1 Giugno
1 giugno 2013 |
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Il primo di giugno dell’anno scorso Fontamara rimase per la prima volta senza illuminazione elettrica. Il due di giugno, il tre di giugno, il quattro di giugno, Fontamara continuò a rimanere senza illuminazione elettrica. Così nei giorni seguenti e nei mesi seguenti, finché Fontamara si riabituò al regime del chiaro di luna. Per arrivare dal chiaro di luna alla luce elettrica, Fontamara aveva messo un centinaio di anni, attraverso l’olio di oliva e il petrolio. Per tornare dalla luce elettrica al chiaro di luna bastò una sera
Ignazio Silone, Fontamara, 1933-34 (1953), Mondadori 1988, p. 15
Nel piccolo paese della Marsica a cui lo scrittore Ignazio Silone dà il nome di Fontamara, il tempo è scandito dai lavori dei campi e della pastorizia, e da poche feste religiose. L’avvento del Fascismo – che sostituisce il vecchio sindaco col podestà – peggiora il gramo bilancio delle vite degli abitanti del paese, esasperando i soprusi dei proprietari nei confronti dei cafoni al punto da instillare – da ultimo – un seme di rivolta. La vicenda, narrata da più voci che si danno il cambio nei diversi capitoli, ha inizio il primo di giugno, quando la corrente elettrica, la cui bolletta nessuno poteva più pagare, viene staccata. Altre brutte sorprese – fra cui la deviazione del ruscello per irrigare i campi – attendono i fontamaresi, in quel mese di giugno già arido e polveroso.
Dicono del libro
“La vicenda si inquadra nei primi anni della dittatura fascista a Fontamara, ‘un antico e oscuro luogo di contadini poveri situato nella Marsica, a settentrione del prosciugato lago Fucino’. La scala sociale del paese conosce solo due condizioni: quella dei ‘cafoni’ – i ‘braccianti, i manovali, gli artigiani poveri’ – e quella dei piccoli proprietari, ma sono solo i primi a subire i soprusi e le ingiustizie, divenuti per loro così antichi da sembrare naturali come la neve e il vento. Fontamara registra la scintilla della ribellione, personificata da Berardo Viola, che assurge a emblema di un nuovo, seppure ancora impreciso e velleitario, livello di dignità.”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)