13 Novembre | trece de Noviembre
13 novembre 2024 |
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En Buenos Aires el Zahir es una moneda común de veinte centavos; marcas de navaja o de cortaplumas rayan las letras N T y el número dos; 1929 es la fecha grabada en el anverso. (En Guzerat, a fines del siglo XVIII, un tigre fue Zahir; en Java, un ciego de la mezquita de Surakarta, a quien lapidaron los fieles; en Persia, un astrolabio que Nadir Shah hizo arrojar al fondo del mar; en las prisiones de Mahdí, hacia 1892, una pequeña brújula que Rudolf Carl von Slatin tocó, envuelta en un jirón de turbante; en la aljama de Córdoba, según Zotenberg, una veta en el mármol de uno de los mil doscientos pilares; en la judería de Tetuán, el fondo de un pozo). Hoy es el trece de noviembre; el día siete de junio, a la madrugada, llegó a mis manos el Zahir; no soy el que era entonces pero aún me es dado recordar, y acaso referir, lo ocurrido. Aún, siquiera parcialmente, soy Borges.
Jorge Luis Borges, El Zahir, 1947
A Buenos Aires lo Zahir è una moneta comune, da venti centesimi; graffi di coltello o di temperino tagliano le lettere NT e il numero due; 1929 è la data incisa sul rovescio. (A Guzerat, alla fine del secolo XVIII, fu Zahir una tigre; in Giava, un cieco della moschea di Surakarta, che fu lapidato dai fedeli; in Persia, un astrolabio che Nadir Shah fece gettare in mare; nelle prigioni del Mahdi, intorno al 1892, una piccola bussola avvolta in un brandello di turbante, che Rudolf Cari von Slatin toccò; nella moschea di Cordova, secondo Zotenberg, una vena nel marmo di uno dei milleduecento pilastri; nel ghetto di Tetuàn, il fondo di un pozzo).
Oggi è il tredici di novembre; il giorno sette di giugno, all’alba, lo Zahir giunse alle mie mani; non sono più quello che ero allora, ma ancora mi è dato ricordare, e forse narrare, l’accaduto. Ancora, seppure parzialmente, sono Borges
Jorge Luis Borges, Lo Zahir (1947) in L’Aleph, 1949, tr. it. F. Tentori Montalto, in Tutte le opere, I Meridiani Mondadori, 1985, I, p. 847
Dopo aver passato la notte vegliando l’amica Teodelina Villar, in un giorno di giugno, come resto di un’aranciata ordinata in una mescita di Buenos Aires, il narratore di questa storia – che si chiama Borges come l’autore- riceve una moneta da 20 centesimi. Da quel momento, il piccolo oggetto diventa un’ossessione, un pensiero a cui non si riesce a sfuggire, un’immagine forte come un incantesimo, a cui gli Arabi danno il nome di Zahir. Chi incontra lo Zahir – sotto qualunque forma – non può pensare ad altro, fino a dimenticare il mondo reale, guadagnando, però, forse, la visione di tutti i “futuri possibili”. L’oggi in cui il narratore scrive è – come oggi – un 13 di novembre.
Dicono del libro
“i racconti di questo libro appartengono al genere fantastico”.
(Dal’Epilogo di Borges nell’ed. Mondadori, op. cit.)