un mondo sempre più privo di riferimenti etici e morali.”

(dalla quarta di copertina dell’ed. Feltrinelli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Nella giornata del 6 giugno era stato ordinato un rastrellamento delle fogne…”

Victor Hugo, I miserabili

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“…Il sei giugno morì Teodelina Villar. Le sue fotografie, intorno al 1930, occupavano le riviste mondane…”

Jorge Luis Borges, Lo Zahir

5 Giugno

5 giugno 2014

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Alle tre e trenta della notte del 5 giugno 1992, il miglior telepate del Sistema Solare scomparve dalla mappa situata negli uffici della Runciter Associates a New York City. Ciò diede inizio agli squilli dei videofoni. L’organizzazione di Runciter aveva perso le tracce di troppo psi appartenenti al gruppo di Hollis negli ultimi due mesi; quell’ultima sparizione era la goccia finale.
“Signor Runciter? Dolente di disturbarla.”
Il tecnico incaricato del turno notturno alla sala delle mappe tossicchiò nervosamente, mentre la massiccia testa scompigliata di Glen Runciter si sollevava a riempire il videoschermo

Philip K. Dick, Ubik, 1969, tr. it. G. Montanari, Fanucci Editore, 1998, p. 245

Ha inizio con una videochiamata a Glen Runciter, il 5 giugno del 1992, la vicenda narrata in Ubik. In quello che nel 1969 – quando il libro è stato pubblicato – sembra un anno ancora lontano, fra la vita e la morte c’è uno stadio intermedio in cui vivi e semivivi possono comunicare; gli individui hanno sviluppato talenti telepatici e anti-telepatici, capacità di leggere nel pensiero e di contrastare la lettura, mentre lo spray Ubik (dal latino ubique, ovunque) inverte il deterioramento della materia. Regressioni nel tempo lineare che s’innestano una nell’altra e scambi di stato fra chi è vivo e chi è morto mettono continuamente in dubbio la consistenza della realtà; la fine torna all’inizio. E tutto comincia con una chiamata a Glen Runciteralle tre e mezza del mattino del 5 giugno.  

Dicono del libro
“Come fa Glen Runciter, titolare di un’agenzia di anti-telepati a comunicare con sua moglie Ella per avere i suoi consigli dall’aldilà, da un mondo informe e allucinante di semi-vita o non-morte? E perché mai dopo ogni collegamento con Runciter la semi-vita di Ella si va affievolendo sempre più? Che cosa afferra improvvisamente Joe Chip dal suo mondo del 1992 e lo scaglia violentemente nell’America degli anni Trenta? E come è possibile che Joe riceva dei misteriosi e cupi messaggi dal suo capo (Come se fossero ironiche manifestazioni di un Dio biblico), quando questi è stato ormai ucciso da una bomba esplosa sulla Luna? In un’opera unica e irripetibile, che viene considerata unanimamente come il massimo capolavoro del suo autore Philip K. Dick, scrittore tra i più grandi e visionari che la fantascienza abbia mai avuto, ripropone le tematiche che lo resero così famoso: la vita oltre la morte, i poteri psi, e soprattutto la mancanza di un tessuto connettivo vero al di sotto della realtà apparente delle cose, la mancanza di un principio divino che si oppone all’entropia dell’universo”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Fanucci, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Tirò dal taschino della giubba un taccuino e scrisse: “Conosciuto tenente astemio in liquori. 5 giugno 1916…”
Emilio Lussu, Un anno sull’Altipiano

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“…Poi, la sera del cinque di giugno, Maestro Yehudi ebbe un’idea che mutò il corso delle cose…”
Paul Auster, Mr Vertigo

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”… Sono stato qui incarcerato il 5 giugno 1913 e sono stato trattato bene. Josef Marecek, commerciante di Vrsovice…”
J. Hasek, Le vicende del bravo soldato Svejk (segnalazione di Scibbolet)

4 Giugno

4 giugno 2014

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Alla maggior parte dei passeggeri di prima classe della Tobakoff, il pomeriggio del 4 giugno 1901, nell’Atlantico, sul meridiano dell’Islanda e alla latitudine di Ardis, non sembrava propizio agli svaghi all’aria aperta: il cielo di un vivido blu cobalto era solcato da continue folate d’aria gelida e l’acqua della vecchia piscina inondava ritmicamente le piastrelle verdi del bordo; ma Lucette era una ragazza intrepida, abituata ai venti corroboranti non meno che alla detestabile luce del sole

Vladimir Nabokov, Ada o ardore, 1969, tr. it. M. Crepax, Adelphi,  p. 492

La cronaca familiare raccontata da Nabokov nel romanzo Ada o ardore è intricata come un bosco. Le relazioni fra coniugi, cugini, genitori, figli e figlie, fratelli e sorelle, sono presentate all’inizio del libro in un albero genealogico che, però, non dice tutta la verità sui legami di sangue. Nel corso della vicenda, ci si accorge che i due protagonisti principali – Van e Ada, legati da un’attrazione prodigiosa – sono più che cugini. Anche lo spazio e il tempo non coincidono con le nozioni comuni: la Terra è una terra aumentata, dove luoghi esistenti si sovrappongono ad altri fantastici e il Tempo è addirittura l’oggetto di un racconto nel racconto. Le date sono scelte con cura da Nabokov, che nasconde il suo compleanno (23 aprile) e quello della moglie Vera (5 gennaio) nella trama.
Il 4 giugno – si è verso la fine della vicenda – Van è imbarcato su una nave, dove si trova anche la sorella minore di Ada, Lucette, che va incontro al suo destino.

Dicono del libro
Quest’opera di Nabokov è stata rappresentata dalla bottega teatrale Fanny & Alexander, di Chiara Lagani e Luigi De Angelis, in una serie di spettacoli che seguono diverse tracce nella mole complessa del romanzo. Sul 4 giugno, l’ultimo giorno di Lucette, Chiara Lagani ha scritto questo commento per Diconodioggi:
“Pour Elle (Poor L.)
4 giugno
Oggi è un giorno fatale, di prefigurazioni. Il giorno prima di oggi Van si è imbarcato sulla Tobakoff. Quando si imbarca Van non sa ancora che Lucette, innamorata infelice, è nella lista passeggeri. Oggi pomeriggio Van prenderà il sole sul ponte della nave, con lei. Mentre prende il sole Van non sa ancora che questa sarà l’ultima luce-Lucette. Il cielo è vivido, cobalto. Quel cielo, solcato di gelo, non sa ancora d’esser specchio di un mare solcato di lucette intermittenti. L’acqua della piscina inonda il bordo verde. Non sa l’acqua gelida d’alludere a un abisso. Oggi Lucette si tufferà, nella piscina. Non sa che quel tuffo è il preludio a un altro tuffo, definitivo, in cui resterà impigliata, piccola luce nel nero. Oceanus Nox.”  (c.l.)

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Altre storie che accadono oggi

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“… prestito del 21 maggio (vigilia di Pentecoste ) 1904, con restituzione il 4 giugno 1904; ritardo di 13 giorni (tela nera, etichetta bianca per classificazione)…”
James Joyce, Ulisse

tn-1“…Era il pomeriggio del 4 giugno 1944. Stavano tutti fermi sotto la pensilina della scuola Giovanni Cagliero all’angolo tra via delle Cave e la Tuscolana…”
Ascanio Celestini, Storie di uno scemo di guerra

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“… Il diario di Ellen Ash. 4 giugno 1859. La casa riecheggia silenziosa in assenza del mio caro Randolph…”
Antonia S. Byatt, Possessione

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“… non ha reagito così le ultime due volte che la polizia è venuta a prenderci per il 4 giugno…”
Ma Jian, Pechino è in coma (segnalazione di ag @alegissi)

pittura
Giovanni Fattori, Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta (4 giugno 1859), olio su tela, 1861-62, Firenze, Galleria d’Arte moderna

Gerolamo Induno, La battaglia di Magenta (4 giugno 1859), olio su tela, 1861, Milano, Museo del Risorgimento

3 Giugno

3 giugno 2014

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Ma nel calendario non mancano le date e con un po’ d’immaginazione ognuna di esse potrebbe adattarsi al buon proponimento. Ricordo, perché mi parve contenesse un imperativo estremamente categorico, la seguente: “Terzo giorno del sesto mese del 1912 ore 24”. Suona come se ogni cifra raddoppiasse la posta

Italo Svevo, La coscienza di Zeno, 1923, ed. Giunti, 1994, p. 15

Nei suoi tentativi di smettere di fumare – che lo hanno portato anche in una casa di cura – Zeno Cosini annette una grande importanza alla data dell’ultima sigaretta. “Le mie giornate finirono coll’essere piene di sigarette e di propositi di non fumare più”. Le date delle tante ultime sigarette sono segnate sulle pareti, sui libri, sulla ghiaia: sono collegate ad avvenimenti storici, anniversari pubblici e privati o sono scelte in base a concordanze e relazioni fra le cifre, come questa del 3. 6. 12 ore 24, in cui la sequenza aritmetica è ironicamente (e inutilmente) salutata come un buon segno per la riuscita del proposito. 

Dicono del libro
“Il libro è composto di lunghi episodi. Zeno è un malato immaginario, un abulico pieno di buon senso, un uomo che si lascia vivere ma in realtà imbocca sempre la via più giusta. Fumatore accanito accetta di entrare in una casa di cura per disintossicarsi, ma poi riesce a evadere e riprende a fumare. Ricco e quasi disoccupato decide di sposarsi. Frequenta la famiglia Malfenti dove sono disponibili tre ragazze da marito. È respinto dalla più giovane, ferma il suo interesse sulla più bella, Ada”
(dalla prefazione di Eugenio Montale all’ed. Dall’Oglio 1976)

Altre storie che accadono oggi

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“…non lasciai mai la nave finché non giungemmo ai Downs, il che avvenne il 3 giugno 1706, circa nove medi dopo la mia fuga”
Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver

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“…3, giugno. Domani è la festa nazionale. Oggi è un lutto nazionale. Ieri sera è morto Garibaldi. Sai chi era?…”
Edmondo De Amicis, Cuore

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“…Incominciò dalla sera prima. La sera del 3 giugno 1944 quando lui e suo padre Giulio se ne stavano a mangiare dalla sora Irma…”
Ascanio Celestini, Storie di uno scemo di guerra

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“… 3 giugno. Viva Vargas! Oggi siamo fuggiti sulle colline…”
Woody Allen, Saperla lunga 

2 Giugno

2 giugno 2014

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Adesso Quinn  non era in nessun luogo.  Non aveva niente, non sapeva niente. Non soltanto era stato rimandato alla partenza; ora si trovava prima della partenza, in un punto così antecedente alla partenza da essere peggio di qualunque arrivo immaginabile.
Il suo orologio faceva quasi le sei. Tornò a casa per la stessa strada dell’andata, allungando il passo di isolato in isolato. Prima di raggiungere la sua via, aveva incominciato a correre. È il due di giugno, disse fra sé. Cerca di ricordarlo. Questa è New York, e domani sarà il tre di giugno. Se tutto va bene, l’indomani sarà il quattro giugno. Ma niente è sicuro

Paul Auster, Città di vetro, 1985, tr. it. M. Bocchiola, Trilogia di New York, Einaudi, 1996, p. 109

La vicenda di Daniel Quinn, scrittore di romanzi gialli che firma con lo pseudonimo di William  Wilson (nome tratto da un racconto di Edgar Allan Poe), è iniziata nel mese di maggio. In una telefonata notturna, Quinn è stato interpellato col nome di Paul Auster e incaricato- come fosse un detective – di una strana inchiesta. Deve proteggere un uomo, Peter Stillman, dal padre – omonimo – che lo ha tenuto segregato per anni per fare degli esperimenti sul linguaggio. Pedinamenti, ricerche, dialoghi fra persone e personaggi, nomi e pseudonimi, hanno luogo nella città di New York all’insegna del doppio e del dubbio, mentre maggio diventa giugno e offre, con la sequenza dei giorni, un appiglio, forse. 

Dicono del libro
“In una città stravolta e allucinata, in cui ogni cosa si confonde e chiunque è sostituibile, i protagonisti di queste storie conducono ciascuno un’inchiesta misteriosa e dall’esito imprevedibile. Tutto può cominciare con una telefonata nel cuore della notte, come nel caso di Daniel Quinn (Città di vetro), autore di romanzi polizieschi che accetta la sfida che gli si presenta e si cala nei panni di un detective sconosciuto.”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Partii per il Villaggio di N il 2 giugno. Ormai all’arsenale lo stato di cose era diventato una tale baraonda, che il minimo pretesto era sufficiente per ottenere una licenza…”
Yukio Mishima, Confessioni di una maschera

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“… Quando ci sono le elezioni? Il 2 giugno – rispose il padre – Vinceremo di sicuro…”
Carlo Cassola, La ragazza di Bube

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“… Erano anni che non tornava a Marsiglia. Ora non aveva più scelta. Era il 2 giugno, pioveva…”
Jean-Claude Izzo, Casino totale

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“… Francis e io ci siamo sposati il 2 giugno, a Puerto Plata…”
Aldo Nove, Puerto Plata Market

I Giugno

1 giugno 2014

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Il primo di giugno dell’anno scorso Fontamara rimase per la prima volta senza illuminazione elettrica. Il due di giugno, il tre di giugno, il quattro di giugno, Fontamara continuò a rimanere senza illuminazione elettrica. Così nei giorni seguenti e nei mesi seguenti, finché Fontamara si riabituò al regime del chiaro di luna. Per arrivare dal chiaro di luna alla luce elettrica, Fontamara aveva messo un centinaio di anni, attraverso l’olio di oliva e il petrolio. Per tornare dalla luce elettrica al chiaro di luna bastò una sera

Ignazio Silone, Fontamara, 1933-34 (1953), Mondadori 1988, p. 15

Nel piccolo paese della Marsica a cui lo scrittore Ignazio Silone dà il nome di Fontamara, il tempo è scandito dai lavori dei campi e della pastorizia, e da poche feste religiose. L’avvento del Fascismo – che sostituisce il vecchio sindaco col podestà – peggiora il gramo bilancio delle vite degli abitanti del paese, esasperando i soprusi dei proprietari nei confronti dei cafoni al punto da instillare – da ultimo – un seme di rivolta. La vicenda, narrata da più voci che si danno il cambio nei diversi capitoli, ha inizio il primo di giugno, quando la corrente elettrica, la cui bolletta nessuno poteva più pagare, viene staccata. Altre brutte sorprese – fra cui la deviazione del ruscello per irrigare i campi – attendono i fontamaresi, in quel mese di giugno già arido e polveroso. 

Dicono del libro
“La vicenda si inquadra nei primi anni della dittatura fascista a Fontamara, ‘un antico e oscuro luogo di contadini poveri situato nella Marsica, a settentrione del prosciugato lago Fucino’. La scala sociale del paese conosce solo due condizioni: quella dei ‘cafoni’ – i ‘braccianti, i manovali, gli artigiani poveri’ – e quella dei piccoli proprietari, ma sono solo i primi a subire i soprusi e le ingiustizie, divenuti per loro così antichi da sembrare naturali come la neve e il vento. Fontamara registra la scintilla della ribellione, personificata da Berardo Viola, che assurge a emblema di un nuovo, seppure ancora impreciso e velleitario, livello di dignità.”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“…Era il primo di giugno; tuttavia il mattino era nuvoloso e freddo; la pioggia batteva con violenza contro i vetri…”
Charlotte Brontë, Jane Eyre

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“… Quel venerdì sera, primo giugno 1961, avevo deciso di festeggiare da solo la fine dello Spring Term…”
Mario Soldati, La sposa americana

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“… La somma era di 87.472.033.61 dollari al I giugno 1964, tanto per dire un giorno…”
Kurt Vonnegut, Perle ai porci

31 Maggio

31 maggio 2014

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Non posso rispondere a una lettera di un 31 maggio, il numero 31 non si deve assolutamente usare né profanare. Cosa crede questo signore di Monaco? Come può richiamare la mia attenzione sul 31 maggio! che gli importa del mio 31 maggio! Esco svelta dalla stanza, la signorina Jellinek non deve accorgersi che comincio a piangere, deve catalogare e ordinare, non deve dare proprio nessuna risposta a questo signore. Per tutte le risposte c’è tempo, c’è tempo fin dopo l’estate, in bagno mi viene in mente un’altra volta, io, con una tremenda angoscia, con una fretta pazzesca, scriverò oggi un’altra lettera decisiva, implorante, ma da sola. La signorina Jellinek deve fare il conto delle ore, non ho tempo adesso, ci auguriamo una buona estate. Suona il telefono, ma la signorina Jellinek deve andare. Di nuovo, buona estate! Buone vacanze! Molti saluti al dott. Krawanja, anche se non lo conosco personalmente. Il telefono squilla

Ingeborg Bachmann, Malina, 1971, tr. it. M. G. Manucci, Adelphi 1973 (ed. cons.1987), p.132

Dopo aver presentato i personaggi della storia: Ivan, i due bambini, Malina e sé stessa, la narratrice presenta il luogo: Vienna, e il tempo: Oggi. “Solo sulla data ho dovuto riflettere a lungo, perché è quasi impossibile per me dire ‘oggi’, sebbene ogni giorno si dica, anzi si debba dire ‘oggi’”. L’impossibilità di concepire e nominare quest’unità di tempo è un tema importante della narrazione, fatta di pensieri, memorie, sogni, trascrizioni di telefonate, dialoghi e lettere, lettere ricevute e inviate, come questa arrivata il 31 maggio, data che scatena di nuovo l’angoscia del tempo e una catena di riflessioni su oggi, ieri, domani. “Ma non è ancora domani. Prima che emergano ieri e domani debbo farli tacere in me. È oggi. Sono qui e oggi.”

Dicono del libro
Malina si presenta come la storia di un abnorme triangolo amoroso e di un abnorme assassinio. Due vertici del triangolo sono qui, di fatto, la stessa persona: ciascuna è il Doppio dell’altra; quanto all’assassinio, non lascia nessuna traccia e avviene in circostanze che nessun romanzo poliziesco ammetterà mai. La scena è Vienna, oggi: rapide deviazioni nel tempo e nello spazio ci mostrano le ultime reliquie della squisita Austria aristocratica o i foschi sfondi della Vienna del dopoguerra, dedita a un mercato nero generalizzato, alla pratica della ‘prostituzione universale’. Della narratrice si sa, indirettamente, che scrive; l’uomo che è il suo Doppio, Malina, e che vive silenziosamente con lei, è anch’egli scrittore, ma ‘per potersi mimetizzare’, lavora al Museo dell’Esercito, il luogo che condensa la passata gloria dell’Impero”
(dal risvolto di copertina dell’ed. Adelphi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Gitanillo de Triana, l’ho visto uccidere da un toro a Madrid la domenica pomeriggio del 31 maggio 1931…”
Ernest Hemingway, Morte nel pomeriggio (segnalato da Sandra Muzzolini)

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“… Van le rispose che sarebbe partito il giorno dopo per l’Inghilterra, e che il 3 giugno (quel giorno era il 31 maggio) avrebbe preso l’Admiral Tobakoff …”
Vladimir Nabokov, Ada

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“…La partenza di Neville e Nodier, che doveva avvenire subito dopo le nozze, fissate per il 31 maggio, fu anticipata…”
Anna Maria Ortese, Il cardillo addolorato

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“… May 31st when it comin’ it hurts Remember the dead and it makes me curse”
Public enemy, Hitler day (segnalazione di Michele Brescia)

30 Maggio

30 maggio 2014

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Oggi è il 30 maggio, stasera alla televisione c’è la partita Roma-Liverpool. Peccato che dovrò guardarla in francese, se mettessi sul canale italiano gli altri sarebbero furiosi. Il cielo è pieno di nuvole bianche, la finestra è aperta e guardo la gru immobile. Tutto quello che ho davanti sta per scomparire. Ho buttato giù i foglietti del calendario da tavolo, e ho guardato i giorni svolazzare al rallentatore coi loro numerini rossi

  Beppe Sebaste, Café Suisse e altri luoghi di sosta, 1992, Feltrinelli 1992, p.133

Le giornate – in questa narrazione – non sono solo la cornice dove collocare le esperienze una dopo l’altra, ma hanno un loro preciso carattere e una loro evanescente consistenza. Lo scrittore le osserva e le attraversa al pari della città in cui si trova, dei locali, dei luoghi aperti e chiusi. “È buona l’aria” in questo 30 maggio che, finché non diventa un foglietto del calendario da staccare, riserva le grandi e piccole prodigiose sorprese di ogni giorno. 

Dicono di libro
“Il libro di Sebaste parla ininterrottamente del mondo che ci sta attorno, nei suoi aspetti più sensibili, meno astratti, attraverso l’ascolto e la visione. Sono tanti numerini d’un composito cabaret, che valgono come luoghi di sosta effettivi, cioè luoghi dove fermarsi sospesi nell’abbandono del momento. L’esigenza del libro di Sebaste è questa, che sia possibile trovare lo stato sospeso della visione nello scorrere della vita. In questo senso il suo tema di fondo ci riguarda tutti da vicino. E’ la possibilità di abitare il mondo in cui viviamo senza sentirci in esilio, nel grande prodigio della sua (del mondo) esistenza”

(G. Celati, dalla quarta di copertina dell’ed. Feltrinelli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Si trattava di un paio di fogli protocollo e di un vecchio cartello per le concessioni minerarie datato 30 maggio 1879, parte stampato e parte vergato a mano…”
Robert Louis Stevenson, Gli accampati di Silverado

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“… Nel New Hampshire il 30 maggio è per decreto Giorno di Digiuno, ma non nelle due Caroline…”
Vladimir Nabokov, Lolita (segnalazione di Sandra Muzzolini)

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“… 30 maggio. Non ho detto che me lo sentivo? Son morto da due giorni. Però niente  cambiato, aveva ragione lei…”
Tommaso Landolfi, Cancroregina

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“… E cosa era andato a fare, adesso, Paride, il 30 di maggio? Era andato a buttarsi giù dal settimo piano…”
Paolo Nori, La banda del formaggio (segnalazione di @Blogdispiccioli)

29 Maggio

29 maggio 2014

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Manca ancora un’epopea (no, non è vero, ne mancano ancora molte): quella delle lucciole. Per esempio ieri, nella notte tra il 29 e il 30 maggio 1988, tra Cormòns e il paese di Brazzano, in Friuli, “all’improvviso” ne comparvero varie su una strada che passa attraverso i campi. Non erano incandescenti, ma si limitavano a scintillare; restavano immobili lungo la strada, a illuminare e a rischiarare per terra con i loro addomi lucenti, per poi dirigersi come aeroplani anche nell’erba folta e là lampeggiare tra i fili. Una di esse si posò sul palmo della mano del passeggiatore notturno: gli illuminava le linee, gettando una luce intensa proprio accanto a quella della vita

Peter Handke, Epopea delle lucciole, 1990, tr. it. L. Salerno in Epopea del baleno,  Guanda, 1993, p. 27

L’epopea, tradizionalmente, è la narrazione di gesta eroiche e per estensione, secondo il vocabolario, la parola indica una serie di fatti degni, appunto, di essere immortalati in un poema. Il narratore di queste pagine registra con accuratezza diverse cose di cui è stato testimone: nevicate; bagliori nel cielo; incontri con piccoli animali. Per ognuna di queste personali epopee, concentrate sui dettagli della vita, segnala la data, perché il carattere della giornata in cui il fatto è accaduto non vada perso. Come l’incontro inaspettato con le lucciole (e con il ricordo di Pasolini) nella campagna friulana, alla fine di maggio. 

Dicono del libro
“Il volo di due farfalle una mattina di primavera; un balenio fantasmagorico nel cielo dell’isola iugoslava di Veglia; l’incontro di un viaggiatore  con un lustrascarpe sul lungomare di Spalato; una fitta nevicata sul paesaggio incantato del Giappone; un luminoso frullar di lucciole in una notte di maggio vicino a Cormòns, in Friuli: Peter Handke è tra gli scrittori di oggi, forse, quello che sa osservare con più chiarezza e precisione i fenomeni naturali e l’aspetto fisico degli eventi”
(dalla bandella dell’ed. Guanda, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il nostro sultano aveva deciso di assalire Costantinopoli in un giorno fissato. Il 29 maggio 1453 – disse la duchessa…”
Emilio Salgari, Capitan Tempesta

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“… È impossibile non riconoscere in lei la passante, in quel momento molto silenziosa, del 29 maggio 1934…”
André Breton, L’amour fou 

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“… Fu concepita nell’alba del 29 maggio 1934, una domenica, dopo una rappresentazione de Il grande dio Brown di Eugene O’Neill…”
Manuel Puig, Fattaccio a Buenos Aires

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“… Io mi chiamo Elvira, sono nata sulla costa, il 29 maggio, di domenica ma non so in che anno…”
Isabel Allende, Eva Luna

28 Maggio

28 maggio 2014

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“Lei conosce Cappellini Arturo detto Bube?”
“Sì.”
“Lo conosce bene?”
“Certo: è il mio fidanzato.”
“Quanto tempo è che lo conosce?”
“L’ho conosciuto l’anno scorso di questi tempi. No, un po’ dopo…”
“E in che modo vi siete conosciuti?”
“Lui era partigiano insieme a mio fratello Sante, che è stato ammazzato dai tedeschi; e così, dopo il passaggio della guerra, è venuto a conoscere la mia famiglia.” Era stato il padre a istruirla così: “Digli che sei sorella di un partigiano caduto; è sempre una cosa che gli fa impressione, a quei brutti musi.”
“Quando l’ha visto l’ultima volta?”
“Saranno … quindici giorni.”
“Mi dica il giorno preciso.”
“Era… di venerdì.”
“Venerdì 28 maggio?”
“Sì” rispose Mara.

Carlo Cassola, La ragazza di Bube, 1960, Mondadori, 1968, p. 135

Appena finita la seconda guerra mondiale, il giovane ex partigiano Bube, detto il Vendicatore, è rimasto coinvolto in una rissa con un maresciallo e ha ucciso il figlio di questi. Mentre la polizia lo cerca e i compagni del partito comunista coprono i suoi spostamenti, Bube incontra Mara Castellucci, sorella di un suo amico rimasto ucciso durante la lotta per la Liberazione. Mara ha sedici anni e non immagina che l’incontro segnerà la sua intera vita, mettendola di fronte a scelte coraggiose, che la porteranno nelle aule di giustizia e nei parlatori delle carceri. E anche nella Tenenza del paese di Colle, dove è interrogata lei stessa sulla giornata del 28 maggio, una giornata come tante della primavera toscana, che diventa una data trascritta in un verbale. 

Dicono del libro
“Nella Ragazza di Bube, sullo sfondo di una Toscana ancora sconvolta dalla guerra, si racconta la storia d’amore tra Mara, una contadina semplice e istintiva del volterrano, e Bube, un ex partigiano che nel clima arroventato di quegli anni si rende colpevole di un delitto ormai assurdo. Sebbene la guerra sia finita, egli si sente ancora un ‘vendicatore’ – così lo chiamavano da partigiano – e uccide, convinto di dover continuare a riparare individualmente a tutte le ingiustizie.”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 28 maggio. C’è una possibilità di fuga, o almeno di poter mandare notizie a casa…”
Bram Stoker, Dracula

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“… Le più grandi risate le abbiamo fatte la sera del 28 Maggio, pochi minuti prima che io fossi ferito…”
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo

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“… Mercoledì 28 maggio. Due mesi fa. Insieme cantavamo Julio Iglesias…”
Aldo Nove, Puerto Plata Market

 

27 Maggio

27 maggio 2014

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Rileggo le righe precedenti e non posso fare a meno di notarvi una certa inquietudine, una certa pesantezza di respiro fin troppo significativa di quello stato d’animo in cui oggi, il 27 maggio 1943, due anni dopo la morte di Leverkühn, vale a dire due anni dopo che da una notte già fonda egli è entrato nella profondissima, io, qui a Freising sull’Isar, nel mio vecchio studio, mi accingo a iniziare la biografia dell’infelice amico che – oh possa esser così – riposa in Dio…

  Thomas Mann, Doctor Faustus, 1947, tr. it. E. Pocar, Mondadori 1984, p.19

La vita del compositore tedesco Adrian Leverkühn narrata da un amico è il sottotitolo del Doctor Faustus, la storia di un musicista la cui esistenza attraversa e riverbera le vicende della Germania della prima metà del Novecento. Dopo studi di teologia, Adrian si è dedicato alla composizione musicale; ha contratto – quasi volontariamente – la sifilide da una prostituta e, durante un soggiorno a Palestrina, ha avuto un allucinatorio incontro col diavolo, con il quale ha stretto, come Faust, un patto sul tempo: ventiquattro anni di creatività straordinaria e poi la dannazione, che arriva già in vita come perdita di sé per i postumi della malattia. La vicenda – dopo la morte di Adrian – è raccontata dall’amico Serenus Zeitblom, che comincia il suo resoconto in data 27 maggio 1943. Un altro musicista legato al diavolo – Niccolò Paganini – era morto poco più di cento anni prima, nel 1840, il 27 maggio. 

Dicono del libro
“Opera tra le più significative di un grande scrittore, il Doctor Faustus è la tragica storia di Adrian Leverkühn, un musicista tedesco che come Faust ottiene dal demonio anni di meravigliosa attività intellettuale in cambio della dannazione eterna. Scritto alla fine dell’ultima guerra e nell’immediato dopoguerra, il libro non poteva esprimere meglio l’atmosfera disperata di quella che fu la catastrofe della Germania.”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Un sogno simile mi è capitato di farlo nella notte del 27 maggio…”
Yamamoto Tsunetomo, Hagakure

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“… Una volta, il 27 maggio, in fuga dinanzi a una fregata britannica, s’incaglio nei pressi di Aarhus…”
Karen Blixen, La cena a Elsinore (Sette storie gotiche)

26 Maggio

26 maggio 2014

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Giovedì 26 maggio, per un improvviso cedimento di cardini, la chiudenda del ponte dei Molini si sganciò pericolando sul lago. Il conte Tommaso alzò quegli occhi freddi e mi ingiunse di andare a chiamare maestro Bernardino. Venisse con i suoi strumenti d’ingegnere in cancelleria per disegnare i modi dei ripari e insegnarli agli artigiani. Non poteva esimersi, c’era bisogno di tutti. Con la sua solita maniera allusiva mio padre disse che il momento era venuto e si avviò, portando la sua cassetta di strumenti, verso il Palazzo. Io, sebbene affaticato, andai alla mia consueta ricognizione delle barche sotto Castello, al ponte San Giorgio. 
Mi ricordo bene quella mattina di sole che pareva stregato da nuvole basse strisciate di colori plumbei che promettevano tempesta

Maria Bellonci, Delitto di Stato, 1972, in Tu vipera gentile, Mondadori, 1977, p. 80

La vicenda si svolge a Mantova fra il 1627 e il 1637 ed è raccontata da due diverse voci. La prima è quella del conte Tommaso Striggi, consigliere del Duca, che affida alle carte il resoconto delle sue azioni a difesa del ducato, a partire dall’uccisione del nano Ferrandino, che ha portato con sé una catena di altri delitti e conseguenze nefaste. L’altra voce è di Paride Maffei, il suo giovane segretario, che presenta con sguardo diverso i fatti, le persone coinvolte – fra cui i suoi familiari e l’affascinante Flaminia, amante del Duca e poi sposa di Tommaso -, mentre la città di Mantova è alle soglie della decadenza, preda dei lanzichenecchi e della peste. Ricorrono nel racconto diversi giorni di maggio, profumati di gelsomini, volubili o – come questo 26  raccontato da Paride – illuminati da una luce stregata, foriera di colpi di scena. 

Dicono del libro
“Sotto il titolo Tu vipera gentile, primo verso di un’antica canzone viscontea, Maria Bellonci presenta tre grandi racconti. Delitto di Stato che ha per sfondo la sommossa e controriformistica Mantova del Seicento tra ombre e luci caravaggesche; Soccorso a Dorotea storia limpida e crudele di un’adolescenza travolta in un ferreo contrasto di ambizioni politiche e di inutili difese tra Sforza e Gonzaga; e Tu vipera gentile, racconto visconteo che si muove sullo sfondo di una Milano tra Medioevo e primo Rinascimento”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Ma siamo appena al 26 maggio, e fino alla fine di giugno…”
Jules Verne, Viaggio al centro della Terra

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“…Il 26 maggio si prolunga ed esce dalle regole. Il nostro rassicurante sistema si scombussola un po’…”
Jean Cocteau, Il giro del mondo in 80 giorni

25 Maggio

25 maggio 2014

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Questi documenti rivelavano tutto di me, eppure non rivelavano nulla. Rivelavano dov’ero nata. Rivelavano che ero nata il venticinque maggio 1949. Rivelavano quanto ero alta. Rivelavano che la mia pelle e i miei occhi avevano lo stesso colore, marrone, sebbene non chiarissero se avevano la stessa sfumatura. Tutti questi documenti dicevano che mi chiamavo Lucy – Lucy Josephine Potter. Io odiavo tutti e tre questi nomi

Jamaica Kincaid, Lucy, 1990, tr. it. A. Di Gregorio, Guanda, 1992, p. 134

Da una piccola isola dei Caraibi dove ha vissuto fino alla maggiore età, Lucy si è trasferita negli Stati Uniti, come governante di quattro bambine. È arrivata in quella parte della terra “in cui l’anno, con tutti i suoi trecentosessantacinque giorni, si divideva in quattro stagioni distinte”. E un anno ha trascorso in casa della famiglia americana. Quando riflette sulla sua data di nascita –  il 25 maggio, che è anche la data di nascita della scrittrice – ha appena cambiato casa e lavoro, cercando di depurare il presente  dai segnali  e dalle presenze del passato. 

Dicono del libro
“A diciannove anni, Lucy decide di lasciare la sua famiglia e l’isola dei Caraibi dove è nata, per andare a vivere – au pair in una quasi impeccabile famiglia della media borghesia East – negli Stati Uniti. Sembra l’avvio di una vicenda paradigmatica, di una storia con evidentissime corrispondenze anche mediterranee. E in certo senso lo è: Lucy incarna, sia pur con singolare grazia, l’aspirazione di ogni ventenne del terzo e quarto mondo ad approdare e a stabilirsi in una delle nazioni ricche dell’occidente”
(dal risvolto di copertina dell’ed. Guanda, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Dunque c’era un uomo, c’erano molti uomini che s’alzavano il 25 maggio come s’erano alzati il 24, identici, immutati, ricordando la prima scena di guerra…”
Giuseppe Antonio Borgese, Rubè

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“… Il venticinque di maggio 1980 (ricordo con precisione la data) ho ricevuto da Ayalah come dono d’addio il libro di Bruno Schulz Le botteghe color cannella…”
David Grossman, Vedi alla voce: amore

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“… Accadde il 25 maggio, in una bella sera al principio dell’estate. Ero stato assegnato a una squadra di paracadutisti…”
Yukio Mishima, Sole e acciaio

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“… Il banchetto ebbe luogo il 25 maggio 1883, e un gran mazzo di fiori di campo segnò il posto del poeta assente…”
Marguerite Yourcenar, Care memorie

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“… oggi è il 25 maggio del ’31…”
Le Orme, 25 maggio 1931 (segnalazione di Michele Brescia)

24 Maggio

24 maggio 2014

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Ci fu comunque un giorno in cui sospetto che non dovetti annoiarmi tanto e quel giorno poteva essere solo il 24 maggio, data in cui non scrissi nulla nel diario che interruppi per sempre.
Cosa poteva essere successo per farmelo interrompere così all’improvviso?
(…)
Ora che sapevo del Giudizio Universale che nel maggio del ’63, a un’età del tutto simile alla mia, Lancastre diceva di avere intravisto da adolescente, non fu strano che mi domandassi se non poteva essere esattamente il 24 maggio di quell’anno il giorno in cui lui pensò di aver assistito a quelle scene. E ciò mi fornì il pretesto per telefonare a Vilnius e domandargli se conosceva la data esatta del giorno in cui suo padre aveva avuto quelle strane visioni bibliche in calle Enrique Granados. Se mi avesse risposto che era il 24 maggio, non sarebbe stata una coincidenza da sottovalutare

Enrique Vila-Matas, Un’aria da Dylan, 2012, tr. it. E. Liverani, Einaudi 2012, pp. 269-70

L’idea che il Giudizio Universale sia già avvenuto e che tutti facciano finta di non saperlo è antica ed è richiamata dal narratore di questa intricata storia, dopo aver saputo che lo scrittore Juan Lancastre (di cui sta scrivendo una biografia), ha sostenuto di aver assistito ai preparativi per il Giudizio Universale. La scena si sarebbe svolta a Barcellona, nel maggio del 1963, quando Lancastre aveva quattordici anni. Colpito da questo racconto, il narratore ricorda di aver tenuto un diario, in quella stessa primavera, e di averlo interrotto alla data del 24 maggio, una data in cui può essere accaduto a Barcellona qualcosa di straordinario. Una rivelazione della natura del tempo, o dei tempi, che si infiltrano nella mente di chi inventa storie e le mescola con la realtà. La verifica dell’esattezza della data con il figlio di Lancastre non porta a nulla di sicuro, e il tempo si conferma coerente col nome della piccola orologeria Tempus Fugit, situata in calle Buenos Aires, all’angolo con Villaroel.
Il 24 maggio (del 1941) è la data di nascita di Bob Dylan, l’artista che risuona nel titolo e a cui il figlio di Lancastre somiglia sorprendentemente (v. commento).

Dicono del libro
“Vilnius Lancastre, novello Amleto a Barcellona, ha una spiccata somiglianza con Bob Dylan, l’ambizioso progetto di redigere un Archivio Generale del Fallimento, nonché quello di fondare una società di emuli di Oblomov che facciano dell’indolenza totale una forma d’arte che consenta loro di generare non più di una sola idea al giorno. Per contro, il narratore è un prolifico scrittore che, dopo essersi dedicato tutta la vita alla produttività letteraria, si pente e si prepara a tacere definitivamente, anche nella vita reale. Ma non può non cedere all’invito di Vilnius e della fidanzata Debora che gli affidano la stesura delle memorie apocrife del famoso scrittore Juan Lancastre, padre di Vilnius, morto in circostanze sospette.”
(dal risvolto di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 24 maggio 1863 (era una domenica), mio zio, il professor Lidenbrock, rientrò a precipizio in casa sua, una casetta sita al numero 19 della Königstrasse…”
Jules Verne, Viaggio al centro della Terra (segnalazione di G. S. Carpitano)

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“… Dunque c’era un uomo, c’erano molti uomini che s’alzavano il 25 maggio come s’erano alzati il 24, identici, immutati, ricordando la prima scena di guerra come si ricorda un acquazzone o un parapiglia?…”
Giuseppe Antonio Borgese, Rubè

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“…Il bombardamento aereo della notte del 24 maggio, non meno micidiale di quanto era stato quello del 9 marzo, mi spinse a prendere una decisione definitiva…”
Yukio Mishima, Confessioni di una maschera

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“… You planned to leave me cold But you’ll never get your wish On the 24th of May I’ll gather up your reins…”
Blue Öyster Cult, The Revenge of Vera Gemini  (segnalazione di Michele Brescia)

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“…Un sacco di sbacchettoni dicono che il 24 maggio, a mezzanotte, finisce il mondo…”
Wu Ming, 54 (segnalazione di Valeria Possi)

23 Maggio

23 maggio 2014

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  La donna cominciò a contare sulle dita. Continuò a contare per un poco.
– Cosa state contando? – egli domandò. Ma ella continuava a contare.
– Era il 23 maggio.
– State contando i giorni, vero? Non dimenticate che luglio e agosto sono due mesi lunghi uno dopo l’altro.
È il centonovantanovesimo giorno. Esattamente centonovantanove giorni.
– Come ricordavate che era il 23 maggio?
– Non ho che da guardare nel mio diario.
– Tenete un diario?
– È sempre divertente leggere un vecchio diario. Ma io non nascondo niente quando lo scrivo, e talvolta mi vergogno io stessa a rileggerlo

Yasunari Kawabata, Il paese delle nevi, 1934-1947, tr. it. L. Lamberti, Sawa Nakamura Deangelis, Einaudi, Torino, pp. 39-40

Dalla città di Tokyo, Shimamura è tornato in una località termale sui monti. Nell’albergo ritrova Komako, una geisha conosciuta in un suo precedente soggiorno alle terme, esattamente 199 giorni prima, il 23 di maggio. Tanto è importante la cognizione del tempo per la donna, che nei suoi diari annota a matita, su due colonne, tutto quello che le accade, dal mattino fino al momento in cui si addormenta. Anche l’uomo, complice l’atmosfera sospesa del viaggio e della montagna,  si trova a riflettere sul passato e si domanda se “il fuggevole paesaggio non si potesse intendere come un simbolo del trascorrere del tempo”.

Dicono del libro
“Scritto nel 1934, ma completato solo nel 1947, mostra al suo meglio l’arte sottile di Kawabata, poeta dei sentimenti che innesta sulla linea classica dei poemi seicenteschi del suo paese le suggestioni che gli vengono da una appassionata frequentazione della cultura occidentale. Il ‘paese delle nevi’ è il paradiso terrestre sulla costa occidentale della maggior isola del Giappone, dove la neve è alta quindici piedi, e sorgono terme squisite, e delicati luoghi di villeggiatura. In questa scena si dipana la storia di Shimamura, ricco e raffinato esteta, e di Komako, geisha delle terme.”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Oggi, giovedì 23 maggio, alle ore 12,30, sulla terrazza del Kursalon al Parco municipale, il signor Hubert Marischka del Theater an der Wien bacerà la signora che avrà fatto la maggior offerta per l’ottavo prestito di guerra…”
Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell’umanità

“… il 23 maggio, il giorno in cui l’Italia ci ha dichiarato guerra…”
J. Hašek, Le vicende del bravo soldato Švejk (segnalato da Scibbolet – Traduzione @Scibbolet)

 

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“…This is the 23rd of April, no May, 23rd of May…”
Johnny Cash, My wife June at the See of Galilee (segnalazione di Michele Brescia)

22 Maggio

22 maggio 2014

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Infine ritornarono Natale, Capodanno… la primavera, e il 22 maggio lasciai l’isola con il kayak carico di provviste; il mare appariva ormai piuttosto sgombro, e il ghiaccio era così levigato, che a un certo punto riuscii a farci scivolare sopra l’imbarcazione, spinto abbastanza velocemente dal vento

Matthew P. Shiel, La nube purpurea, 1901, tr. It. R. Wilcock, Adelphi, 1967, pp. 65-66

175 milioni di dollari sono il premio che verrà assegnato al primo uomo che raggiungerà il Polo Nord, i 90° gradi di latitudine. La solida nave Boreal si è messa in viaggio con diciassette uomini di equipaggio, fra cui il medico Adam Jeffson, esperto di botanica e meteorologia. La spedizione è in viaggio da più due anni e sono accaduti diversi fatti inquietanti, fra i quali è difficile distinguere quali siano allucinazioni: aurore boreali, presenze animali, colonne di ghiaccio intorno a cui pare di vedere una scritta in caratteri misteriosi e addirittura “una lunga data”. Ma il fenomeno più strano è un vapore purpureo profumato di peschi che accompagna l’esplorazione di Adam Jeffson, rimasto via via solo, in mezzo a distese di ghiaccio coperte di carcasse di animali. Il 22 maggio, piena primavera, si avventura col suo kayak sulla strada del ritorno, piena di sorprese apocalittiche.

Dicono del libro
“Pubblicata nel 1901, riscoperta una prima volta, in America, nel 1928 – quando si arrivò a pubblicare quattro romanzi di Shiel nello stesso giorno – e poi nel 1948, La nube purpurea è senza dubbio il capolavoro di M. P. Shiel, la cui opera è stata esaltata da scrittori quali Arnold Bennett, Hugh Walpole, H. G. Wells, Dashiel Hammett.”

Altre storie che accadono oggi

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“… 22 maggio 1937 Di sera le acque azzurre della laguna carpiscono il chiaro di luna…”
Lawrence Durrell, La grotta di Prospero

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“… 22 maggio. Ecco passati due mesi da quando ho cominciato le presenti note. Due mesi: un’eternità? Piuttosto un attimo….”
Tommaso Landolfi, Cancroregina