6 Agosto

6 agosto 2015

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6 agosto. Si ebbe quel giorno la benedizione di una pioggia fitta e continua che durò da mezzogiorno sin quasi all’imbrunire. Rimpiangemmo allora amaramente la perdita della nostra brocca e della nostra damigiana; dappoiché, nonostante i mezzi insufficienti di cui ci trovavamo a disporre per raccogliere l’acqua, avremmo certo potuto riempire l’una o l’altra, se non proprio tutte e due. Riuscimmo, in ogni modo, a calmare gli ardori della nostra sete lasciando che le camicie si impregnassero d’acqua per spremerci quindi in bocca, torcendole, il liquido benefico. Fu intenti a questo che trascorremmo la giornata

Edgar Allan Poe, Le avventure di Gordon Pym, 1838, tr. it. E. Vittorini, ed. cons. Mondadori, 1990, p. 132

Nell’inquietante viaggio del giovane Arthur Gordon Pym, imbarcatosi di nascosto sulla baleniera Grampus, le date fissano eventi come l’ammutinamento dei marinai, le tempeste, la discesa in terre enigmatiche e pericolose, la perdita delle provviste, con la conseguente ricerca disperata dell’acqua da bere. La pioggia del 6 agosto, in una zona a sud dell’equatore, è una benedizione, che prelude all’avvistamento – il giorno successivo – di una goletta. L’acqua raccolta ingegnosamente durante la pioggia australe diventa quasi un modo di tenere la scansione del tempo, nel lungo vagare del protagonista per mari e terre che ancora sfuggono alla misura.

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5 Agosto

5 agosto 2015

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E, a dir il vero, il sole, la solitudine, le notti passate sotto il roteare delle stelle, il silenzio, lo scarso nutrimento, lo studio di argomenti remoti, tessevano attorno a me come una incantazione che mi predisponeva al prodigio.
Questo avvenne la mattina del cinque Agosto, alle sei. Mi ero svegliato da poco ed ero subito salito in barca, pochi colpi di remo mi avevano allontanato dai ciottoli della spiaggia e mi ero fermato sotto un roccione la cui ombra mi avrebbe protetto dal sole che già saliva, gonfio di bella furia, e mutava in oro e azzurro il candore del mare aurorale. Declamavo, quando sentii un brusco abbassamento dell’orlo della barca, a destra, dietro di me, come se qualcheduno vi si fosse aggrappato per salire. Mi voltai e la vidi

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, La Sirena, 1956-57, in I racconti, ed. cons. Feltrinelli, 1993, pp. 117-118

A Torino, nel 1938, un giovane giornalista siciliano conosce il senatore catanese Rosario La Ciura, illustre studioso di greco, autore di scritti da cui trapela un senso “quasi carnale dell’antichità classica”. Nel corso di alcuni incontri, il giovane raccoglie le considerazioni dell’uomo, i suoi ricordi nitidissimi della Sicilia e infine il racconto di un evento prodigioso, che risale all’estate eccezionalmente calda del 1887. L’allora ventiquattrenne Rosario La Ciura, già laureato in lettere antiche, si prepara al concorso per una cattedra universitaria di letteratura greca. Studia come un pazzo, nutrendosi di olive nere e caffè, e per salvarsi dal caldo infernale, si trasferisce nella casa di un amico, ad Augusta, in un paesaggio dove i libri di greco sembrano mettere in comunicazione il presente con il mito. Ed è proprio nel mare di Augusta che il giovane studioso entra in contatto con la creatura che dà il titolo al racconto, la sirena Lighea, la mattina del 5 di agosto.

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4 Agosto

4 agosto 2015

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Senza dubbio, inoltre,  la coincidenza delle date era significativa per la sua mentalità superstiziosa. Era nata il 4 agosto; il 4 agosto aveva iniziato il giro del mondo; il 4 agosto era diventata l’amante di un individuo volgare. Nello stesso giorno mi aveva sposato; sempre il 4 aveva perduto l’amore di Edward, e Bagshawe era apparso come un sinistro presagio, un sogghigno nel volto del destino. Fu l’ultimo colpo. Corse di sopra, si sistemò decorativamente nel  suo letto, bevve la fialetta di acido prussico, e giacque morta.

Ford Madox Ford, Il buon soldato, 1915, tr. it. Guido Fink (Feltrinelli 1960), Garzanti, Milano 1975, p. 115

Chi scrive queste righe è Ford Madox Ford nel romanzo Il buon soldato, ma a narrarle non è lui bensì il signor Dowell. Chi ne è l’oggetto, invece, è sua moglie, Florence Dowell che vede nella numerologia simmetrica della data il volto – più terrifico della mano – del destino.  La vicenda sembra snodarsi linearmente, c’è il signor Dowell che ricorda e ricordando ritorna al suo matrimonio con Florence, alla loro fuga da un’America piena di merletti puritani verso il vecchio continente, allora molto più eccitante della terra delle opportunità.  Il motivo del viaggio è simile a quello della montagna incantata, anche se là dove erano i polmoni qui è un problema di cuore a fare da motore alla trama.  Anche gli sfondi narrativi sono gli stessi: ristoranti con polarizzate differenze di classe, luoghi di villeggiatura per l’alta borghesia che può finalmente permettersi la noia e, in ultimo, lunghi soggiorni termali. Ed è proprio durante uno di questi che la coppia dei Dowells conosce quella degli Ashburnhams, Edward e Leonora. Intorno a questi quattro personaggi si annodano i ricordi del narratore: Ashburnhan, il buon soldato, sta al centro, le due donne Leonora e Florence gli sono araldicamente accanto e Dowell, inetto ed incapace di imporsi, rimane invece in disparte, a quanto pare, solo per narrare la storia. Ma è appunto il modo in cui è narrata che colpisce: sembra lineare e lo è. Ma lo è solo a posteriori, solo dopo che il lettore ha sedimentato la trama, come dopo essersi ripassati un sogno, è pronto a raccontarla. Per farlo deve essere ordinata, e il bello è che quest’ordine non esiste nel libro, pieno invece di queste date che, come simboli o pietre miliari, sono capaci di atterrire, non meno del volto del destino.(Valentino Eletti)

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3 Agosto

3 agosto 2015

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“E poi lo ricordo bene (come se fosse oggi) il pomeriggio del tre agosto 1902… Una madre può parlare a cuore aperto con un figlio grande… Quanti anni hai adesso?”
“Quarantasette…”.
“Hai la tua età!… Il pomeriggio del tre agosto 1902, dopo che sì, insomma, saresti nato tu, io cantavo come un cardellino, e lui invece aveva la fronte diafana che gli si vedeva trasparire il mal di testa come un serpente attorcigliato al povero cervello..”

Vitaliano Brancati, Paolo il caldo, 1955 (postumo), ed. cons. Mondadori, 1976, p. 204

Paolo Castorini, discendente di una nobile famiglia catanese, è nato il 3 agosto del 1902, ed è segnato – nell’indole – da un’accesa sensualità, un fuoco che richiama il clima rovente del mese di agosto nella città ai piedi dell’Etna. Attratto dalle donne, sin da ragazzo intreccia un’avventura dopo l’altra, in questo dimostrandosi opposto al padre, uomo solitario e dedito agli studi, morto suicida. Anche a Roma, dove si trasferisce, Paolo il caldo è schiavo della sua ossessione sessuale. Quando torna a Catania, il giorno del suo quarantasettesimo compleanno, la madre rievoca la sua nascita, il 3 agosto, “un pomeriggio in cui il vento africano soffiava arroventato”.

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2 Agosto

2 agosto 2015

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È il 2 agosto 196… Eccomi da poche ore a New York, in questa città molto intima e geometrica, costruita in stile babilonese e abitata da americani. Ho appena lasciato a Roma il traffico dell’estate nelle vie verso il mare, le piccole auto con le barche di gomma sul tetto o carrozzine per bambini e altri fagotti coperti da veli che salutavano la mia partenza. E la luce sfocata dello scirocco che lega così bene con l’odore acre della nafta, nel piazzale dell’aeroporto, verso i lunghi itinerari. Ho trovato qui il caldo pieno del pomeriggio, ma un cielo terso e ampio; e il silenzio dell’ingresso a Manhattan, nelle vie quasi sgombre, tra i vecchi brown-stones con la scala a ponte levatoio, i recenti palazzoni, i vasti empori, i bar, i negozi in vacanza col cartello Closed nella vetrina spettrale

Ennio Flaiano, Melampus, 1970, Rizzoli 1988, p.19

È il pomeriggio di un 2 agosto – negli anni Sessanta – quando lo sceneggiatore Giorgio Fabro arriva a New York da Roma e inizia il suo diario di lavoro. Gli incontri con registi e scrittori, le feste, le visite ai musei, gli spunti per delle storie, le città e il paesaggio americani sono registrati mese dopo mese, e così anche la fine della sua relazione con Frances Baker, che lo lascia per sposarsi con un altro, e gli affida il suo cane Melampus. È per via del cane, che Fabro incontrerà Liza Baldwin, una ragazza molto più giovane di lui, con cui inizia una relazione via via più singolare, in cui la donna pare subire una metamorfosi canina. Ma al principio di agosto Giorgio Fabro è ancora ignaro di ciò, riflette sull’America, sulla noia e sulla condizione del viaggio che “è come tenere i rubinetti aperti e vedere il tempo che va via, sprecato, liquido, intrattenibile”.

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1 Agosto

1 agosto 2015

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Il primo agosto. Una sera, una notte e un giorno sono passati senza nulla di particolare. Ora è di nuovo sera, la sera della festa, e già si comincia ad accendere le candele. Alle orecchie delle persone raccolte intorno alla casa giungono da lontano i colpi sordi dei mortaretti. Tobler ha fatto venire alcune bottiglie di vino buono. Il meccanico che sta lavorando alla Cartuccera Automatica è venuto, dal villagio vicino, ai festeggiamenti della famiglia Tobler. Ci sono anche le due donne della falegnameria. Tutti sono venuti nella veranda e hanno incominciato ad assaggiare i vini. Tobler è raggiante per la gioia della notte festiva, già ora, e quanto più il cielo e la terra si oscurano, tanto più luminoso appare quello strano splendore sul suo viso arrossato. Giuseppe accende candele e lampadine, deve accucciarsi sotto a ogni cespuglio in cerca degli attacchi. Dal villaggio giunge un mormorio di canti e parole come se là, alla distanza di uno scarso chilometro, regnasse una gioia rumorosa. Altri spari! Questa volta tuonano dalla sponda opposta del lago

Robert Walser, L’assistente, 1908, tr.it. E. Pocar, Einaudi 1978, pp.58-59

Giuseppe (Joseph) Marti, un giovane di pochi mezzi, ha preso servizio in primavera presso la casa dell’ingegner Tobler, in una località sul lago di Zurigo. Si tratterrà per un anno, seguendo gli insuccessi imprenditoriali dell’ingegnere e la lenta decadenza della famiglia, che non impediscono però di godere di alcuni piaceri della vita quotidiana, del paesaggio, della convivialità. Il primo di agosto si celebra la festa nazionale, ai cui preparativi l’assistente contribuisce, aiutando ad allestire le luminarie. La ricorrenza del primo di agosto è festeggiata animatamente con brindisi e fuochi d’artificio, la cui “pioggia di scintille” – come in una premonizione – ” crepita con molto fracasso ed effetto momentaneo, ma ricade subito nel nulla”.

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31 Luglio

31 luglio 2015

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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts
Preside: Albus Silente
(Ordine di Merlino, Prima Classe, Grande Mago, Stregone Capo, Supremo Pezzo Grosso, Confed. Internaz. dei Maghi)

Caro Signor Potter,
siamo lieti di informarLa che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà l’elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.
L’anno scolastico avrà inizio il 1° settembre. Restiamo in attesa del Suo gufo entro e non oltre il 31 luglio p. v.

Distinti saluti,
Minerva McGonagall
Vicepreside

Joanne K. Rowling, Harry Potter e la Pietra Filosofale, 1997, tr. it. M. Astrologo, ed. cons. a c. di s. Bartezzaghi, Salani, 2011, pp. 61-62

È allo scoccare del suo undicesimo compleanno, il 31 luglio, che Harry Potter – un orfano ospitato di malavoglia dalla zia materna Petunia e dal marito signor Dursley – viene a conoscenza della sua natura di mago, destinato ad avventure straordinarie, che lo porteranno lontano dal sottoscala di Privet Drive n. 4, dove ha vissuto fino a quel giorno. Il gigante Hagrid, custode della Scuola, lo mette al corrente delle sue doti e di quelle dei suoi genitori, morti in un duello con un mago malvagio, e gli consegna la lettera della Scuola, che gli zii gli avevano impedito di leggere in tutti i modi, giusto in tempo, nel giorno della scadenza: 31 luglio. Il 31 luglio è anche la data di nascita dell’autrice della saga di Harry Potter, la scrittrice britannica Joanne K. Rowling.

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30 Luglio

30 luglio 2015

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La ragazza scrive la cartolina. Sulla cartolina, dalla parte della corrispondenza ora c’è il nome della ragazza, la data, 30 luglio 1980 e la data e l’ora in cui lui dovrà tornare tra dieci anni, il 30 luglio 1990, a mezzanotte. Dalla parte dell’illustrazione c’è il punto della spiaggia del giorno prima, all’incrocio tra il sentiero per i campi da tennis, la passeggiata e la rue de Londres, così bella dice lei, la più bella di tutte, la sua preferita, bella come un tunnel di luce del sole davanti al mare

Marguerite Duras, Yann Andréa Steiner, 1992, tr. it. L. Prato Caruso, Feltrinelli 1993, p.75

Estate del 1980: la storia della convivenza della narratrice con un giovane, Yann, che potrebbe essere suo figlio, è intrecciata con altre storie, immaginate o intuite nella stessa estate nella località delle Roches Noires, nel nord della Francia. In una di queste storie, la giornata del 30 luglio, una giornata in cui il cielo sembra “di lacca azzurra”, è richiamata due volte: nel presente del racconto (il 1980) e nel futuro 1990, in uno strano appuntamento nel tempo fissato su una cartolina comprata nel bazar.

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29 Luglio

29 luglio 2015

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Il giorno 29 luglio dell’anno 2157 la temperatura esterna a Parigi era di meno undici gradi. Nevicava esattamente da un mese e sei giorni, e quasi tutti gli edifici della città vecchia erano sepolti. La vita proseguiva però regolarmente sottoterra nelle metropolitane, nelle vie-condotto, nei giardini botanici e nei forum a temperatura costante di otto gradi. Dall’ultimo piano dell’immensa piramide incastonata nel ghiaccio un uomo infreddolito guardava la distesa gelata e spoglia stendersi per chilometri e chilometri, interrotta solo dalla luce di qualche slitta

Stefano Benni, Terra!, 1983, Feltrinelli 1983, p.14

Dopo una serie di guerre mondiali e una crisi energetica, la terra è immersa in una nuova glaciazione. La popolazione di uomini, robot, cyborg, vive in un inverno perenne, in città verticali e paesaggi simulati, mentre il potere è spartito fra grandi alleanze e una piccola federazione. Il 29 luglio del 2157 è la data, a Parigi, di una riunione segreta di questa federazione: si decide l’avvio di una missione verso un pianeta simile alla terra – Terra due – scoperto proprio all’inizio di quel mese. In una gelida giornata di fine luglio, inizia la ricerca, che dai confini dello spazio s’intreccia con i segreti degli Inca, passando per i nodi del tempo: “Una è la vita / dal futuro / torna il passato / dal passato / torna il futuro”.

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28 Luglio

28 luglio 2015

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Delle funeste conseguenze che può comportare il convincimento che il 28 luglio cada il 28 luglio.
Isaac aveva convinto suo fratello Julio che il 28 luglio doveva essere festeggiato il 28 luglio! Julio Carbajal esitava.
“Siamo nel dicembre 2192, Isaac. Huarautambo si prepara per il Natale. Lo stesso padre Chasán sta organizzando un presepio nella chiesa di Yanahuanca.”
Isaac consultò un calendario dell’antichità.
“Siamo nel luglio 1962. Fra quindici giorni si celebra l’indipendenza. Tu festeggia il 28 il 28!”

Manuel Scorza, Cantare di Agapito Robles, 1977, tr. it. A. Morino, ed. cons. Feltrinelli, 1983, p. 98

Durante la tirannia del giudice Montenegro, nella regione peruviana di Huanuco, anche il tempo è stato modificato. I mesi hanno durata variabile, i giorni vanno avanti e indietro secondo l’arbitrio del tiranno, per cui l’anno della vicenda, il 1962, è diventato il 2192. E il mese di luglio, nel quale ricorre l’indipendenza del Perù – 28 luglio 1821 – è diventato periodo natalizio. Mentre l’indio leggendario Agapito Robles prepara la rivolta, i due fratelli Carbajal – uno dei quali è maestro di scuola – consultano un calendario gregoriano, precedente quello imposto dalla dittatura, e con coraggio decidono di festeggiare l’anniversario dell’indipendenza nel giorno in cui cade, il 28 di luglio. Ci vorranno molte lotte per spodestare il tiranno Montenegro e riportare anche il tempo nei suoi binari, ridando a mesi e giorni i nomi consueti e alle date la loro storia.

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27 Luglio

27 luglio 2015

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“E mi fecero aspettare particolarmente a lungo quel giovedì, 27 luglio, aspettare in piedi nell’anticamera per due ore buone; mi ricordo con tanta esattezza anche di questa data per un particolare motivo, perché nell’anticamera dove io – senza potermi sedere, naturalmente – dovetti starmene impalato per due ore, era appeso un calendario, e non so descriverle con quanta avidità di cose stampate, di cose scritte continuai a fissare quella cifra, quella parola, ’27 luglio’ sulla parete; le divoravo quasi nel cervello”

Stefan Zweig, Novella degli scacchi, 1941, tr. it. S. Martini Vigezzi, Garzanti, 1991, p. 65

Su una grande nave passeggeri, il narratore – assistendo a una partita di scacchi giocata da un campione mondiale – incontra il signor B., nel cui passato gli scacchi hanno avuto un ruolo cruciale. Per quattro mesi, il signor B. ha vissuto segregato in una stanza d’albergo, “fuori del tempo, fuori del mondo”. Senza orologio, libri, giornali, matite, senza contatti né distrazioni: è una forma di tortura della Gestapo per indurlo a rivelare delle informazioni. Lasciato nel nulla, in balia dei suoi pensieri, il signor B. trova una temporanea salvezza nell’incontro fortuito – prima di un interrogatorio – con un manuale di scacchi, su cui concentrerà, di lì in avanti, tutta la sua attenzione mentale. Anche il giorno in cui si è imbattuto nel manuale è rimasto impresso nella sua memoria, avendo guardato a lungo, in attesa della chiamata, il calendario con la scritta 27 luglio.

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26 Luglio

26 luglio 2015

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A interrompere la sua foga ballerina venne il segretario, il quale lesse delle carte come se si trattasse di un foglio di annunzi governativi: “Ventisei luglio. Nel podere di Cuma, che è di Trimalcione, sono nati trenta bambini e quaranta bambine. Sono stati trasferiti dall’aia al granaio cinquecentomila moggi di frumento. Sono stati sottomessi al giogo cinquecento buoi. Lo stesso giorno è stato crocefisso lo schiavo Mitridate colpevole di aver parlato male del nostro Gaio. Lo stesso giorno sono stati messi in cassaforte dieci milioni di sesterzi per i quali non era stato trovato un investimento. Lo stesso giorno negli Orti Pompeiani è scoppiato un incendio iniziatosi nella casa del fattore Nasta”. “Cosa?” disse Trimalcione. “Quand’è che mi sono stati comperati i giardini di Pompeo?”

Petronio, Satiricon, tr. it. P. Chiara, Mondadori 1988, p.133

Il giovane Encolpio, in giro per il meridione d’Italia vivendo alla giornata, è arrivato – dopo diverse avventure – a casa di Trimalcione. Ricchissimo commerciante e proprietario di terre sterminate, Trimalcione possiede una schiera di servitori che tratta capricciosamente e vive con la moglie Fortunata in una dimora di gran lusso, dove è solito offrire banchetti sontuosi, che durano giorno e notte. Avvicinandosi al triclinio, Encolpio ha avuto modo di ammirare gli oggetti preziosi, le pitture e anche un calendario con i giorni favorevoli e quelli contrari, i pianeti e gli impegni del padrone. Durante il banchetto, fra danze, bevute di vino Falerno, giochi e indovinelli, un amministratore legge una relazione su quel che è successo nelle proprietà di Trimalcione il giorno settimo prima delle calende di agosto, cioè il 26 di luglio di un’estate antica.

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25 Luglio

25 luglio 2015

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Sostiene Pereira di averlo conosciuto in un giorno d’estate. Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava. Pare che Pereira stesse in redazione, non sapeva che fare, il direttore era in ferie, lui si trovava nell’imbarazzo di mettere su la pagina culturale, perché il “Lisboa” aveva ormai una pagina culturale, e l’avevano affidata a lui. E lui, Pereira, rifletteva sulla morte. Quel bel giorno d’estate, con la brezza atlantica che accarezzava le cime degli alberi e il sole che splendeva, e con una città che scintillava, letteralmente scintillava sotto la sua finestra, e un azzurro, un azzurro mai visto, sostiene Pereira, di un nitore che quasi feriva gli occhi, lui si mise a pensare alla morte. Perché? (…)
Era il venticinque di luglio del millenovecentotrentotto, e Lisbona scintillava nell’azzurro di una brezza atlantica, sostiene Pereira

Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira, 1994, Feltrinelli, p.10

Lisbona: la data del 25 luglio del 1938 segna l’inizio della storia narrata nel romanzo Sostiene Pereira. È in quel giorno, infatti, che Pereira, anziano responsabile delle pagine culturali di un giornale del pomeriggio, il “Lisboa”, fa la conoscenza del giovane Francesco Monteiro Rossi. Si sono sentiti al telefono: Pereira ha proposto al giovane di tenere una rubrica sul giornale e si incontreranno la sera stessa, a una festa in Praça da Alegria, dove Pereira conoscerà anche l’amica di Monteiro, Marta, entrando in contatto con le loro idee libertarie, antagoniste al regime di Salazar. Mentre nel pomeriggio dall’oceano arriva la nebbia e Lisbona “si trova avvolta in un sudario di calura”, la vita di Pereira comincia a cambiare, quel 25 luglio, 1938, trentotto gradi.

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24 Luglio

24 luglio 2015

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Per il miei cinquant’anni, François organizzò una festicciola sublime da Armelle. C’erano gli amici di sempre e quelli recenti. Certe persone si rivedevano dopo lustri. Anche la meteorologia pensò di unirsi alla brigata: in quel memorabile 24 luglio ci beccammo un tornado seguito da una tempesta di grandine. In tre minuti, gli invitati erano fradici. Più tardi, dopo che ebbi spento le candeline, tutti anche i giovani Benjamin e Sarah, mi consegnarono una cassetta dove avevano registrato un brano del Viaggio. Era un’idea geniale

Annie François, La lettrice, 2000, tr. it. F. Bruno, Guanda 2000, p. 161

Ogni libro incontrato dalla narratrice durante la sua vita ha una storia, avvincente come un romanzo. Non solo per quello che il libro racconta, ma per il ruolo che ha nella stessa vita di chi lo legge. Che sia stato prestato o impacchettato per un trasloco, trovato su una bancarella, letto durante una malattia, è un testimone dell’esistenza a cui si è intrecciato. Al giorno del compleanno della narratrice, il 24 luglio, si collega per esempio la storia del romanzo dello scrittore francese Céline, Viaggio al termine della notte. Per tanti motivi, che risalgono alla sua adolescenza, la narratrice non è mai riuscita a leggerlo. E i suoi amici più cari decidono di registrarne la lettura, in tante cassette, come regalo per “quel memorabile 24 luglio”.

 

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23 Luglio

23 luglio 2015

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La mattina del 23 luglio 1989, una domenica, mi trovavo all’Hotel Terminus di Lione nei pressi della stazione ferroviaria Perrache, in una camera che si affacciava direttamente sui binari. Oltre la ferrovia, in una breccia tra i fili dei treni e i caseggiati, il verde degli alberi, limpidissimo, lasciava intuire che non molto lontano scorreva un fiume, la Saona, poco prima della sua confluenza nel Rodano; sopra le rotaie le rondini volavano davanti alla luna calante, bianca, che sembrava perforata dal blu del cielo e che pian piano andava ritirandosi, sforacchiata come una nuvola

Peter Handke, Epopea del baleno, 1990, tr. it. L. Salerno, Guanda, 1993, p. 41

Come un medium che ha la capacità di mettere in contatto il passato con il presente, il narratore registra un’impressione avuta durante un soggiorno all’Hotel Terminus, nella città di Lione, la mattina del 23 luglio 1989. In stazione passano dei ferrovieri, arriva un treno merci; in cielo volano rondini; è una mattina calma e luminosa di piena estate. Eppure qualcosa lo inquieta, come se da quel luogo arrivasse un segnale. In un istante in cui la scena sembra ferma, si rende conto che l’albergo dove si trova è stato la sede del comando nazista durante la guerra. C’è stato un altro giorno come quello odierno – pensa l’osservatore del 23 luglio – in cui però la stazione, il cielo, le rondini sono state la scena di una tragedia, che si riesce ancora a captare attraverso gli strati del tempo.

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22 Luglio

22 luglio 2015

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Scorsi la pergamena aperta. C’erano mille ghirigori e sotto un nome, Pacifico Stalio, quindi una data, 22 luglio 1768. Il resto, in tedesco, non lo capivo. Tornai alla data: era lo stesso giorno in cui l’ammiraglio Bougainville aveva disegnato con i suoi assistenti la cascata a Port Praslin, quella che sarebbe passata alla storia con il suo nome. Disegni d’acqua, lontani oceani d’acqua, avvenuti nello stesso giorno tra i milioni di giorni della storia terrestre che presto dimentica tutto, tranne qualche uomo e qualche data

Stanislao Nievo, Le isole del paradiso, 1987, Mondadori 1989, p. 282

Nel diario dell’esploratore Bougainville – alla data del 22 luglio 1768 – è annotata la presenza di acqua dolce nella baia di un’isola dei Mari del Sud, poco distante dalla Nuova Guinea. Un secolo dopo, quell’isola sarà la mèta di un progetto avventuroso, ideato dall’affarista e visionario francese Charles de Rays : il tentativo di renderla abitabile e coltivabile, con il sogno di fondare una nazione nuova, possibilmente ricca e prospera. Seguendo quest’ideale, numerosi coloni – fra i quali molti contadini veneti – s’imbarcano nell’impresa, che si rivelerà durissima e frustrante, per via della natura equatoriale, dove tempo ed energia sono diversi. Sulle tracce di alcuni dei protagonisti di quell’episodio: Angelo e Lucia, la regina melanesiana Emma, il capitano Stalio, il narratore si imbatte in sorprese e coincidenze, come – in questo brano – la data del 22 luglio 1768 (lo stesso giorno registrato nel diario dell’esploratore francese) segnata in un documento che riguarda un altro Stalio, in un altro punto della terra.

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21 Luglio

21 luglio 2015

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L’anno 356, nella notte del 21 luglio, la luna non era ancora sorta nel cielo, e il desiderio di Erostrato avendo raggiunto una forza inusitata, egli si decise a violare la camera segreta di Artemide. Scivolò giù per i tornanti della montagna sino alla riva del Caistro e salì i gradini del tempio. Le guardie dei sacerdoti dormivano vicino alle sante lampade. Erostrato ne afferrò una e penetrò nel naos. Un forte odore di olio di nardo si spandeva nell’aria. Le travi nere del soffitto d’ebano erano splendenti. L’ovale della stanza era diviso dalla tenda tessuta di filo d’oro e di porpora che nascondeva la dea. Erostrato, ansimando di voluttà, la strappò

Marcel Schwob, Vite immaginarie, 1896, tr. it. F. Jaeggy, Adelphi 1978, p.36

 

Lo scrittore Marcel Schwob racconta una data prodigiosa nella storia – e nella leggenda – del mondo antico. Il 21 luglio del 356 avanti Cristo andò distrutta una delle sette meraviglie del mondo, il ricchissimo tempio dedicato alla dea Artemide a Efeso, città dell’Asia minore, nell’attuale Turchia. Nel racconto, la causa della distruzione è l’incendio appiccato da un abitante di Efeso, di nome Erostrato, desideroso di avvicinarsi al tesoro e ai segreti del tempio. Catturato e imprigionato, continua a gridare il suo nome – che le autorità vorrebbero cancellare – “in mezzo alla notte”. Nella stessa notte, racconta lo scrittore, nasce Alessandro, re di Macedonia.

 

 

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20 Luglio

20 luglio 2015

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Il 20 luglio 1936, verso le tre del pomeriggio, l’autocarro ci aveva lasciati tutti e due in prossimità di una piccola spiaggia intorno a Lorient: il Fort-Bloqué. Non avevamo scelto di andare là piuttosto che altrove: avevamo preso la prima corsa. Il tempo era ‘minaccioso’, come sempre dal nostro arrivo in Bretagna, a parte i giorni di pioggia e di tempesta. Meno di una settimana prima ci eravamo già lasciati portare verso quel punto della costa dove pareva che, in tali condizioni, fossimo i soli a volerci avventurare (…)
Era dunque come se, il 20 luglio, quel muro si fosse mostrato, per me, trasparente. Il ruscello giallo era lo stesso. Una targhetta incisa si limitava a evocare l’attività del forte: ‘Forte del Loch 1746-1862’

André Breton, L’amour fou, 1937, tr. it. F. Albertazzi, Einaudi, 1974, p. 120-21, 133

Un pomeriggio estivo su una spiaggia bretone dove, guardando bene, si può trovare un osso di seppia, un legnetto colorato, una scatola di caramelle alla violetta, un piccolo scheletro di granchio, mentre il sole – che non si vede per via del maltempo – è nel segno del Cancro. Il 20 luglio del 1936, l’autore del libro percorre, insieme con una donna, quel tratto di costa; i due sono arrivati lì per caso e senza meta e quello che li attende – via via che si avvicinano a un fortino abbandonato – è una strana avventura, come se fossero attratti in una atmosfera misteriosa e perturbante che diminuisce quando si allontanano dall’edificio. Tornati a casa, vengono a sapere che il luogo è stato teatro – tempo prima – di un fatto di cronaca nera. Questa e altre circostanze si collegano fra loro – come i relitti sulla spiaggia – dando la loro impronta alla data del 20 luglio, una giornata trovata, nel tempo.

Dicono del libro

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19 Luglio

19 luglio 2015

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Poi, le quattro pareti attorno erano coperte di stampe anch’esse guerresche: la battaglia di Calatafimi, la spedizione di Sapri, San Fermo, Aspromonte, la partenza da Quarto, la morte d’Anita; e di ritratti: quello di Mazzini e di Garibaldi, non c’è bisogno di dirlo, di Nino Bixio e di Stefano Canzio e di Menotti, di Felice Orsini e di Guglielmo Oberdan. Per giunta, nella parete di fronte, a mo’ di panoplia o di trofeo, ricordo della campagna del Trentino, Marco Leccio aveva appeso il suo vecchio schioppettone d’ordinanza incrociato con lo sciabolone d’ufficiale di Defendente Leccio suo padre. Sopra il motto di Garibaldi in grosse lettere: Fate le aquile; in mezzo il suo berretto di garibaldino e una fascetta di velluto – rosso s’intende – ov’erano affisse le medaglie. Più sotto, in cornice, una lettera scritta da lui il 19 luglio 1866 dal forte d’Ampola a un amico di Roma, con un ritaglio della bandiera austriaca presa in quel forte

Luigi Pirandello, Frammento di cronaca di Marco Leccio e della sua guerra sulla carta nel tempo della grande guerra europea, 1919, Appendice a Novelle per un anno, Giunti, 1994, III, p. 2716

 

Marco Leccio è un ex garibaldino che ha combattuto nella battaglia di Bezzecca e ha dato ai suoi figli i nomi di Giuseppe, Anita, Nino, Canzio, in onore degli eroi del Risorgimento. La seconda figlia l’ha chiamata proprio Bezzecca, in ricordo della battaglia, ma la sorte ha voluto che si sposasse con un orologiaio svizzero, dal cognome tedesco. Avvenimento tanto più sgradevole ora che – nel momento della narrazione – sta cominciando la prima guerra mondiale e Marco Leccio, all’età di 67 anni, vorrebbe arruolarsi volontario, insieme a figli e nipoti. Non verrà preso e seguirà le vicende belliche – come dice il lungo titolo del racconto – su delle carte geografiche e su “una plastica in rilievo di cartapesta colorata”, nel suo studio, piccolo santuario di ricordi della battaglia combattuta il 21 luglio del 1866 e di cui fanno parte la bandiera e la lettera del 19 luglio.

 

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18 Luglio

18 luglio 2015

 

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Un giorno, il 18 luglio 1936, un uomo dalla barba rossa, con cappello e bastone, passava su un asino bianco per le vie di Guernica. Era mezzogiorno e, barcollando dal caldo, l’uomo si fermò in piazza proprio davanti alla nostra casa, superbo su quell’asino come un imperatore e, come fanno i bovari in montagna, emise un lungo grido: “Eloheee!”. Noi bambini accorremmo dal giardino e giù dalle scale e attraverso l’atrio dal magico tetto di vetro azzurro dove i quattro più piccoli giocavano al Paradiso terrestre (…) Tutto il periodo agitato dal 18 luglio al 26 aprile mi risuona nella memoria col continuo riso squillante dello zio Pablo”

Hermann Kesten, I ragazzi di Guernica, 1939, tr. it. E. Pocar, Giunti 1983, p. 20

Carlos Espinosa, uno dei sette figli del farmacista della città di Guernica, racconta la storia della sua famiglia, segnata dall’intreccio dei destini del padre, rimasto nella città basca, e dell’avventuroso zio Pablo che, dopo anni di viaggi, torna a Guernica nell’estate 1936. Il 18 luglio lo zio fa la sua comparsa, in mezzo ai giochi dei ragazzi, mentre intorno comincia quella che sarà la guerra civile spagnola. Le vicende domestiche e familiari precipitano nel disordine, nell’inquietudine e infine nella tragedia del 26 aprile del 1937, quando l’aviazione tedesca bombarderà la città, decimando anche la famiglia Espinosa. Carlos sarà uno dei pochi sopravvissuti, destinato a raccontare, mantenendo la memoria delle date di quella guerra, perché “il tempo è troppo grande. Non ha tempo per noi”.

Dicono del libro
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