27 marzo 1970
Durante una performance di cui resta una foto di Paolo Mussat Sartor, l’artista Alighiero Boetti scrive simultaneamente con entrambe le mani una frase che risulta alla fine raddoppiata in modo speculare, dal centro verso destra e verso sinistra.
La frase indica la data per esteso, con i numeri scritti in lettere: Oggi è venerdì ventisette marzo millenovecentosettanta. Il tema del tempo si coniuga in quest’opera con il tema del raddoppio; dello specchio; della polarità destra-sinistra / scrivere-disegnare; dello scambio fra lettere e cifre.
Dalla foto sembra che la scritta potrebbe continuare con l’indicazione dell’ora, ma le braccia hanno raggiunto il limite della loro estensione. Come fa notare Claudio Zambianchi, in questa azione c’è anche l’eco di un pensiero di Willem de Kooning “If I stretch my arms and wonder where my fingers are – that is all the space I need as a painter”.
Boetti ha trattato le date come protagoniste in tante opere, e in una intervista con Mirella Bandini ha espresso il suo pensiero sulla loro bellezza, visibile solo a lunga distanza: “Le date? Sai perché sono molto importanti? Perché se tu scrivi ad esempio su un muro ‘1970’ sembra niente, ma tra trenta anni… Ogni giorno che passa questa data diventa più bella, è il tempo che lavora. Le date hanno proprio questa bellezza, più passa il tempo e più divengono belle” (intervista con M. Bandini, 1972, in catalogo Boetti 1965-1994, Mazzotta 1996, p. 200).
La scrittura simultanea di Oggi è venerdì ventisette marzo millenovecentosettanta costringe Boetti ad allargare le braccia, in una figura che fa pensare all’uomo vitruviano e al crocifisso, alla misura dello spazio e al sacrificio. Il 27 marzo del 1970 era il Venerdì Santo.
Antonella Sbrilli (@asbrilli)