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Quando ebbe richiuso la porta della stanza dietro di sé, si rese conto che lì non c’era altri che lui. Cercò di distruggere la sua solitudine mettendo in ordine gli oggetti da toeletta, i vestiti, i libri. Tentò di entusiasmarsi pensando che abitava in Rue de Caboul e che questa città è la capitale dell’Afghanistan, ma senza riuscirvi. Sentiva lo sciacquone scaricare di continuo. Collocò un tavolino sotto la lampada, prese un quaderno nuovo di zecca e si sedette di fronte alla pagina bianca che graffiò con la sua scrittura. Vincent Tuquedenne sapeva che quel giorno era un gran giorno e che inaugurava una nuova fase della sua vita. Perciò gli serviva per il suo diario un quaderno nuovo. Sul primo foglio annotò, molto semplicemente, Diario del 12 novembre 1920
Raymond Queneau, Gli ultimi giorni, 1936, tr. it. F. Bergamasco, ed. cons. Newton Compton, 2012, p. 42
A partire da ottobre, un ottobre del 1920 che, per colpa della prima guerra mondiale, non è più come prima (“le granate hanno mandato le stagioni a gambe all’aria”) compaiono via via i protagonisti del romanzo Gli ultimi giorni. Prima il signor Brabbant, poi il vecchio professore di storia Tolut, che ritroviamo nel salotto di casa Brennuire qualche giorno dopo, l’undici di novembre (“due anni e due giorni dopo che Guillaume Apollinaire è morto”), insieme al giovane studente Rohel. Il giorno successivo, il dodici novembre, arriva a Parigi da Le Havre un altro studente, Vincent Tuquedenne, per iscriversi al primo anno del corso di Lettere alla Sorbona. Dopo aver trascorso la giornata camminando, torna nella modesta stanza dell’albergo vicino alla stazione Saint-Lazare e si accinge a raccontare quella prima giornata. Una poesia Novembre 1920 e un tentativo di Diario del 12 novembre 1920 sono il risultato del suo primo impatto con Parigi, dove si muovono, insieme a lui e alle stagioni che ciclicamente ritornano, diversi destini.
La citazione letta da Stefano Bollani (Dimmi Quando, DeeJay TV, 12.11.2014)
Dicono del libro
Dicono del libro
“Nella Parigi del quartiere latino, della Sorbona e dei piccoli caffè, giovani e vechi ingannano il tempo tra conversazioni di filosofia e letteratura. E il tempo è il vero protagonista di questo gustoso romanzo, inteso ciclicamente come ritorno e alternanza ma anche come unica e ineludibile direzione che consegna l’uomo alla vecchiaia e alla morte. Ciascuno ha la propria idea e la propria prospettiva: gli studentelli carichi di speranza, gli anziani frequentatori del café Soufflet, il barista astrologo perso nei suoi calcoli sulla fine imminente dell’universo, il malinconico poeta Tuquedenne. Gli ultimi giorni è un capolavoro di costruzione a incastro, in cui si intrecciano le storie, i racconti e le opinioni, narrati con stile sempre accorto e misurato, per restituire al lettore il senso multiforme, ora gioioso ora tragico, dello scorrere del tempo”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Newton Compton, op. cit.)
Altre storie che accadono oggi
“… Il giovedì dodici novembre, il commendatore Visanio e la signora Trigliona celebrarono in gran pompa il battesimo del piccolo Nivasio…”
Alberto Savinio, Infanzia di Nivasio Dolcemare
“… Quando Fernand de Beaumont si suicidò, il dodici novembre del 1935, Bartlebooth era nel Mediterraneo…”
Georges Perec, La vita istruzioni per l’uso